Il portico d'ingresso della chiesa è inquadrato tra il campanile e l'angolo nord-ovest del convento, quella che ospita l'oratorio dei Nobili: è sopraelevato di due metri dal suolo, e vi si accede attraverso una scalinata che tende a restringersi verso l'alto. Gli interventi del 1953 hanno riportato il portico al suo originario aspetto quattrocentesco, con le cinque arcate ogivali sorrette da pilastri poligonali binati con capitelli a goccia montati su alti plinti, il tutto in arenaria locale: dopo il terremoto del 1783 infatti l'arcata centrale, quella d'accesso al portico, era stata trasformata a tutto sesto a mo' di serliana, con il beneficio che si rendeva visibile il portale d'ingresso della chiesa ma l'aspetto negativo di sconvolgere l'architettura del portico. In origine il portico era aperto su due lati, ma dopo il terremoto del 1638 lo spostamento del campanile impose la chiusura delle due arcate ogivali poste verso nord: gli interventi degli anni novanta hanno posto in luce i resti di queste arcate nella base della parete sud del campanile.
Disassato rispetto alle arcate del portico si apre il portale d'ingresso in travertino della chiesa, che presenta un ampio arco ribassato, forse di ispirazione catalana, "delineato da esili cordoli a fascio intervallati da zone lisce". Altri portali che si affacciano sul portico sono quello della torre campanaria, un arco a tutto sesto di modesta architettura, quello del convento, un altro arco ribassato di modesta architettura realizzato parzialmente con elementi di restauro, e quello dell'oratorio dei Nobili: questo portale in arenaria è invece un significativo esempio di architettura tardo rinascimentale. Esso si presenta infatti con un architrave incorniciato da paraste di ordine ionico decorate con un motivo ad ovoli o "kyma ionici", il tutto a sorreggere un'alta trabeazione: la data di realizzazione del portale, leggibile sulla rovinata iscrizione posta al centro della trabeazione, è il 1592.
Le essenziali linee della facciata a capanna della chiesa si elevano alle spalle del portico d'ingresso: al centro si apre una piccola monofora a sesto acuto, sovrastata dagli incavi nei quali fino al 1984 si trovavano dieci bacini ceramici disposti singolarmente a forma di croce latina. L'uso di inserire asimmetricamente pezzi ceramici o marmorei colorati nelle murature per "spezzare" la monotonia della parete a tinta unita è attestato in molte costruzioni medioevali, come il quattrocentesco palazzo Ghisilardi Fava a Bologna o il campanile romanico della chiesa di San Pietro ad Albano Laziale: quello di San Bernardino ad Amantea è tuttavia l'unico esempio quattrocentesco di questa pratica riscontrato nell'Italia meridionale. Le ceramiche amanteote sono da attribuire alla fabbrica di ceramiche spagnola di Manises, presso Valencia, che nel Quattrocento era il principale centro di produzione ed esportazione di ceramiche ispano-moresche. I bacini ceramici, sopravvissuti ai terremoti ed alle intemperie, furono rimossi dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria il 5 aprile 1984, trasportati al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria e restituiti alla città di Amantea solo nel 2005: oggi sono custoditi nel convento dei frati minori osservanti. Prima della collocazione dei piatti, era stata dipinta sull'intonaco una grande croce della quale erano visibili tracce ancora negli anni trenta quando Alfonso Frangipane salì a visionare i bacini ceramici. Ad oggi dei bacini ceramici ne sono stati costruiti delle copie e poi inseriti all'inizio di gennaio del 2018.
Si ignora l'aspetto del campanile quattrocentesco, che andò completamente distrutto in seguito al terremoto del 1638. Nella successiva ricostruzione il campanile venne spostato sul lato settentrionale del portico d'ingresso. Dopo il terremoto del 1783 fu aggiunta alla sommità una cupoletta e i tre livelli vennero distinti con l'aggiunta di cornicioni sporgenti. La cupoletta, parzialmente crollata in occasione del terremoto del 1905, venne sostituita da un tetto a terrazza. La sommità del campanile si degradò rapidamente e alla fine degli anni settanta gran parte del terzo livello era scomparso, compreso l'orologio inserito nella finestra ad arco del terzo livello e visibile in alcune fotografie degli anni trenta. Il campanile ha assunto l'aspetto attuale, con la ricostruzione incompleta del terzo livello, con i lavori degli anni novanta.
