Acquaviva delle Fonti, è un comune italiano di 20 047 abitanti della Città metropolitana di Bari in Puglia.
La cittadina è celebre perché sede di uno dei più importanti nosocomi dell'Italia meridionale, l'ospedale Miulli, e per la sua caratteristica cipolla rossa insignita del marchio "Prodotti di Qualità" Puglia, Presidio Slow Food e della De.C.O. (Denominazione Comunale di Origine). Sorge sull'altopiano delle Murge, intorno ai 300 metri sul livello del mare.
Le sue origini non sono certe. Alcuni studiosi ritengono che sia sorta intorno al IV-V secolo a.C. nella zona di Salentino (collina situata a pochi chilometri dall'abitato e dominante una grande zona pianeggiante e molto fertile); altri sostengono che i primi insediamenti acquavivesi si potrebbero far risalire al periodo che intercorre fra il VI e VIII secolo d.C. È cosa certa, che a Salentino vi fu un insediamento antico perché gli scavi effettuati nel 1976 ne diedero conferma. Infatti furono portati alla luce diverse abitazioni complete di focolari ed a fianco ad esse furono ritrovate le sepolture con scheletri umani.
La fertilità delle terre a valle, la ricchezza delle acque sorgive o qualche devastazione furono le cause che spinsero gli abitanti a spostarsi verso l'attuale centro urbano. Il toponimo in epoca latina era Aquaviva. L'attuale Acquaviva, infatti, venne abitata dagli emigrati degli antichi villaggi di Malano, Ventauro, San Pietro, San Marco, Sant'Angelo e Salentino. Acquaviva fin dall'età più remota crebbe rapidamente, rispetto agli altri villaggi, grazie al suo clima e alla presenza delle falde acquifere ed è grazie a quest'ultima ricchezza che, dopo molti secoli, al nome Acquaviva è stato aggiunto "delle Fonti".
L'acqua sotterranea, raccolta nelle falde, era sfruttata per scopi agricoli e tirata su dalla noria, secondo il linguaggio locale la 'ngegne, che era una macchina attivata da un asino o da un mulo che girava in circolo all'infinito (tutt'oggi questo oggetto è visibile in piazza Vittorio Emanuele II).
Il suo nome comunque risulta tra le sedi episcopali dei primi tempi della Chiesa. Appartenuta successivamente ai Normanni, che edificarono il Castello, passò agli Svevi che modificarono il castello con elementi tipici del periodo federiciano, agli Angioini e agli Aragonesi. Passato al principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, il feudo di Acquaviva fu assegnato in dote nel 1456 alla di lui figlia Caterina sposa del duca d'Atri Giulio Antonio Acquaviva, assieme ai feudi di Noci, Turi, Conversano Castellana, Bitonto, Bitetto e Gioia del Colle. Nel 1499 il feudo di Acquaviva apparteneva alla contea di Conversano.
Il marchesato di Acquaviva, assieme alla contea di Gioia passato nel 1597 a Giosia e a suo figlio Alberto Acquaviva d'Aragona, fu messo in vendita nel 1614 da quest'ultimo per dissesti finanziari. In tale data in Napoli, presso la Regia Camera della Sommaria era affisso il bando d'asta con l'apprezzo stimato dai Regi Tavolari e Acquaviva era così descritta: «Acquaviva è una terra ricca e populata, 1700 fuochi [8.500 abitanti] di sito bellissimo, presenta comodità di negoziare ogli [oli] stando nel cuore della provincia ricchissima di tale frutto. La vicinanza al mare offre la possibilità di smaltirlo, per Venetia, Ferrara et per altri infiniti luoghi».
La vendita di Acquaviva, assieme a Gioia del Colle, avvenne il 4 marzo 1614 per acquisto da parte di uomo d'affari genovese marchese Paride Pinelli. Nel 1623, alla morte di quest'ultimo, il feudo di Acquaviva e Gioia fu tenuto in fitto per 35 anni (1629-1664) da Giangirolamo Acquaviva d'Aragona, dal genovese Antoniotto Spinola, dal marchese Caracciolo di Santeramo e poi dal principe di Cassano, Gaspare Ayerbo. Nel 1663 Giovanni Girolamo Molignani, sulle ceneri di una precedente accademia poetico-letteraria, fonda l'Accademia dei Ravvivati. Il feudo fu comprato finalmente nel 1665 per 216.000 ducati dal marchese genovese di Assigliano Carlo I de Mari. Il nuovo feudatario, con il quale iniziò il dominio della famiglia de Mari, protrattosi per oltre un secolo e mezzo, fissò la sua dimora nel vecchio castello di Acquaviva delle Fonti, trasformandolo in uno splendido palazzo baronale.
L'opera di trasformazione sul castello, da parte di Carlo de Mari e dei suoi successori, fu radicale: essi lo trasfigurarono completamente, portandolo a un assetto molto prossimo a quello attuale, avente lo status di palazzo nobiliare. La dinastia de Mari fu caratterizzata e costellata da dispotismo, usurpazioni e sfruttamento sul popolo di Acquaviva, Gioia e Castellaneta, sino all'abolizione della feudalità del 1806.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Acquaviva_delle_Fonti