Verso il XII secolo Albenga ha un periodo di egemonia nella riviera, grazie alla grande crescita commerciale e alla sicurezza della protezione con l'Imperatore del Sacro Romano Impero per contrastare Genova. La municipalità acquista il capitolo della cattedrale e dopo poco fonda il palacium comunis nell'attuale piazza San Michele. Il rapporto tra potere cittadino e vescovile permette una crescita della città, per la quale ha bisogno di un nuovo luogo di incontro, e iniziano i lavori per la riedificazione della cattedrale. Gli scavi condotti hanno permesso di capire chiaramente tali lavorazioni. Con l'esclusione della facciata, vennero demolite le strutture protoromaniche, il cui materiale venne però riutilizzato nella nuova fabbrica, che porterà ad avere una struttura basilicale a tre navate in accordo con le proporzioni di età tardoantica, di cui si era conservata la traccia fisica, accanto alla facciata era sorto il campanile che era esterno ma venne inglobato nella nuova struttura. Sul lato sinistro era presente una parte cimiteriale una cappella esterna alla navata centrale della cattedrale, che venne riunita; resta molto incerto invece la situazione sul lato destro della cattedrale, dove era presente in parte il chiostro claustrale che la collegava con Santa Maria in Fontibus, in parte utilizzata come sepoltura o forse anche la presenza di una cappella in questo lato. Tali modifiche permisero alla struttura di poter ospitare il totale del collegio canonicale che sappiamo di importante numero tra il XI e XII secolo.
Il lavoro riportò alla quota originaria l'antico pavimento e risaltò la cripta protoromanica sotterranea che, nella nuova edificazione del XII-XIII secolo, fu colmata. Dei documenti storici di Albenga si hanno notizie certe solo dalla seconda metà del 1200, prima si fa riferimento solo ad atti testamentari, non risulta ad oggi chiaro chi e quando abbia dato l'input per la nuova edificazione, anche se sappiamo che venne pagata con i soldi della municipalità com'era all'epoca. Dagli statuti di Albenga del 1288 e di quelli del 1350, si fa sempre riferimento alla voce di bilancio dell'Opera Sancti Michealis ma la cifra risulta più o meno sempre la stessa, e comprendeva l'illuminazione e i lavori ordinari; mentre c'è un capitolo importante sulla voce della costruzione delle Villenove. E' da presumere che l'edificazione fosse sotto la guida di un magistri rationales con il compito di supervisionare il cantiere. In realtà, Nino Lamboglia arrivò alla conclusione che tali lavori avvennero nel 1270, in base a un'epigrafe cinquecentesca rinvenuta durante i lavori di restauro e dedicata a un altare di San Verano, della famiglia Cepolla, con la dicitura 1270 Manuel quondam Guglielmi fundavit, Prosperque Petri nobilis familie Cepule redificavit 1583, ma nel 1270 non si rileva dai registri nessun nobile con quel nome, ma solo nel secolo successivo. È infatti probabile che Prospeto Cepolla, nobile del cinquecento, per poter retrodatare la sua stirpe e darsi quindi l'importanza storica superiore ai suoi rivale, fece retrodatare l'epigrafe; tale ragionamento è più in linea, visto che nella seconda metà del XIV secolo vennero fatti importanti lavori di ristrutturazioni sugli altari delle famiglie nobili ingaune.
La prima descrizione dell'interno della chiesa ci risulta dagli statuti capitolari del 1318, rivisti dal vescovo Federico, nel 1335, dove vengono definiti le funzioni, e la presenza degli altari di San Michele Arcangelo, San Giovanni Battista, San Verano, Santa Maria Maddalena, Santo Stefano e Sant'Antonio. Sull'altare maggiore era presente un'icona dedicata al santo protettore, che però risulta deteriorata nel 1367 tanto che il canonico Lorenzo da Chiavari stipula con Francesco da Genova un contratto per la realizzazione di una conea magna. Questo potrebbe essere stato sovvenzionato dal testamento di Emanuele Cipolla che nel 1345 aveva chiesto di essere sepolto davanti all'altare maggiore e che venisse eseguito per la cattedrale un crocifisso con ai piedi la propria immagine e diverse figure di santi de gesso cum picturis decentibus. Di queste opere non si ha traccia, non sapendo se sono sparite nel corso dei secoli o non siano proprio state realizzate. In questa epoca vengono realizzati gli affreschi ancora oggi debolmente visibili attorno all'altar maggior.
L'altare di San giovanni Battista si trovava fin dal medioevo nella testata della navata desta; il Santo era il protettore dell'episcopato e della diocesi, per cui il suo altare doveva essere in una posizione eminente accanto a quello di San Michele. Sull'altare di Santo Stefano nel 1504 il vescovo Leonardo Marchese istituirà una cappellania intitolata a Santa Maria e Santo Stefano; questo santo era molto venerato ad Albenga, tanto che la sua iscrizione la si trova nel mosaico del battistero.
San Verano era molto venerato ad Albenga, tanto che il capitolo commette al notaio Bernabò Pognana la stesura di una Vita sancti Verani; il patronato della cappella era del facoltoso cittadino Giacomo Bausanus che il 18 maggio del 1442 lega una somma per il suo restauro e una somma per il mantenimento annuale, i lavori iniziarono nel 1460 per volontà del vescovo Napoleone Fieschi.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale_di_San_Michele_Arcangelo_(Albenga)