Nella metà del millecinquecento le strutture sono in cattive condizioni, si era dovuto intervenire nel 1549 sull'organo e vent'anni dopo si segnalano pesanti problemi sulla cappella sinistra dov'era presente la cappella di San Verano, tanto che nel 1566 il capitolo chiede al Comune dei fondi e Giacomo Solomonio annota che le volte erano molto rovinate tanto che vennero tolte le spoglie di San Verano e poste in sacrestia, probabilmente danneggiate anche dall'alluvione del Centa di quell'anno. I lavori iniziarono sotto Carlo Cicada, colui che aprì anche il seminario ingauno e terminarono sotto Luca Fieschi nel 1583, come riportato anche sulle iscrizioni in pietra del Finale. L'intervento era inspirato a dare senza dubbio un aspetto migliore ma anche ad aggiornare la chiesa alle norme conciliari. L'8 gennaio del 1569 si radunava in comune un numero cospicuo di requixiti, cioè il consiglio comunale allargato per questioni di notevole importanza, che doveva decidere se il comune fosse tenuto a fare queste riparazioni; il risultato fu negativo, tant'è che il Vescovo scrisse anche alla Santa Sede chiedendo di supplicare il comune a intervenire, ma per oltre un decennio non accade nulla. Il fatto è che il comune e il districtus di Albenga si trovavano ormai da tempo in enorme difficoltà, con la perdita del porto e il nuovo fiume Centa che ogni anno creava danni e per i quali il comune correva ai ripari con pochi risultati, e mettersi nell'ammodernamento della cattedrale era senza dubbio un impatto economico proibitivo per le casse comunali. La parte sinistra dell'ala nel 1573 rischia ormai di crollare, e anche se al di sotto ci sono sepolture e altari di famiglie importanti, queste non si vogliono accollare l'onere, fino al 1575 quando viene ceduta alla famiglia Costa che si impegna alla ricostruzione tra il 1582 e 1585. Il vescovo nuove fu Luca Fieschi, che venne eletto ad Albenga il 28 marzo 1582: l'amministrazione comunale gli scrive subito per complimentarsi dicendogli che troverà i danari per completare il rifacimento. Il primo dicembre del 1582 iniziano i lavori che sono ben descritti nel libro dei matrimoni della parrocchia di San Michele ad opera dell'arciprete della cattedrale. Nel 1584 la chiesa è già agibile, tanto che ospita la cerimonia di insediamento del nuovo podestà Tommaso Spinola, con il Consiglio Comunale che si occupa di rifare i banchi dove si siedono le autorità e altre spese. Nelle note economiche sappiamo che il vescovo Fieschi con il proprio patrimonio personale più volte aiutò la fabbrica e acquisto anche parte degli arredi. Abbiamo una descrizione significativa della chiesa poiché nel 1585 monsignor Niccolò Mascardi fece una visita alla diocesi e annotò molti particolari: la condizione del monumento è ancora imperfetta, la facciata ha due porte, una maggiore in centro e una minore sulla navata destra, il campanile risulta non avere la porta che venne aperta solo successivamente poiché era obbligo la simmetria delle tre porte d'accesso, in facciata sono presenti due finestre uno a semicerchio (che venne chiuso poi nell'Ottocento) e una oblunga posta sulla navata destra, la chiesa aveva altre due porte, quella ad ovest di San Verano, e una a Est dove si passava attraverso un porticato scuro e con il selciato rovinato; accanto a questa porta c'era l'altare del Santo Sepolcro che era esterno alla chiesa prospiciente il cimitero che viene descritto come fatiscente. Le finestre esterne sono di grande apertura e l'abside aveva cinque finestra superiori quadrate e tre inferiori oblunghe. Sono presenti due sacrestie, una usata per i giorni feriali e l'altra per i giorni festivi, e in quella maggiore era conservato l'archivio comunale. Il tetto era in trave di legno e la volta era presente solo sull'abside, con un pavimento in calce e mentre nella zona absidale era in laterizio, con la presenza di 14 sepolcri all'interno della chiesa. La cattedra del vescovo era posta a sinistra dell'altare mentre a destra era presente la panca destinata agli amministratori cittadini.