La vecchia campana di bronzo è oggi conservata nel chiostro del convento: un'iscrizione leggibile su di essa riferisce che fu fusa la prima volta nel 1404, dunque prima dell'arrivo dei frati minori osservanti e della costruzione della chiesa come la conosciamo noi, poi fu rifusa nel 1500 e quindi nel 1861.
La navata centrale, che misura una trentina di metri di lunghezza ed una decina di metri di larghezza ed è la più grande delle due navate che costituiscono la chiesa, non è divisa in campate, è coperta da un tetto a capriate di legno a vista, ed è separata dalla navata sinistra da cinque archi ogivali che appoggiano su pilastri a sezione quadrangolare in arenaria.
La navata è illuminata da quattro monofore per lato, ma l'ultima monofora verso la controfacciata su entrambe le pareti è più corta: attualmente le monofore del lato sinistro sono cieche dopo la realizzazione avvenuta nell'Ottocento dell'auditorium posto sopra la navata sinistra.
Lungo le pareti della navata e sulla controfacciata sono stati messi in luce durante gli interventi degli anni novanta archi ciechi, sia ogivali che a tutto sesto, e tracce di pilastri non compatibili con l'attuale conformazione della chiesa, e dunque riferibili alla struttura della chiesa precedente all'arrivo dei frati minori osservanti nel 1436. Altre anomalie della struttura sono rappresentate dalla nicchia presente sulla parete sinistra della navata centrale tra gli archi della prima e della seconda campata, nella quale attualmente è collocata la statua marmorea di san Francesco d'Assisi di bottega siciliana del XVI secolo, e dalla singolare sezione del pilastro posto tra la quarta e la quinta campata rispetto agli altri pilastri.
Sulla parete di fondo della navata presso l'arco trionfale d'accesso al presbiterio sono collocati il busto, l'iscrizione e lo stemma di famiglia del nobile amanteota vescovo di Termoli Antonio Mirabelli.
La navata sinistra si presenta divisa in sei campate di cui la prima anomala, poiché è divisa dalla navata sinistra da un muro: il che ha fatto ipotizzare allo studioso Alessandro Tedesco che potesse trattarsi di una cappella cinquecentesca dell'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione. In generale, c'è una certa disomogeneità tra le varie campate: al di là dello spessore dei pilastri, irregolare tra la prima e la seconda campata e fra la terza e la quarta, le ultime tre campate presentano una copertura a volta a crociera con costolonature in arenaria, mentre le prime tre sono prive di costolonature. Questo farebbe pensare che la navata sia frutto dell'unione di varie cappelle private di giuspatronato, ipotesi avvalorata dalla presenza degli stemmi delle famiglie nobiliari amanteote dei Carratelli e dei Di Lauro rispettivamente nella quinta e nella sesta campata e da un'iscrizione murata nella prima campata facente riferimento al nobile amanteota Tiberio Cavallo posta accanto ad un mascherone comunemente identificato con il Sol Invictus.
Dalla sesta campata attraverso una botola si accede all'unico ambiente sepolcrale ancora accessibile della chiesa, quello anticamente riservato ai frati minori osservanti. Infine, da notare che sopra le volte a crociera della navata sinistra è stato realizzato nell'Ottocento un auditorium, che venne coperto con un tetto a capriate di legno simile all'originale durante gli interventi del 1953. Nella prima campata è collocata una "Madonna col Bambino" di marmo di Carrara opera di Antonello Gagini, datata 1505 e commissionata da un tale Nicola d'Archomano cittadino amanteota: questa opera, per la ricchezza e la plasticità del panneggio e per il particolare effetto di alcune parti incompiute raggiunge "un esito espressivo ragguardevole", secondo lo studioso Enzo Fera. Il Gagini scolpì altre statue dello stesso soggetto anche a Mesoraca, Morano Calabro e Nicotera, prima di partire per Roma dove lavorò con Michelangelo Buonarroti alla tomba di papa Giulio II presso la basilica di San Pietro in Vincoli.
