Il castello chiaramontano di Favara è un castello della seconda metà del Duecento costruito attorno al 1280 da Federico II della nobile famiglia dei Chiaramonte.
Costruito verso la fine del Duecento, forse su una costruzione incompiuta di origine sveva, le sue forme riprendono modelli federiciani.
Il palazzo venne abitato fino agli inizi del Seicento, mentre nel Settecento vennero adibite a carcere gli ambienti delle cucine ai lati del portale ogivale (nel corso dell'Ottocento quelli a sinistra erano utilizzati come carcere criminale e quelli di destra come carcere civile. I prigionieri hanno lasciato numerosi graffiti sulle pareti.
Una torre merlata che si trovava nell'angolo sud-ovest del recinto esterno, citata nel 1611, venne ristrutturata intorno al 1820 e fu abbattuta per l'edificazione del palazzo di Giuseppe Cafisi negli anni 1840, insieme ad un grande portale gotico ("portale maggiore"); contemporaneamente la grande cisterna al centro del recinto venne ricoperta dal selciato.
Negli anni sessanta del Novecento il recinto venne privato del tratto occidentale, dalla parete meridionale del castello al nuovo ufficio postale (1963).
Descrizione
Esterno
Nella parte sud l'edificio del castello è circondato da un recinto fortificato che risulta formato da un quadrilatero regolare contiguo, ma soltanto in parte alla parete sud dell'attuale palazzo, formando con quest'ultimo una figura irregolarmente ottagonale. Nella parete esterna del lato ovest del recinto, in prossimità dell'angolo sud-ovest, vi era una torre merlata che si affacciava sulla piazza antistante il castello. Dal recinto il "portale maggiore" gotico, anch'esso perduto, permetteva di accedere alla piazza.
Il recinto è rintracciabile sul lato ovest nel muro perimetrale est dell'attuale biblioteca del barone Antonio Mendola. La presenza di due porte nel recinto fortificato, suggerisce che il castello dovesse trovarsi a cavallo della cinta muraria cittadina.
Il nucleo centrale si presenta con caratteristiche residenziali più che militari, con pianta regolare quadrata.
Interno
Gli ambienti interni del complesso si articolano su due piani, quelli inferiori con volte a botte apparecchiate con conci e monofore a feritoia. Nel suo nucleo centrale, al contrario di quanto si possa pensare, esso si presenta come una grandiosa dimora con spiccate caratteristiche residenziali, anziché strategico - militari.
In alto a sinistra del portale d'ingresso, sul lato sud, sono presenti due stemmi, uno dei quali (uno scudo con tre losanghe nel capo) è riferibile alla famiglia spagnola dei Perapertusa.
Attraverso un portale ogivale, oggi occluso, si entrava nel castello, e precisamente in un androne ai lati del quale ci sono due stanze al piano terra. Quella di destra, nel Cinquecento, era detta coquina veteri ossia "cucina vecchia"; i muri conservano tracce nere di fumo sui muri, anche nell'androne. La cucina di sinistra era detta semplicemente coquina ossia cucina, intesa come nuova, alla quale venne aggiunta la cappa con canna fumaria.
Nell'androne sull'angolo nord-ovest, un monte a cinque punte ricorda i Chiaramonte. Alle pareti di questo grande ambiente si conservano tracce di pittura, di incerta origine, offuscate dal nero del fumo e la presenza, nella parete est, di due grandi croci inserite in due cerchi.
Sulla corte centrale quadrata si affacciano numerosi portali e finestre. A destra si conserva solo parzialmente uno stemma con la testa di un rapace con le ali e il corpo in gran parte rovinati, e con in basso e a sinistra, la testa di una lepre, tema araldico di Federico II, che non troviamo in nessuna famiglia siciliana del Medioevo. Nella parete destra della corte, si incontra un altro portale, eseguito nel 1872 su ordine dell'allora proprietario Giuseppe Cafisi, che immette in una scala coeva, che conduce a un ballatoio esterno nel lati est e nord, dove si apre uno spazio verde ancora oggi appartenente al castello. A sud di questo giardino si possono ammirare il recinto fortificato e sebbene ostruito il portale d'ingresso.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Favara