Tra gli arredi conservati è presente la custodia, il tabernacolo dell'altar maggiore: il Concilio Tridentino aveva stabilito norme e precisi indirizzi di modelli per molte suppellettili sacre e in particolare proprio per i tabernacolo; questo era stato fatto costruire a partire dal luglio 1582 ad opera dei massari della Compagnia del Santissimo Sacramento e il registro di contabilità della compagnia ci informa che l'artista venne scelto nel genovese Domenico Liberante e l'indoratore Battista Brignole. Il massaro che seguì l'ordine era l'abate Alessandro Costa, raffinato conoscitore artistico. Tuttavia il tabernacolo non rispondeva appieno ai dettami conciliari e il vescovo minacciò di rimuoverlo, con una discussione che andò anche in Consiglio Comunale, ma alla fine rimase e venne abbellito da due ulteriori angeli nel 1590 commessi da Prospero Cepolla e Pietro Adorno. Sappiamo che fino al 1697 il tabernacolo era presente, e ne venne realizzato uno nuovo 2 anni dopo, probabilmente un ostensorio eseguito a Genova dagli orafi Camillo De Ferrari e Sebastiano dall'Isola.
Sappiamo della descrizione di fine cinquecento con la presenza del nuovo altare dedicato a San Riccardo costruito a spese del vescovo Luca Fieschi dov'era presente l'antico altare di Santo Stefano. Risulta già realizzata la cupola ottogonale anche se è da finire, l'altare non è tuttavia rispondente ai canoni conciliari. Nella testata di sinistra, le strutture murarie della cappella di San Verano erano state ricostruite tra il 1582 e il 1583. Nella ricostruzione c'è la nota spese per la demolizione delle strutture precedenti per sbatter a terra la volta o sia cubba della capella vecchio col muro di sopra... e più... per sbatter l'arco, colonne ed fenestra con la ricostruzione affidata al savonese Nicolò Gamba.
La cappella di Sant'Antonio venne spostata dalla navata destra alla controfacciata, nella posizione contigua al campanile che in precedenza ospitava l'altare dell'Annunciazione. Venne costruito un nuovo altare dedicato a Santa Maria Maddalena, con il giuspatronato dei Lamberti, mentre un altare dedicato ai Tre Magi avrà vita breve; quest'epoca è segnata dalla gara tra le famiglie ingaune a chi rendeva migliore la propria cappella di famiglia.
La visita di monsignor Mascardi elenca le prescrizioni di tipo liturgico e gli interventi alle strutture ritenuti essenziali: riassumendoli, sono l'imbiancatura della facciata, dove si deve dipingere l'immagine di San Michele, oltre l'apertura per simmetria della porta sotto il campanile, la recinzione del presbiterio, la chiusura delle finestre con le inferriate, la costruzione di un pulpito e la sistemazione di un organo, in ottemperanza alle prescrizioni tridentine.
Nel 1586 viene terminata la sistemazione dell'organo. Si riorganizza la zona del coro con il ripristino degli stalli, e rialzata con scalini in pietra nera a spese del vescovo nel settembre del 1587. Alla solenne processione di consacrazione dell'altar maggior segue quella per la consacrazione della cappella di San Riccardo completati nel 1589, con l'inserimento del baldacchino sopra la cattedra vescovile e gli angeli sul tabernacolo negli ultimi anni del 1590. L'anno successivo il vescovo chiede ai patroni delle cappelle di concorrere a realizzare la volta della cattedrale, che era ancora in assi di legno, realizzata nel 1596 in caniccio e imbiancata, a seguito dell'esecuzione delle vetrate del coro fatte fare dal comune nel 1593 con lo stemma della municipalità sulle vetrate delle stesse. Vengono eseguiti in questi anni un'intonacatura parziale dalla facciata dove sappiamo era presente anche l'immagine di San Michele, che però non ci risulta traccia, con vicine lo stemma del vescovo e del comune, che appariva anche sulla facciata della cattedrale in marmo. Dal resoconto del 13 giugno 1592 fatto da Gerolamo de Puteo, canonico di Santa Maria in Fontibus, risulta che la cattedrale rischiava il collasso, ma grazie al lavoro dei vescovi è stata honorifcentissime restaurata. Dalla visita a Roma del canonico di San Maurizio, Francesco Bruno, risulta che nel 1594 era stata realizzata la volta, il pavimento del coro in lastra ottagonali di ardesia e quadretti di marmo, delle vetrate e inferriate poste alle finestre.
Nel secondo decennio del seicento con la realizzazione di un nuovo organo posizionato sopra la cattedra vescovile l'interno della Cattedrale ha un valore artistico importantissimo. Il vescovo Landinelli rinuncia al vescovato dopo una lunga assenza dalla diocesi, e venne eletto Pier Francesco Costa un albenganese dopo centocinquantanni da Leonardo Marchese. Vescovo di azione rivolta a tutta la diocesi, con la stesura del Sacro, e Vago Giardininello, oltre che appassionato di storia, a lui si deve una parte dell'edificazione di Villa Costa a Piambellino. Visto che la cattedrale era edificata si dedicò agli interni con la realizzazione di due nuovi altari e un altar maggior consacrati il 5 novembre 1642, ma di cui non sappiamo l'aspetto, con la rivisitazione della cappella dedicata a San Riccardo con nuovi marmi e colonne, e le due cappelle dedicata allo Spirito Santo e a San Filippo Neri. Comune e privati contribuiscono all'acquisizione del portale di marmo che si protrae dal 1669 al 1671. Qualche anno dopo vengono rifatti i pavimenti delle sacrestie in ardesia e quadretti di marmo bianco.