Prima degli interventi del 1953 la navata sinistra era arricchita da numerosi altari laterali marmorei, dei quali negli anni trenta si distinguevano quello della seconda campata e quello di santa Lucia da Siracusa, fatti di marmi verdi locali.
Il presbiterio, orientato verso est come nella tradizione paleocristiana e mendicante, è posto sei gradini più in alto rispetto al pavimento moderno della chiesa, ed è aperto da un grande arco trionfale ogivale in arenaria: è di pianta quadrangolare coperto da una volta a crociera con costolonature poggianti su capitelli a crochet o ad uncino tipici dell'architettura gotica, e non si presenta particolarmente luminoso, forse anche a causa dell'accecamento di una delle tre monofore che lo illuminavano, per via della costruzione ottocentesca dell'auditorium.
L'accesso dal presbiterio al coro è realizzato sulla parete settentrionale attraverso un semplice arco a tutto sesto, mentre sulla parete meridionale, oltre all'accesso alla sagrestia, si ha un esempio di nicchia-credenza per custodire le ampolline dell'acqua e del vino e le pissidi delle ostie da consacrare. durante la celebrazione eucaristica. La finestra rettangolare strombata posta sulla parete di fondo del presbiterio è occupata da una vetrata collocatavi negli anni novanta raffigurante il cristogramma IHS (simbolo di san Bernardino da Siena), con un sole a dodici raggi che sta per i dodici apostoli.
L'oratorio dei Nobili è situato nell'angolo nord-ovest del convento: è formato da un'unica navata, ed è coperto da un soffitto piatto a travi di legno. L'illuminazione gli proviene da due finestroni posti sulla parete destra. Il piccolo luogo di culto venne costruito nel 1592, a giudicare dall'iscrizione mal leggibile sul fastoso portale d'ingresso sopra descritto, come luogo di riunione dell'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione, destinata ai nobili della città. Il locale dell'oratorio è diviso da una sorta di arco trionfale che delimita l'area presbiteriale dall'area destinata ai fedeli: su quest'arco nel 2003 sono stati dipinti in due tavolette ovoidali un'immagine dell'Immacolata Concezione e lo stemma dell'arciconfraternita.
L'altare dell'oratorio è opera dello scultore messinese Pietro Barbalonga, al quale si deve la realizzazione delle paraste di ordine ionico e della piccola statua marmorea della Madonna col Bambino (detta "del pane") posta sopra l'architrave: quest'ultima però sarebbe attribuibile anche ad un anonimo artista calabrese del Trecento. Al centro dell'altare è collocata la "Natività di Nostro Signore", pala d'altare marmorea attribuita da Alessandro Tedesco a Pietro Bernini e da Alfonso Frangipane ed Enzo Fera a Rinaldo Bonanno: quel che è certo è che si tratta di un'opera del XVI secolo. Ai lati dell'altare, in due nicchie, è stato collocato il dittico marmoreo dell'Annunciazione di Francesco di Cristofano da Milano, commissionato nel 1491 dai frati.
Presso l'altare si conserva ancora un piccolo frammento dell'antico pavimento dell'oratorio e dell'intero complesso di San Bernardino, in ciottoli di mare bianchi e neri. Sempre sotto l'altare attraverso una botola si accede alla cripta dell'oratorio, che si estende sotto lo stesso per tutta la sua lunghezza. Lungo la navata sono apposti gli stemmi delle famiglie nobiliari amanteote storicamente membri dell'arciconfraternita: nel 2000 le famiglie rappresentate nell'arciconfraternita erano quelle degli Amato, dei Carratelli, dei Cavallo, dei Cavallo Marcello, dei Cavallo Marincola, dei Di Lauro, dei Mileti e dei Mirabelli Centurione.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Bernardino_da_Siena_(Amantea)