Il palazzo Peloso Cepolla è un palazzo situato in piazza San Michele, nel centro storico di Albenga, in provincia di Savona.
L'edificio è il prodotto finale di varie evoluzioni. Incorpora nella facciata una torre duecentesca, con un basamento in pietra nera in cui si apre una porta leggermente ogivale e la parte superiore in mattoni rossi; la sommità, un tempo merlata, nel XVI secolo è stata modificata creando una fascia decorativa, quando il nobile Prospero Cepolla accorpò il complesso di case medievali di sua proprietà nell'angolo della piazza risistemandolo in modo più omogeneo.
La facciata è relativamente semplice (più bella quella laterale con tracce di affreschi medievali): è invece il piano nobile ciò che rende il palazzo uno dei più importanti di Albenga. Presenta infatti un vasto apparato decorativo realizzato nell'arco di cinque secoli, dal XV al XIX. Una parte degli affreschi interni è di ispirazione umanistica e risalente alla seconda metà del XV secolo; è situata al secondo piano, nella sala detta "dei filosofi".
L'intero palazzo è stato lasciato in eredità al comune di Albenga da Agostino Niccolari, ultimo erede della famiglia, che volle nel 1946 vincolare il palazzo a sede della sezione ingauna dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri (IISL), che nel 1960 ne fece sede del Museo navale romano del Centro Sperimentale di Archeologia Marittima.
La famiglia Cepolla è stata una delle più antiche e nobili famiglie di Albenga, nonostante sia sempre rimasta nella sua zona d'origine, guadagnò grandi ricchezze e un ruolo importante nella città, legandosi in matrimonio per ben due volte nello stesso secolo con un casato potente come quello Doria. La famiglia Cepolla, nota in città dal 1222, si divise nella seconda metà del Duecento in due rami, legati uno al potere feudale dei marchesi di Clavesana, l'altro all'ambito comunale; i suoi membri, molto numerosi, ricoprirono cariche nell'amministrazione del comune e gestirono una cospicua attività in campo finanziario. Furono infeudati di Aquila, Onzo, Alto, Caprauna, Nasino ed ebbero titolo comitale.
Nei catasti comunali più antichi i Cepolla risultano essere in assoluto la famiglia più abbiente della città, possedendo numerose torri, fabbricati e residenze; la fortuna, è da supporre, era stata fatta con il commercio navale, come per la gran parte delle famiglie liguri.
Il membro più importante della dinastia, almeno per il palazzo, fu certamente Prospero di Pietro e Bianca Doria, nato nel 1543 e sposato nella seconda metà del secolo con Teodora Costa. Costui avviò grandi lavori di ristrutturazione delle case nell'isolato sulla piazza della Cattedrale, che proprio per il gran numero di rami della famiglia nel tempo si presentava come un insieme disomogeneo di abitati medievali all'ombra della torre; Prospero volle dotare la sua famiglia di un palazzo che svolgesse una grande funzione di rappresentanza, cosa che le case più antiche non potevano più fare. L'unificazione di tutti i corpi di fabbrica generò il palazzo che vediamo oggi, che presenta quasi un unicum nel panorama architettonico di Albenga.
La famiglia, estintasi con Vittoria nipote di Prospero che sposò Bonifacio della Lengueglia, fuse successivamente il suo cognome con quello dei Peloso, famiglia del marito della nipote di Vittoria.
La facciata del palazzo che affaccia su piazza San Michele si presenta in modo relativamente modesto, in pieno stile ligure. Per quanto riguarda il pianterreno, il portale ha una semplice cornice d'ardesia ed è sormontato dallo stemma Cepolla in pietra; le due finestre che lo affiancano e che danno luce all'atrio sono inferriate. Il basamento della torre, invece, è composto da fasce regolari di grandezze diverse in pietra.
Il primo piano presenta otto finestre, di cui sette aperte senza decorazioni. La finestra della torre, invece, è più alta poiché formata da due aperture sovrapposte; presenta una movimentata cornice ornamentale in ardesia. È murata e ha un affresco che finge i vetri, gli infissi e una figura affacciata al davanzale. Questo tipo di cornice si ripete anche sull'altro lato della torre, su via Cavour, e si suppone che un tempo tutte le finestre del piano nobile avessero questa decorazione. Prova ne è la fascia d'intonaco di colore diverso presente sopra ogni finestra "nuova", a mostrare il suo posteriore abbassamento, e la corrispondente fascia bianca sugli affreschi entrefenetres nella sala del Figliol Prodigo all'interno, spazio prima occupato dalla finestra quadrata superiore e quindi non affrescato. È infine da considerare che tra i palazzi storici di Albenga coevi alla dimora dei Cepolla è molto più comune il tipo di finestra a doppia apertura presente sulla torre rispetto a quello del resto della facciata.
Al secondo piano, in corrispondenza di ogni finestra inferiore, è presente una nicchia ovale con dipinta dentro un'inferriata a losanghe davanti a un vetro. Teoricamente finestre murate, queste nicchie sono quasi tutte chiuse, diventando quindi più un elemento architettonico che una luce. Subito sopra, il cornicione a mensole conclude la facciata.
