Il tempio della Concordia è un tempio greco dell'antica città di Akragas sito nella Valle dei Templi di Agrigento. Tuttora non si sa a chi fosse dedicato questo tempio, ma il nome di "Tempio della Concordia" è documentato da uno dei primi storici siciliani: Tommaso Fazello. Insieme al Partenone, è considerato il tempio dorico meglio conservato al mondo. Il 25 aprile 1787 Goethe visitando Agrigento si sofferma sulla Valle dei Templi dove spende grandi parole per il tempio della Concordia ma pone anche delle critiche alla scarsa qualità del restauro praticato sulla pietra: «Il tempio della Concordia ha resistito ai secoli; la sua linea snella lo approssima al nostro concetto del bello e del gradevole, e a paragone dei templi di Paestum lo si direbbe la figura d'un dio di fronte all'apparizione d'un gigante. Non è il caso di deplorare la mancanza di gusto con cui furono eseguiti i recenti, lodevoli tentativi intesi a conservare questi monumenti, colmando i guasti con un gesso di bianchezza abbagliante, tanto che il tempio ci si presenta, in notevole misura, come una rovina; eppure sarebbe stato così semplice dare al gesso il colore della pietra corrosa! Certo che a vedere come si sbriciola facilmente il tufo calcareo delle colonne e delle mura, c'è da meravigliarsi che abbia potuto resistere tanto a lungo. Ma appunto per questo gli architetti, sperando in continuatori altrettanto capaci, avevano preso certe precauzioni: sulle colonne si vedono ancor oggi i, resti d'un fine intonaco che doveva blandire l'occhio e insieme garantire la durata.» Innalzato intorno al 430 a.C. È un quadrilatero di 19,758 metri per 42,230, poco più di un doppio quadrato che occupa una superficie di m² 843,38 e sviluppa un'altezza di metri 13,481. Questo tempio, costruito su un massiccio basamento destinato a superare i dislivelli del terreno roccioso, per lo stato di conservazione è considerato uno degli edifici sacri d'epoca classica più notevoli del mondo greco (430 a.C.). Su un crepidoma di quattro gradini (m 39,44x16,91) si erge la conservatissima peristasi di 6x13 colonne (porticato che circonda il naos), alte m. 6,67 e caratterizzate da venti scanalature e armoniosa entasi verso i 2/3 (curvatura della sezione verticale), sormontata da epistilio, fregio di triglifi e metope e cornice a mutuli; conservati sono anche in maniera integrale i timpani. Alla cella, preceduta da pronao in antis (come l'opistodomo) si accede attraverso un gradino; ben conservati sono i piloni con le scale d'accesso al tetto e, sulla sommità delle pareti della cella e nei blocchi della trabeazione della peristasi, gli incassi per la travatura lignea di copertura. L'esterno e l'interno del tempio erano rivestiti di stucco con la necessaria policromia. La sima mostrava gronde con protomi leonine e la copertura prevedeva tegole marmoree. La sua struttura fu rafforzata per la trasformazione in chiesa cristiana (VI sec.) che comportò anzitutto un rovesciamento dell'orientamento antico, per cui si abbatté il muro di fondo della cella, si chiusero gli intercolunni e si praticarono dodici aperture arcuate nelle pareti della cella, così da costituire le tre navate canoniche, le due laterali nella peristasi e quella centrale coincidente con la cella. Distrutto poi l'altare d'epoca classica e sistemate negli angoli a est le sacrestie, l'edificio divenne organismo basilicale virtualmente perfetto. Le fosse scavate all'interno e all'esterno della chiesa si riferiscono a sepolture alto-medievali, secondo la consuetudine collocate in stretto rapporto con la basilica.