La cattedrale di San Michele Arcangelo è un luogo di culto cattolico situato nel centro storico, tra via Bernardo Ricci, piazza San Michele e piazza IV Novembre, nel comune di Albenga in provincia di Savona. La chiesa è sede della parrocchia omonima del vicariato di Albenga della diocesi di Albenga-Imperia.
Situata nel centro storico della città medievale di Albenga, la fondazione del primitivo edificio di culto è risalente alla ricostruzione della città, avvenuta per opera di Costanzo tra la fine del IV secolo e l'inizio del V secolo, al centro della città romana (I secolo a.C.) e sorge sul sito con le esatte dimensioni di quella paleocristiana. Una sua riedificazione avvenne intorno al 1100, sui resti dell'antica chiesa paleocristiana, e ancora nella seconda metà del XII secolo.
Una tradizione vuole che per la via che da Albenga porta ad Alassio ci fosse un serpente che uccideva chiunque passasse. La popolazione fece una processione pregando san Michele Arcangelo di uccidere il serpente. Durante la notte si vide un bagliore provenire dal cielo e dirigersi verso un punto della strada; la popolazione accorse in fretta, e trovarono il serpente ucciso.
Un primo studio sull'antico impianto paleocristiano fu intrapreso tra il 1964 e il 1967, dove si appurò che la struttura fu a pianta basilicale e molto ampia; nello scavo archeologico sono state scoperte le basi di due colonne che arricchivano l'altare. Fu con l'invasione nel 643 del re longobardo Rotari nei territori della Liguria che la chiesa fu ridotta alla sola navata centrale.
Grazie alla divisione del territorio ligure in marche, che permise una maggiore importanza per Albenga e la sua diocesi, l'impianto fu riedificato nell'XI secolo in forme protoromaniche, ad unica navata e con cripta. Le fasi di questa riedificazione sono ancora oggi visibili nella muratura inferiore della facciata.
L'attuale struttura della cattedrale è opera della nuova riedificazione avvenuta alla fine del XII secolo, anche se alcune fonti sposterebbero tale intervento ampliativo nei primi decenni del XIII secolo, che riportò la pianta dell'edificio all'originale (a pianta basilicale), con la sostituzione dei muri longitudinali con nuove colonne con archi a tutto sesto acuto.
Nuove modifiche alla struttura furono intraprese nel 1582 sotto il vescovo ingauno Luca Fieschi, su sollecito del visitatore apostolico Nicolò Mascardi, adeguando l'impianto alle nuove disposizioni della Controriforma. I lavori consisterono nella sopraelevazione del pavimento di circa 1 metro, per adeguarlo a quello della piazza antistante la chiesa, il conglobamento delle colonne in pilastri, nella demolizione del tetto in legno con la sostituzione delle coperture con nuove strutture voltate, si decise di costruire una volta a botte nella navata centrale e delle volte a crociera nelle due navate laterali; furono inoltre aggiunti nuovi punti luce per l'illuminazione della cattedrale e nuovi elementi decorativi, stucchi e sculture, nelle balaustre e negli altari. Vennero costruite delle cupole sui bracci laterali del transetto, si modificarono le finestre; vennero demoliti chi archi acuti della navata centrale sostituendoli con archi policentrici posti più in alto.
Restauri degli interni iniziarono nel 1937, mentre già nel 1946 Nino Lamboglia proponeva un recupero su proposte già fatte sulla fine del XIX secolo. Dal 1964 si iniziò uno studio completo per il recupero dei canoni medievali della struttura, progettati dall'ingegnere De Maestri che curò anche la parte statica e la direzione dei lavori, sotto il severo controllo della soprintendenza di Genova, con la consulenza architettonica di Morozzo della Rocca e la parte storica-archeologica dello stesso Nino Lamboglia; venne appaltata alla locale azienda Formento di Finale Ligure che negli anni 1965-1967 eseguì i lavori. Tuttavia il recupero dello stile medievale del XIII secolo ha creato solo una copia della struttura come si doveva porre al visitatore medievale, sono state eseguite troppo integrazioni, per farlo sono stati persi per sempre tutti i valori artistici culturali realizzati nel XVI secolo. Tuttavia la perizia con la quale sono stati eseguiti i lavori, e le capacità di ricreare perfettamente gli stili medievali porgono in essere una struttura sicuramente simile all'originaria.