Il prospetto che ora si può vedere, in conclusione, difficilmente rende l'idea di come fosse un tempo: ormai di intonaco scrostato, con i terminali delle catene in vista e pezzi di muro mancanti, le finestre senza alcun tipo di ornamento. Pur rimanendo nel rigore tipico delle facciate liguri, dobbiamo immaginarlo con decorazioni architettoniche dipinte, colori accesi (probabilmente rosso o giallo) e tutte le finestre doppie con cornice in ardesia. Una verosimile ricostruzione del genere rende alla mente la facciata degna della bellezza interna di questo palazzo; un ampio intervento di restauro probabilmente gli restituirebbe parte del fasto antico.
Inglobata nell'angolo destro della facciata principale svetta la torre, elemento comune a moltissime dimore storiche della città. Il piano terra è in pietra, con due finestre murate quadrangolari (una su ogni lato visibile) e una porta a sesto acuto su Via Cavour, una delle poche vestigia gotiche del palazzo. Il piano nobile è l'unica parte della facciata che conserva le finestre originali con la cornice in ardesia; le sovrastano le finestre ovali e il cornicione. Al di sopra del livello del tetto, la costruzione svetta per un'altezza comparabile a quella inferiore, con in cima quattro aperture centinate (una per lato). La sommità, prima merlata, fu decorata a fine '500 con una fascia a forma di balaustra, sovrastata da quattro sfere con sostegno.
Uno studio di qualche anno fa compiuto dall'avv. Cosimo Costa, presidente della sezione ingauna dell'IISL, era giunto a stabilire i criteri di riconoscimento dell'antichità delle torri di Albenga (un tempo quasi cento, ora molte meno). Applicandoli alla torre d'angolo di palazzo Peloso Cepolla, essa risulta essere una delle ultime per realizzazione tra quelle che sono arrivate fino a noi.
Nell'arco del solo XIII secolo, infatti, lo stile delle torri si è evoluto considerevolmente, tanto da rendere semplice individuare il periodo di ognuna. I basamenti a conci di pietra rustica nei primi decenni del 'Duecento erano molto alti, giungendo anche alla metà dello sviluppo verticale della costruzione, ed erano formati da bugne di dimensioni alquanto grandi, ad uso più difensivo. Nel corso dello stesso secolo ognuno di questi parametri andò invertendosi, con basamenti più bassi, formati da pietre più lavorate e più piccole, ad uso maggiormente ornamentale. Ad esempio, la torre Della Lengueglia-Costa, una delle più antiche (ormai mozza nella sua parte di mattoni ed inglobata nel retro dell'omonimo palazzo) ha un basamento di oltre 12 metri formato da bugne rustiche; quella Peloso Cepolla, invece, ha uno zoccolo di pietre lavorate alto circa sei metri: risulta essere quindi degli ultimi decenni del '200.
Sul lato che si affaccia su via Cavour è ancora visibile il muro medievale, integrato in alcuni punti con le modifiche secentesche e ottocentesche, che rende l'idea di come potesse presentarsi il palazzo fino ai grandi lavori di Prospero Cepolla. È composto, partendo da sinistra, dalla torre, una casa medievale del XIV secolo, un muro di epoca successiva che chiude lo spazio un tempo occupato da una via, un corpo di mattoni del XV secolo ricoperto da affreschi. Su quest'ultimo fa mostra di sé una bella quadrifora (la stessa che si vede dall'interno nella sala dei Filosofi) ma soprattutto sono da apprezzare gli affreschi, quasi tutti non identificabili a causa dei pezzi mancanti ma con colori ancora vivissimi. Si riconoscono figure in piedi nella parte inferiore e in cima un fregio che rappresenta un corteo. Se il prospetto su piazza san Michele versa in cattive condizioni, questo è letteralmente fatiscente: finestre murate sono in realtà riempite con mattoni disposti in modo disordinato e delle crepe preoccupanti lo attraversano in lungo e in largo, suggerendo la necessità di un massiccio intervento di restauro.
Il pianterreno è quello che più è stato interessato dalle modifiche secentesche dopo il piano nobile, anche per motivi strutturali (i muri portanti devono sostenere quelli dei piani superiori). Alcune stanze di botteghe hanno parche decorazioni; quasi tutte presentano uno stemma Cepolla In pietra (una particolarità è una sala su via Cavour in cui il blasone in pietra è incassato nel muro capovolto, con le cipolle che "pendono" all'insù).
L'atrio secentesco ha tre pilastri che reggono arcate sostenenti la volta; ad oggi non sono più agibili gli ingressi laterali e ci si può accedere solo da piazza san Michele. In fondo, allineato con il portone, c'è lo scalone con l'affresco dell'imperatore Proculo sulla parete di sfondo del primo pianerottolo. Sulla destra si apre il cortile (una rarità per un palazzo ingauno), ad oggi occupato dal retro di una bottega, che dà luce all'atrio. È da sottolineare come la residenza dei Cepolla, in una città con tanti illustri esempi di scalone d'onore (cito solo ad esempio il prospiciente palazzo Costa-Della Lengueglia o i palazzi Rolandi-Ricci e Borea-Ricci), abbia uno scalone piuttosto elementare, con tre fughe con volta a botte intervallate da due pianerottoli e corrimano in ferro, in contrasto con la sua magnificenza.
Nell'atrio sono conservati cimeli del Museo Navale Romano, tra cui l'importante campana subacquea utilizzata durante le prime operazioni di recupero su navi romane. L'affresco dell'imperatore usurpatore Proculo (da cui i Cepolla pretendevano discendenza), restaurato nel 1960, è nuovamente quasi illeggibile.
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