La Valle dei Templi è un'area archeologica della Sicilia caratterizzata dall'eccezionale stato di conservazione e da una serie di importanti templi dorici del periodo ellenico. Corrisponde all'antica Akragas, monumentale nucleo originario della città di Agrigento. Oggi è parco archeologico regionale.
Dal 1997 l'intera zona è stata inserita nella lista dei patrimoni dell'umanità redatta dall'UNESCO. È considerata un'ambita meta turistica, oltre ad essere il simbolo della città e uno dei principali di tutta l'isola. Il parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi, con i suoi 1300 ettari, è il sito archeologico piú grande d'Europa dopo Selinunte .
Nel 2011 è stata visitata da 583.465 persone.
La nascita della polis agrigentina è legata allo sviluppo della polis Gela: la città, infatti, fu fondata nel 581 a.C. da alcuni abitanti di Gela, originari delle isole di Rodi e di Creta, col nome di ?????a? (Akragas), dall'omonimo fiume che bagna il territorio. Fu una delle principali città del mondo antico, centro urbano importante sia economicamente che politicamente.
L'insediamento fu protetto nel VI secolo da un sistema difensivo, consistente in un circuito di mura che sfruttava le caratteristiche topografiche del luogo, costituito dal pianoro su fianco di colline che dominavano il litorale e di cui la "valle dei templi" occupava il margine sud e non costituiva l'acropoli, localizzata invece più a monte, in corrispondenza del nucleo medievale dell'attuale città.
L'espansionismo militare di Akragas ebbe particolare impulso al tempo del tiranno Terone (488-473 a.C.) e della vittoria sui Cartaginesi. Seguì un periodo di rivalità con Siracusa. I grandi templi, costruiti nel V secolo, testimoniano comunque la prosperità della città.
Dopo il saccheggio da parte dei Cartaginesi, nel 406 a.C., seguì un periodo di decadenza della città, che comunque fu ricostruita. Dal 262 a.C. Agrigento entrò nel dominio romano, restando tuttavia una città importante. A partire dal VII secolo la città si impoverì e si spopolò ed il centro urbano si ridusse alla sola collina dell'acropoli, venendo così abbandonate sia l'area urbana, che la zona dei templi.
Teatro greco
Il 10 ottobre 2016 parte una campagna di scavi sull'ipotesi del ritrovamento del teatro greco dell'antica Akragas. Il 4 novembre dello stesso anno arriva la conferma sul rinvenimento del teatro ellenistico posizionato poco a sud rispetto al quartiere romano e al Museo Archeologico.
La Valle dei Templi è caratterizzata dai resti di ben dodici templi in ordine dorico, tre santuari, una grande concentrazione di necropoli (Montelusa; Mosè; Pezzino; necropoli romana e tomba di Terone; paleocristiana; Acrosoli); opere idrauliche (giardino della Kolymbetra e gli Ipogei); fortificazioni; parte di un quartiere ellenistico romano costruito su pianta greca; due importanti luoghi di riunione: l'Agorà inferiore (non lontano dai resti del tempio di Zeus Olimpio) e l'Agorà superiore (che si trova all'interno del complesso museale); un Olympeion e un Bouleuterion (sala del consiglio) di epoca romana su pianta greca. Le denominazioni dei templi e le relative identificazioni, tranne quella dell'Olympeion, si presumono essere pure speculazioni umanistiche, che sono però rimaste nell'uso comune.
Tempio di Hera Lacinia, o tempio di Giunone, fu costruito nel V secolo a.C. e incendiato nel 406 dai Cartaginesi. Era il tempio in cui di solito si celebravano le nozze.
Tempio della Concordia, il cui nome deriva da un'iscrizione latina ritrovata nelle vicinanze dello stesso tempio, costruito anch'esso nel V secolo. Attualmente è con ogni probabilità quello meglio conservato, grazie anche alla circostanza che fu trasformato in tempio cristiano nel VI secolo d.C.
Tempio di Eracle, o tempio di Ercole, il cui culto era molto importante nell'antica Akragas. Si tratta di una delle costruzioni più antiche. Distrutto da un terremoto, oggi restano in piedi otto colonne.
Tempio di Zeus Olimpio, edificato dopo la vittoria di Himera sui Cartaginesi (480-479) per onorare Zeus. Era il tempio più grande di tutto l'occidente antico e unico nell'architettura del suo genere. Era caratterizzato dalla presenza dei telamoni, immense sculture alte sette metri e mezzo, raffigurazioni di Atlante che sorregge la volta celeste. Una di queste si trova ancora nel sito, mentre un altro Telamone dell'Olympeion si trova al museo archeologico di Agrigento.