Nel 1691 viene eretto vescovo Giorgio Spinola che realizzò interventi sulla navata centrale verso fine seicento. Dal 1700 al 1703 si provvide allo spostamento dell'organo e della sua cassa monumentale dal Sancta Sanctorunm alla controfacciata, con il tamponamento del lunettone: questo aspetto risulta essere lo stesso per i secoli successivi, come ci appare nei dipinti ottocenteschi . Dov'è posto l'organo era presente una quadro grande trasportato nella chiesa di San Lorenzo, vengono inseriti due importanti modiglioni in marmo, cioè due grandi mensole che ancora oggi sorreggono l'organo e cantoria, provenienti via mare da Finale Ligure e trasportati dall'approdo della città sul mare alla cattedrale.
L'abside lasciato orfano dell'organo subisce un nuovo monumentale intervento: vengono chiuse le tracce delle vecchie murature, rifatti i capiteli, rintonacate le murature, rimosso il tabernacolo ligneo e al centro del Santa Sanctorum trova posto nel 1704 la macchina marmorea del nuovo altar maggiore dove sopra viene posto il grande crocifisso ligneo giunto da Firenze e donato da Pier Giovanni Lamberti e accettato con delibera del 28 aprile del 1706. Viene rinforzata o rifatta parte della volta centrale che viene demolita nel 1706 e rifatta nel 1708 impegnando finanze della Curia e del Comune. Negli anni settanta vengono fatti altri lavori, come il tetto del chiostro addossato alla navata destra e parte dell'interno con il rifacimento dei capitelli e l'abbellimento dei pilastri e delle pareti.
L'avvento della Repubblica Ligure nel 1797 portò alla parziale devastazione della cattedrale, dove vennero bruciati o ridotti a pezzi la cattedra e il coro, profanata la tomba di Leonardo Marchese. Nei primi anni dell'Ottocento venne ampliata l'orchestra e la cattedra e coro vennero rifatti nel 1802 e 1804. Nel 1805 parte l'iniziativa per realizzare in marmo tutta la pavimentazione della cattedrale, ad opera del marmoraro genovese Giovanni Barabino, dove la tomba di Leonardo Marchese venne occultata, con la realizzazione in tutta la chiesa di un alto zoccolo in marmo grigio e rifatta con la stessa pietra la cappella già dedicata allo Spirito Santo, poi a San Riccardo, a San Filippo Neri e successivamente dedicata alla Madonna del Rosario. Venne rimossa anche l'iscrizione sepolcrale dedicata a Tommaso doria e trasportata nel 1806 nel palazzo comunale.
Del 1813 vengono fatte le decorazioni sulla parte absidale ad opera di Maurizio Carrega e della volta ad opera di Giuseppe Crosonino. Per diversi decenni la cattedrale non subì importanti interventi, e il suo aspetto doveva apparire sobrio, composto da un ambiente intonacato e chiaro, reso vivo dal grande affresco absidali e dagli altari marmorei.
Una sistemazione strutturale viene realizzata sul corridoio e le sacrestie, vengono anche installati due grandi altari marmorei provenienti dal convento di San Bernardino, che era di proprietà comunale, e delle sculture del Convento di San Francesco da Paola.
Il 5 giugno del 1882 un fulmine colpisce la guglia della torre provocandone la caduta di materiale sul tetto della cattedrale e del palazzo della prefettura, rovinandone il tetto che viene rifatto. Il 23 febbraio 1887 il grande terremoto provoca molti danni alle strutture cittadine. Viene chiuso il lunettone in facciata cinquecentesco con la realizzazione di uno nuovo a rosa; viene invece ostacolata la demolizione del portale seicentesco con la sostituzione di quello che è in Santa Maria in Fontibus. All'interno si decide di sfasciare le colonne fino alla nuda pietra con la ricostruzione dei pilastri in mattoni e cemento idrofugo da ponti per eliminare l'umidità di risalita, cosa che avviene anche sulle facciate laterali. Vengono quindi realizzati importanti interventi pittorici e installata una nuova ringhiere in ferro sul coro. La chiesa venne solennemente riaperta il 29 settembre del 1892 con i festeggiamenti in onore del santo patrono.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale_di_San_Michele_Arcangelo_(Albenga)