Il lavoro riportò alla quota originaria l'antico pavimento e risaltò la cripta protoromanica sotterranea che, nella nuova edificazione del XII-XIII secolo, fu colmata.
Sulla base di saggi ed ipotesi, sono state accertate le strutture medievali e la loro configurazione. Venne deciso di intervenire per recuperare ed integrare le strutture medievali, ma nello stesso tempo consolidare la struttura, che aveva subito, a causa del tempo e dei terremoti, alcuni dissesti. Quando nel XVI secolo si erano realizzati gli archi policentrici, era stato tagliato la parte di muro sopra gli originali archi ogivali, quindi erano state raddrizzate le colonne esportando del materiale senza che venisse fatta nessuna opera di rinforzo. Le pietre a cuneo che erano state inserite sotto gli archi ogivali si sono trovate a non avere più la funzione strutturale per la quale erano state pensate, cioè contrastare la spinta degli archi permettendo una migliore distribuzione dei carichi sulla colonna, i cunei si sono trovati ad esercitare una funzione di divarcamento della muratura e di schiacciamento delle sezione ridotte sottostanti delle colonne. Queste ipotesi sono state accertate dai saggi fatti sulla struttura, che tuttavia ha retto perfettamente a questa mancanza strutturale, perché la pietra a spacco esterna ha solamente in parte una funzione portante, che è lasciata ad una muratura in mattoni interni, realizzati con una buona tecnica e con buoni materiali che è riuscita a sopportare le azioni. Dopo che è stato tutto messo in sicurezza, con opere di consolidamento temporanee, sono stati rifatti gli antichi archi acuti, con una anima in cemento armato, sulla base delle indicazioni geometriche della muratura dei piedritti. Si scavò fino al raggiungimento della quota del pavimento medievale e recuperando lo spazio di una cripta romanica sotto il presbiterio. Vennero realizzati dei collegamenti tra le pareti originali e il calcestruzzo sopra gli archi, tramite l'inserimento di tondini di acciaio posti a 45°. Fu interessante il getto del calcestruzzo nelle casseformi degli archi, poiché esisteva il pericolo che il materiale, ancora allo stato liquido, potesse esercitare spinte eccessive che la muratura non era in grado di reggere, inoltre vennero ridotte al minimo gli effetti di ritiro del calcestruzzo.
Per realizzare il pavimento nelle navate laterali, si realizzarono dei blocchi in normale cemento non armato, in zone di non valore storico, sopra i quali venne appoggiato un solaio prefabbricato, in maniera da non intaccare l'originale pavimento paleocristiano. Mentre nella navata centrale il problema da risolvere era realizzare una struttura che nello stesso tempo potesse permettere di visitare i resti paleocristiani sottostanti: venne realizzato un solaio che si appoggiava solamente sui tratti di murature libere, e sulla base delle colonne. Fu eseguito un solaio in cemento armato precompresso, ordito in maniera perpendicolare all'asse della cattedrale, per evitare di creare situazioni di possibile danneggiamento agli originali plinti di pietra squadrata. Anche in questo caso le zone di appoggio interessate furono quelle di non importanza storica o archeologica, in alcuni casi si riuscì addirittura ad arrivare al terreno naturale. I pilastri vennero realizzati a forma di croce con le braccia inversamente rastremate, in maniera da ottenere una luce maggiore nelle zone basse, intaccando meno i resti paleocristiani, mentre la distanza minore dovuta alla rastremazione permise di realizzare dei solai più sottili e leggeri. Questo solaio con cassettoni romboidali, venne concepito per avere una minore area di appoggio sulle murature dell'abside più antica, in maniera che si avesse una migliore ridistribuzione dei carichi ed una rigidità di forma più sensibile.