Tempio dei Dioscuri o tempio di Castore e Polluce. In realtà il tempio sorge all'interno del santuario delle divinità ctonie ed è quindi probabile che sia stato edificato in onore delle divinità della terra (Demetra, Persefone, Dioniso) e non dei Dioscuri.
Tempio di Efesto o tempio di Vulcano.
Tempio di Atena. Costruito lontano dalla valle vera e propria. Si trova nel centro storico della città di Agrigento. Sulla base del tempio sorge oggi la chiesa medievale di Santa Maria dei Greci.
Tempio L, è stato scoperto da scavi recenti[il 23 marzo 2017] ed è una costruzione completamente distrutta già in epoca classica.
Tempio di Asclepio, o tempio di Esculapio, facente parte di un santuario extraurbano costruito lontano dalle mura delle città, luogo di pellegrinaggio dei malati in ricerca di guarigione.
Tempio di Demetra e santuario rupestre di Demetra. Il tempio sorge nella parte orientale della città, sul fianco del pendio con cui si conclude la Rupe Atenea nella valle del fiume Akragas. Dal terrazzo del tempio di Demetra, attraverso una scalinata incavata nella roccia, si giunge al sottostante santuario completamente scavato all'interno della collina.
Tempio di Iside. Si trova all'interno del complesso museale di San Nicola.
La valle dei Templi inoltre ospita la cosiddetta tomba di Terone, un monumento di tufo di notevoli dimensioni a forma di piramide, che si pensa eretto per ricordare i caduti della Seconda guerra punica.
Sull'altro lato della strada che imbocca la Porta Aurea si stende una vasta spianata, dominata dal grande campo dell'Olympeion. Da un punto di vista topografico generale, il complesso, in rovina, appare virtualmente racchiuso tra una grande platea a nord, da uno stenopòs ad est, e da due isolati con relativi stenopoi ad ovest, mentre a sud corre la linea delle mura. È invece poco chiara la situazione ad est, oltre il grande altare del tempio, dove viene comunemente indicata la “zona dell'agorà” e dove si colloca un vasto parcheggio moderno, così come non definite bene sono le pertinenze occidentali del santuario, tra gli isolati d'abitazione e il colossale tempio.
Ad ovest di questi isolati d'abitazione, racchiuso da una stoà a L, si trova un altro santuario, di cui restano un piazzale lastricato, una sacello di pianta complessa e una tholos. Questo santuario posa su di uno sprone, ad est di un'ulteriore porta urbica, la V, sul cui altro lato si collocano in successione, fino al limite sud-occidentale della Collina dei Templi, il santuario delle divinità ctonie scavato dal Marconi, il nuovo santuario arcaico esplorato dal Del Miro, la cosiddetta colimbetra (dove si deve collocare un'altra porta ancora sconosciuta), e la punta estrema col tempio di Vulcano. Demetra e Persefone, madre e figlia, protettrici della fecondità della natura e dell’uomo, erano chiamate dai Greci divinità ctonie, ovvero divinità della terra. Il loro culto era così diffuso in tutta la Sicilia che gli autori antichi definivano l’Isola “dono di nozze a Persefone da parte di Zeus” e la stessa Akragas era detta “la terra di Persefone”.
Sul lato occidentale della città si conservano i resti delle Porte VI e VII, la prima probabilmente con porta e controporta al centro di una valletta attraversata da una strada diretta forse ad Eraclea, la seconda guarnita da due torri e, a valle, da due poderosi baluardi esterni, il primo dei quali è spesso oltre quindici metri, un sistema di difesa avanzata noto anche altrove nel mondo greco, e in Sicilia a Camarina. Più a nord sono i resti delle Porte VIII e IX, travolti dall'incivile speculazione edilizia, iniziata già nel dopoguerra e proceduta sistematicamente sulla pendici della Rupe Atenea, malgrado il tragico crollo di pochi anni or sono, che sollevò le proteste dell'opinione pubblica nazionale ed internazionale.
Verso ovest sono i resti della Porta V, di tipo sceo, difesa da un torrione del IV secolo a.C. sul lato destro; il vano della porta e della controporta è occluso da blocchi di caduta, mentre oltre la porta sono in luce vasti tratti caduti della fortificazione, originariamente difesi da torri quadrate.
