Anche se ritrovamenti verificatisi nel territorio circostante (Ponzone, Sassello) risalgono al Paleolitico, le prime testimonianze finora individuate della presenza umana ad Acqui risalgono al Neolitico (5500-3500 a.C.): un insediamento si trovava vicino al fiume Bormida in regione Fontanelle. Già nell'età del bronzo fu abitata da popolazioni Liguri, in particolare dalla tribù degli Statielli il cui centro principale, Carystum, si trovava probabilmente nel luogo in pace con Roma. Infatti dopo essere stati attaccati e sconfitti a tradimento, il senato si pronunciò per la prima volta a favore di una popolazione "barbara" e decretò la liberazione ed il risarcimento degli sconfitti. Tra il II ed il I secolo a.C. si formò il centro urbano denominato Aquae Statiellae o Aquae Statiellensium, ad indicare che l'antico popolo, ormai romanizzato, non venne disperso.
L'importanza della città crebbe con la costruzione nel 109 a.C. della via Aemilia Scauri, che univa Dertona a Vada Sabatia (le odierne Tortona e Vado Ligure), passando per Acqui e per il Passo di Cadibona. In età imperiale questa via fu ridenominata via Julia Augusta: essa era tra i maggiori collegamenti terrestri e congiungeva la Pianura Padana, attraverso la Riviera di Ponente, con la Gallia Narbonense e la Spagna.
Come altri centri della Gallia Cisalpina, ottenne lo ius Latii nell'89 a.C. e poi la piena cittadinanza in età cesariana, divenendo municipio assegnato alla tribù Tromentina, inserita nella Regione IX augustea. Essa governava un territorio (municipium) esteso tra la sponda sinistra del torrente Orba e il crinale appenninico e comprendente le medie e basse valli del torrente Belbo (fino a Cossano Belbo) e delle due Bormide (fino a Cortemilia e Dego), oggi amministrativamente diviso tra le provincie di Alessandria, Asti, Cuneo e l'entroterra delle provincie di Savona e Genova.
Le sorgenti termali di Acqui, inoltre, godettero certamente di notevole prestigio. Lo scrittore latino Gaio Plinio Secondo le ricorda tra le più importanti del mondo romano, insieme a quelle di Puteoli (Pozzuoli) e di Aquae Sextiae (Aix-en-Provence). La città romana era dotata infatti di almeno tre impianti termali, di cui sopravvivono oggi alcuni resti. Un monumentale acquedotto, inoltre, garantiva l'approvvigionamento di acqua comune sia per gli usi termali che per quelli domestici e produttivi.
Nel tardo impero, forse già nel IV secolo, ad Acqui si sviluppò una comunità cristiana e la città fu sede vescovile, e fu sede di un presidio di Sarmati.
San Maggiorino fu il primo vescovo della città, forse alla fine del IV secolo. La presenza delle terme (ancora in uso in età gota - come afferma Cassiodoro - e longobarda - secondo Paolo Diacono) e di una cattedra episcopale garantirono la sopravvivenza della città anche durante il difficile periodo altomedievale, a differenza di numerosi altri centri del Piemonte meridionale che vennero abbandonati proprio in questo periodo (Libarna, Pollentia, Augusta Bagiennorum, Vardacate, Industria, Forum Fulvii etc.).
La conquista longobarda, probabilmente, si verificò entro gli ultimi decenni del VI secolo: nei pressi della città in località Bossallesio, è stata rinvenuta una piccola necropoli longobarda risalente forse alle prime fasi dell'occupazione. Acqui, inclusa forse nel Ducato di Asti, era un territorio di confine dal momento che la Liguria costiera era in mani bizantine. Sotto i Franchi fu sede di comitato nell'ambito della marca aleramica.