Nell'analisi statica della torre campanaria, basata una più antica torre romanica rifatta nel 1392 inclusa nella fabbrica del XIII secolo, si evinse che la struttura era sostanzialmente sana malgrado l'eterogeneità dei materiali, ed anche le fondazioni non avevano molti problemi da riscontrare, tuttavia l'analisi fessurativa aveva evidenziato che alla quota di 18 metri dal livello di calpestio della piazza si erano create delle lesioni dovute alla spinta orizzontale della cuspide e all'azione dinamica e vibrante delle campane. Si erano creati delle lesioni per il discostarsi delle pareti con la tendenza ad aprirsi verso l'esterno. Per rimediare a queste lesioni si realizzarono dei cordoli in cemento armato con la funzione di cerchiatura.
L'uso del cemento armato in un'operazione di restauro delicata, nel riportare agli occhi del visitatore l'immagine di come si presentava la struttura nel XIII secolo, ha rappresentato un'innovazione nel mondo della conservazione e del restauro. Tuttavia la snaturalezza degli elementi strutturali, con l'impiego di tecnologie contemporanee è stato un giusto compromesso con l'impatto che altre tecniche avrebbero avuto, sono state operazioni che hanno consentito l'inserimento di diversi elementi nuovi tuttavia con un carattere di essenzialità, inoltre il risanamento statico delle opere è stato sicuramente opportuno ed efficiente.
La cattedrale si presenta oggi divisa in tre navate con la suddivisione in colonne e pilastri originari sorreggenti archi ogivali ricostruiti. Gli interventi di Nino Lamboglia permisero inoltre la cancellazione di elementi barocchi dal presbiterio, oggi sopraelevato per esigenze liturgiche e per rendere meglio visibile la cripta protoromanica.
Le varie fasi strutturali che si susseguirono nei secoli sono ben visibili nell'esterna facciata che si presenta con un notevole rosone e una decorazione ad archetti pensili. L'attiguo campanile è stato ricostruito tra il 1391 e il 1395 dall'architetto-canonico di Albenga Serafino Mignano con la collaborazione dei capimastri Oberto e Tommaso Caressia. Considerato il più insigne esempio di epoca tardo gotica, è sviluppato su cinque ordini di bifore e trifore culminante con una cuspide poligonale con pinnacoli ai quattro spigoli. Nella spaziosa cella campanaria è ospitato un interessante concerto di quattro campane in Fa maggiore, realizzato negli anni 1785-1790 dal fonditore Bertoldo di Bagnasco. L'edificio ospita un organo Serassi, realizzato fra il 1838 e il 1840, posto all'interno di una cassa del XVII secolo.
All'interno della cattedrale sono conservate pregiate opere scultoree e pittoriche. Gli affreschi della volta sono opera dei pittori Maurizio e Tommaso Carrega, del XIX secolo e restaurati nel corso del 1999-2000, di Raffaele Resio e di Santo Bertelli. Nella navata destra è presente un'edicola del 1456 con l'affresco ritraente Santa Chiara e due offerenti, la Crocifissione con i santi Antonio abate e Giovanni Evangelista e il vescovo committente del 1528 del pittore detto il Pancalino.
Nell'abside laterale destra, sull'altare barocco, vi è una tavola della fine del XV secolo: la Pentecoste; nell'abside centrale sono raffigurati cicli di affreschi della seconda metà del Quattrocento; sull'altare maggiore il paliotto cinquecentesco ritraente i Santi Verano, Michele Arcangelo e Giovanni Battista.
Altri dipinti sono le due tavole del pittore Luca Baudo (Sant'Eligio e Sant'Ampelio) della fine del XV secolo; il Miracolo di san Verano di Giovanni Lanfranco e la Madonna col Bambino e santi di Orazio De Ferrari; questi ultimi dipinti non sono esposti nella cattedrale per motivi di sicurezza, ma nel vicino museo diocesano dove si trovano anche il Martirio di santa Caterina d'Alessandria di Guido Reni e il San Giovanni Battista attribuito ad un pittore caravaggista e di recente ipotizzato dal critico d'arte Vittorio Sgarbi come autentico Caravaggio.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale_di_San_Michele_Arcangelo_(Albenga)