All'estremità ovest dell'area su cui sorge il Tempio della Concordia, nel giardino di Villa Aurea si trova una parte della necropoli tardo-antica ed alto-medievale, in parte ricavata in antiche cisterne, di cui sono ancora conservati numerosi altri esempi. Notevoli due ipogei, uno ad ovest dell'ingresso, con le pareti munite d'arcosoli e il pavimento di fosse sepolcrali, ed un altro presso l'angolo sud-est della casa del custode, con un ambiente illuminato da un pozzo di luce nel soffitto e due cripte sottostanti.
Grotte Fragapane
Altre tombe a fossa sono visibili sulla via dei Templi, con strada centrale che conduce alle cosiddette grotte Fragapane, uno dei più notevoli esempi catacombali della Sicilia, databili come impianto al IV secolo d.C. Un lungo braccio orientato perfettamente nord-sud collega la necropoli sub divo (all'aperto) all'ipogeo, con una successione di due rotonde con oculi nel soffitto. Sul corridoio e sulle rotonde si aprono loculi e cubicoli sepolcrali, mentre altri ambulacri conducono a settori laterali più o meno regolari, e ad altre due rotonde ad ovest, con sepolture in loculi, fosse, arcosoli e sarcofagi.
Queste necropoli tardo-antiche e bizantine sono la naturale estensione di una vastissima necropoli ellenistico-romana, detta Giambertoni, che svolge in questo caso extra muros, con sepolture modeste in fosse o in sarcofagi, ma anche con tombe monumentali.
Una di queste tombe monumentali, un heròon ellenistico prostilo tetrastilo su podio, è stato recentemente scavato, mentre il monumento più noto è la tomba di Terone. Si tratta di un sepolcro a naiskos (con probabile coronamento cuspidato) su alto podio a pianta quadrata, sormontato dal naiskos vero e proprio a parete piena e finte porte centrali, con colonne ioniche e trabeazione dorica, di un modello ben noto nell'Oriente ellenistico e poi diffuso attraverso la cultura ellenistica italica anche nelle province occidentali, tra tarda repubblica e primo impero.
Per visitare questo sepolcro da vicino, basta attraversare la Porta IV (detta Aurea) che, pur conservata solo nei tagli della roccia, doveva essere una delle più importanti della città, poiché la collegava col mare e con Emporion: perciò qui si collocano più fitti i sepolcri ellenistici e romani e, fra questi, anche gli esempi più monumentali.
Isolati d'abitazione e santuari
Subito ad ovest dell'Olympeion, lungo stenopoì nord-sud di 5 metri di larghezza, si trovano due isolati d'abitazione di 38 m di larghezza, delimitati a nord dalla grande plateia est-ovest, raccordata con un piazzale all'uscita della Porta V, e a sud-est dalla linea delle mura. Gli isolati, che mostrano cospicue tracce dell'originaria bipartizione nel senso della lunghezza, datano alla fine del VI-inizi del V secolo a.C., e si sono – sembra – in parte sovrapposti a spazi originariamente pertinenti all'area sacra dell'Olympeion ad est e nell'area sacra presso la Porta V ad ovest, come dimostrerebbero edifici sacri del VI secolo a.C.
Oltre questa coppia d'isolati si situa un santuario che domina l'accesso alla città dalla Porta V: un grande portico a L dell'iniziale V secolo a.C. ne delimita i lati nord ed est, mentre quelli sud e ovest sono racchiusi dalla rientranza delle mura conclusa dai battenti della Porta V. All'interno dell'area sono due templi arcaici affiancati (metà VI secolo a.C.), orientati nord-sud: il primo dei due templi è conservato solo nei tagli della roccia (22,50 × 10,30 m), il secondo è un piccolo sacello tripartito vissuto fino all'età timoleontea. Un altro edificio del V secolo s. C., identificato come lesche, si situa a nord del complesso, mentre una grande tholos del IV secolo a.C. ha infine tagliato il portico a L verso l'estremità meridionale.
Santuario delle divinità ctonie
Varcata la plateia al suo sbocco nella Porta V, sul lato nord si colloca un grande piazzale lastricato che dà accesso, verso ovest, al Santuario delle divinità ctonie. Purtroppo gli scavi di rapina, le fantasiose ricostruzioni ottocentesche e le radicali esplorazioni del Marconi ci fanno sfuggire un'occasione importante per comprendere il significato del complesso, che occupa nella storia dei culti agrigentini una posizione di straordinario rilievo.