Fin dall'epoca longobarda vi operavano i monaci colombaniani della potente abbazia di San Colombano di Bobbio, attivissimo centro di evangelizzazione e di rinascita agricola sotto la protezione del Papa. Essi a partire dal vasto feudo reale ed imperiale monastico, diedero impulso all'agricoltura con il recupero di aree incolte o abbandonate, le bonifiche e le migliorie agronomiche con il recupero e la diffusione di vigneti, castagneti, mulini, ecc. I monaci diedero, inoltre, un notevole apporto alimentare grazie agli allevamenti ed alla conservazione degli alimenti, proteine e grassi, come olio, burro, formaggi, salumi, grazie a sale e spezie; inoltre si adoperarono per la riapertura delle vie commerciali e delle vie del sale ed il commercio lungo la pianura e verso la marittima ligure con conscambi di merci varie come olio, sale, spezie, legname, carne, ecc. Grazie a loro si ebbe nuovamente l'utilizzo delle fonti termali a scopo curativo-terapeutico.
Come in molte città dell'Italia settentrionale, in età ottoniana il potere pubblico è esercitato dal Vescovo, che nel 978 riceve un diploma imperiale da Ottone II. A quell'epoca si avviarono i lavori di costruzione dell'ampia cattedrale, dedicata all'Assunta, per iniziativa del vescovo Primo, e forse la costruzione della prima cinta muraria.
Nel secolo seguente Vescovo san Guido (patrono della città e della diocesi) ultima i lavori di costruzione della cattedrale, che consacra nel 1067, e fonda in città due monasteri uno femminile (Santa Maria de Campis) e uno maschile presso l'antica chiesa di origine paleocristiana di San Pietro. Già nei primi decenni del XII secolo si sviluppa il Comune (la prima attestazione è del 1135), che cercò di affermare la propria autonomia nei confronti del Vescovo e su un contado di modesta estensione.
Lo sviluppo di Acqui subì un arresto con la fondazione nel 1168 della città nuova di Alessandria, promossa da Genova e dai Comuni della Lega Lombarda ostile all'imperatore Federico Barbarossa: la nuova città, infatti cercò di strappare la sede vescovile, con gravi conseguenze politico-economiche, ad Acqui, con l'appoggio del papa allora regnante Alessandro III (da cui Alessandria prendeva il nome).
Molte volte, gli Alessandrini si scontrarono con Acqui, volendo assumere il controllo del territorio attorno ad Acqui. Per questo Acqui non aderì alla Lega Lombarda ma fu quasi alleata alla parte imperiale (come rivela l'aquila nel suo stemma).
Una volta cessate queste guerre nel 1234 grazie a Federico II di Svevia, iniziarono le lotte intestine tra le famiglie dei Blesi e dei Bellingeri.
Nel 1278, non riuscendo più a sostenere le minacce di Alessandria e di altre potenze ostili, dilaniata dalle lotte interne, Acqui preferì consegnarsi al marchese Guglielmo VII del Monferrato.
Da allora, salvo brevi parentesi, come sotto Carlo I d'Angiò, Acqui rimase stabilmente parte del Monferrato anche quando, nel 1306, la dinastia aleramica si estinse e il marchesato passò a un ramo cadetto della famiglia imperiale bizantina, i Paleologi (eredi degli Aleramici in linea femminile). Tra il 1322 ed il 1345 Acqui venne occupata da Roberto d'Angiò, per ritornare successivamente ai marchesi del Monferrato.
Nel 1431, venne occupata, come altre parti del marchesato, dai Visconti di Milano, ma già nel 1436 torna ai Paleologi, che avevano richiesto l'aiuto di Amedeo VIII di Savoia. Nel 1533 anche la casa paleologa si estinse e tutto il Monferrato passò ai duchi di Mantova. Nel 1566 fu sede del senato locale e danneggiata dalle guerre tra spagnoli e francesi e dalla successiva peste del 1630. L'annessione del Monferrato (e di Acqui) al Piemonte sabaudo si verificò nel 1708.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Acqui_Terme