Al centro della Valle dei Templi, nella zona ad ovest della chiesa di San Nicola (oggi Museo regionale), si ergono i resti dell'ekklesiastérion e del cosiddetto Oratorio di Falaride.
I lavori per la costruzione del museo hanno messo in luce un interessante complesso di carattere pubblico (Agorà superiore). Nella parte nord, non più visibile perché barbaramente sepolto dall'edificio del museo, era un santuario di Demetra e Kore del VI-V secolo a.C., da collegare con ogni probabilità, come presidio sacro, con le attività pubbliche svolte immediatamente in basso a sud: dal santuario provengono i consueti ex voto fittili e ceramici.
A sud si estendono, per un'area di tre quarti di cerchio, i resti dell'Ekklesiastérion, di una tipologia già nota in età arcaica (VI secolo a.C.) a Metaponto. Si tratta di una cavea circolare dal profilo dolcissimo in cui sono conservate o ricostruibili una ventina di file concentriche di sedili, al fondo della quale – a copertura di un éuripo (canaletta) per il drenaggio – un anello di conci delimita lo spazio centrale a forma d'orchestra, intagliato nella roccia e completato a sud con blocchi; tre cunette scavate nella roccia della cavea a nord, nord-est ed est incanalavano infine le acque piovane provenienti dalla zona di maggior pendenza. I cittadini assistevano ai dibattiti dell'assemblea dalla cavea, mentre l'orchestra era destinata agli oratori. La cronologia è incerta: si vuole che si tratti di un monumento dell'età di Finzia, della cui tirannide si conoscono i tratti demagogici, ma una data coincidente con la rifondazione timoleontea sembra più verosimile, anche se cronologie più alte – ora che sappiamo della datazione arcaica dell'ekklesiastérion di Metaponto – non sono impossibili.
In età romana (si ritiene comunemente nel I secolo a.C., ma la data del II secolo a.C. appare storicamente più coerente) la cavea venne riempita e fu costruito il cosiddetto Oratorio di Falaride, in realtà un tempietto di tipo romano su alto podio con altare sulla fronte orientale. Il tempietto sorge su un podio sagomato alto 1,57 m, lungo 12,40 m e largo 8,85 m: si trattava di un edificio ionico prostilo tetrastilo (10,90 × 7,40 m) con trabeazione dorica, interamente coperto di stucco dipinto, di cui restano cospicue tracce. In asse col tempio, ma significativamente anche sul diametro centrale del precedente ekklesiastérion e sull'asse della cunetta settentrionale di questo si colloca l'altare del sacello, pure rivestito di stucco dipinto, immediatamente a nord, a margine dell'antico edificio di riunione, e in asse con l'altare del sacello romano, sorge un'esedra semicircolare, con tutt'evidenza destinata ad ospitare una statua. L'ipotesi che spiega nella maniera più convincente questa radicale trasformazione consiste nell'interpretare il tempietto (destituita d'ogni fondamento è l'attribuzione ad esso di una lastra con iscrizione dedicatoria) come luogo di culto insediato da Romani all'indomani della deduzione di coloni da parte di Scipione nel 197 a.C. (deduzione accompagnata da cospicue donazioni, come l'Apollo di Mirone posto nell'Asklepieion, e ricordato sopra), evidente sostituzione dell'ekklesiastérion collegato al vecchio ordine costituzionale, e anch'esso munito della sua carica sacrale. Sarebbe seducente supporre che il tempietto fosse dedicato al nuovo ecista Scipione, eroizzato (come a Liternum), al quale era certamente dedicato almeno l'esedra semicircolare. In ogni caso il tempietto ha il sapore di un piaculum (atto espiatorio) per la soppressione di uno spazio pubblico (o sacro) più antico. Nella fase successiva, d'età imperiale, la zona, specialmente nella parte inferiore dell'antica orchestra (ma anche sulla sommità della cavea), venne occupata da abitazioni private, di cui sono visibili alcuni ambienti decorati con mosaici.
Immediatamente adiacenti a nord del tempio dei Dioscuri sono le fondazioni, fra loro intersecantisi, di due altri templi di misure quasi identiche, della metà del VI secolo a.C., del tipo a mégaron privo di peristasi: quello più meridionale (23,45 × 10,30 m), allineato al tempio dei Dioscuri , presenta lunghe ante, pronao e naòs; quello più settentrionale (22,90 × 8,05 m), con orientamento leggermente diverso, mostra anch'esso lunghe ante, pronao, naòs e àdyton. I due templi sono cronologicamente vicini tra loro e quello meridionale precede quello settentrionale, come mostra bene il taglio delle fondazioni dell'edificio meridionale da parte di quello settentrionale. La cronologia di Marconi, inversa, è visibilmente “ideologica” (e falsamente tipologica), basata com'è sul presupposto che l'edificio con àdyton deve precedere quello che ne è privo. Resta comunque il fatto che sulla fronte dei due templi insistono due altari attaccati l'uno all'altro, apparentemente in rapporto, come collocazione ed orientamento, con l'edificio meridionale. È pure di rilievo la constatazione che i due templi ricalcano, come misure, la cella del tempio adiacente dei Dioscuri (privo d'altare), e che quest'ultimo deve aver sostituito nel culto i due precedenti.
Tutto il settore nord-ovest dell'area sacra, dove sono in luce tratti del muro di témenos, è occupato da piccoli edifici sacri e da altari. Sovrapposta ai due templi menzionati da ultimi vi è una struttura a due ambienti affiancati, orientati nord-est/sud-ovest e, adiacente a questa verso nord-ovest, un piccolo edificio triparto nel senso della lunghezza, che sembra ripetere la tradizionale partizione del mégaron con pròdomos (a nord-est), naòs e àdyton; a questi due edifici non si riferisce apparentemente alcun altare.
Lungo il lato occidentale del témenos, da nord a sud, invece si trovano tre altri edifici e numerosi altari. All'estremità settentrionale è la struttura più complessa, costituita da un naiskos tripartito affiancato sui lati lunghi da due vani, contenenti quello orientale un piccolo altare quadrato, e quello occidentale un grande altare circolare con apertura centrale; presso l'angolo sud-est si colloca un altro altare quadrangolare, forse con gradino di pròthysis, e immediatamente a sud-ovest vi è un altro edificio tripartito (il vano ovest è solo in parte conservato). Sulla fronte orientale, immediatamente dinnanzi alla porta è un altare quadrato e, all'esterno della porzione centrale del lato sud, un pozzo anch'esso quadrato.
Seguono a sud-ovest due grandi altari, uno circolare con cavità centrale e, tangente a sud-ovest, uno quadrato, mentre a sud-est sono resti di un anello pertinente forse ad un altro altare o donario circolare; a sud, parallelo all'altare quadrato, è un altro naiskos tripartito, mentre paralleli alla facciata occidentale del tempio dei Dioscuri sorgono affiancati tre basamenti di donari (piuttosto che altari), di cui quello settentrionale presenta un pozzo attaccato al lato nord.
È difficile interpretare correttamente sia la cronologia che il significato culturale di questo importante e complesso santuario, dove sono da riconoscere mégara – edifici propri del culto delle due dee eleusine – in cui gli altari sono sovente all'interno, come nell'edificio più settentrionale del témenos. Nel culto agrigentino grande importanza assume la coppia di due altari, uno quadrato ed uno circolare, ripetuta ben due volte: di essi – come nel caso del tempio di Demetra e Kore di San Biagio – uno ha la funzione d'altare per le offerte cruente (quello quadrangolare, in questo caso) e l'altro (quello circolare) la funzione di ricevere, nelle cavità, le offerte incruente, anche se non va dimenticato il ruolo che il chasma, la cavità, ha nel culto eleusino, come mezzo per inviare alle dee l'offerta consuetudinaria del porcellino, o per conservare gli àrrheta, le “cose segrete”, pure centrali nel rito ctonio .
È necessario ricordare, per la pluralità degli edifici, la molteplicità delle feste delle dee, almeno nella tradizione attica (Skirophòria, Arrhetophòria, Thesmophòria, Haloa e così via), per cui i molti edifici, con i loro diversi apprestamenti sacri, altari circolari o rettangolari, interni od esterni, pozzi, potevano esser usati in relazione alle diverse feste, ciascuna con le proprie esigenze di culto. Né va dimenticato che all'interno del témenos dovevano essere venerate anche altre divinità, collegata in forma subordinata od appositiva a Demetra e Kore, quali ad esempio Hekate, Zeus Meilichios (come mostra il santuario di Demetra Malophòros nella vicina Selinunte) o Afrodite (così l'esempio del santuario greco dell'empòrion di Gravisca), o ancora Dioniso (presente ad esempio a Sicione: Pausania, II 11, 3).
In questa direzione si può interpretare la funzione del secondo sacello da nord del témenos, visto l'altare quadrato (uranio) dinanzi alla porta, così come il complesso di templi a nord del tempio dei Dioscuri, con i loro altari rettangolari esterni orientati ad est, e il tempio L, anch'esso munito d'altare per culto uranio. In ogni caso, il santuario vedeva una predominanza della grande coppia di dee eleusine, dimostrata dall'enorme quantità di busti e protomi fittili delle dee, di statuette e di vasi rituali, rinvenuti nel complesso e databili tra il VI secolo a.C. e l'età ellenistica. La straordinaria popolarità delle dee in ambito geloo-agrigentino, e più in generale in ambiente siceliota, si spiega assai bene con l'importanza che il culto aveva per le pratiche matrimoniali e perciò per le relazioni con l'entourage indigeno. Del resto il ricordo dell'episodio di Teline di Gela, avo dei Dinomenidi e ierofante delle dee, citato nelle vicende storiche di Gela per la sua fuga nella sicula Mactorio, è emblematico al riguardo. È in questo contesto, e non in un mitico sincretismo religioso greco-indigeno, che va ricercato il significato di siffatta popolarità del culto in ambito greco e poi in quello indigeno (si pensi ai molteplici sacelli di Demetra a Morgantina), come riflesso dell'egemonia dell'elemento greco, ma anche della necessità, da esso vivamente sentita, di un duraturo rapporto con gl'indigeni.
Scavi recenti hanno messo in luce un santuario arcaico adiacente al lato sud-ovest del témenos delle divinità ctonie, un terrazzo all'incirca triangolare posto su di uno sperone roccioso sovrastante la cosiddetta Colimbetra, e munito di un proprio muro di recinzione dell'area sacra. Al centro dell'area si colloca un'importante base, stretta ed allungata (20 m circa), che sorreggeva un donario di numerose statue; ad ovest essa presenta associata un'altra base di "anàthema" (offerta) semicircolare (diametro circa 5 m); ancora più a sud sono visibili sulla roccia intagli per l'incisione di stele. All'angolo nord-est del témenos si appoggia un piccolo sacello (8 × 6 m), aperto con una porta sul lato lungo meridionale e conservato solo nelle fondazioni. Questo santuario è datato alla fine del VI o agli inizi del V secolo a.C.; nel corso del IV secolo a.C., il sacello viene bipartito e s'aggiunge, al centro del témenos, un altro naiskos di 5,10 × 3,30 m, aperto verso est, mentre tutta l'area viene nuovamente pavimentata. La divinità venerata, a giudicare da una testa fittile di medie proporzioni del più alto arcaismo (s'intende, relativamente ad Agrigento), dovrebbe essere femminile.
Abusivismo nella valle dei Templi
In tempi più recenti la valle dei Templi è stata interessata da casi di abusivismo edilizio. A maggio del 2015 la procura di Agrigento, con una lettera inviata all'Ufficio tecnico del Comune di Agrigento, alla Soprintendenza e all'Ente Parco Archeologico della Valle dei Templi, intima di dare esecuzione alle sentenze emesse e rese esecutive tra il 1992 e il 1999 che disponevano l'abbattimento degli immobili abusivi. A luglio dello stesso anno ripete nuovamente il richiamo, minacciando stavolta una denuncia per abuso d'ufficio e omissione d'atti d'ufficio. Nell'agosto del 2015 le ruspe entrano in azione per dare il via alle prime demolizioni, che continuano nel mese di settembre e di ottobre. Molte demolizioni sono state effettuate autonomamente dagli stessi proprietari dei manufatti abusivi. Nel gennaio 2016 viene pubblicato il bando per la seconda tranche di demolizioni nella zona "A" del Parco Archeologico.Nel febbraio 2016 le ruspe tornano in azione. A fine maggio 2016 viene completata la prima tranche di demolizioni previste nella zona A, ad inedificabilità assoluta, del Parco archeologico. Ad ottobre 2016 la procura di Agrigento invia il secondo elenco di immobili da abbattere. Si tratta di tredici manufatti abusivi, di cui quattro già demoliti nei mesi precedenti dagli stessi proprietari. A febbraio del 2017 viene appaltata la seconda trance di demolizioni.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/La_valle_dei_templi