La chiesa di San Bernardino da Siena è un luogo di culto cattolico del comune italiano di Amantea, in provincia di Cosenza in Calabria. È situata a 34 metri sul livello del mare, nell'omonima via della cittadina tirrenica.
La chiesa, risalente alla prima metà del Quattrocento e dichiarata monumento nazionale, è affiancata da un altro luogo di culto più piccolo un tempo sede dell'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione, l'oratorio dei Nobili, e dal convento dei frati minori osservanti, fondato nel 1436 e nuovamente occupato dai frati a partire dal 1995, dopo la loro ultima partenza dall'edificio avvenuta nel 1861.
La fondazione del convento amanteota dei frati minori osservanti in contrada Rota fu autorizzata da papa Eugenio IV con il Breve apostolico dato in Bologna il 24 settembre 1436: probabilmente il papa si interessò della questione, di carattere meramente locale, grazie all'intervento del suo cameriere privato, il nobile amanteota Giovanni Cozza. I minori osservanti si erano già installati in altre località della Calabria, dove l'ordine era stato portato dal beato Tommaso Bellacci da Firenze: a Tropea e Cosenza nel 1421, a Mesoraca nel 1428, a Reggio Calabria nel 1431, a Cinquefrondi nello stesso 1436 di Amantea.
In tutti questi casi, i minori osservanti avevano occupato luoghi di culto abbandonati da altri ordini religiosi: ciò avvenne probabilmente anche ad Amantea. Infatti il Breve apostolico firmato da Eugenio IV parla, come notato dallo studioso Francesco Samà, di una "licentia acceptandi" ("permesso di accettare") il convento, ovvero un convento probabilmente già esisteva e non bisognava costruirlo, poiché l'Università ed i cittadini di Amantea avevano offerto quei locali abbandonati agli osservanti. Inoltre, la vecchia campana della chiesa, conservata attualmente nel chiostro del convento, riporta un'iscrizione che data la prima fusione della stessa al 1404. Infine, lo studioso Alessandro Tedesco ha individuato in un atto notarile riguardante la realizzazione del dittico marmoreo per l'oratorio dei Nobili, datato 1491, la testimonianza che circa sessant'anni dopo l'installazione degli osservanti nel convento e la conseguente intitolazione della chiesa a san Bernardino da Siena, la popolazione continuava a chiamare la chiesa con l'antica denominazione di "monasterium Sancti Francisci de Amantea". Da tutto ciò, si deduce che i primi occupanti del convento erano stati alcuni frati minori conventuali che avevano abbandonato il convento francescano sito nel quartiere Catocastro ai piedi del castello di Amantea presso la chiesa di San Francesco d'Assisi, oggi in rovina.
Nel Quattrocento il convento fu oggetto di alcune visite illustri: infatti vi soggiornarono san Francesco di Paola, il minore osservante cosentino padre Antonio Scozzetta, morto ad Amantea in odor di santità, il vicario generale dei minori osservanti Pietro di Napoli ed il duca di Calabria Alfonso II di Napoli.
Nel 1581 venne fondata l'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione, una confraternita riservata ai soli nobili della città: i ceti più bassi ed i marinai, invece, si radunavano nella confraternita del Santissimo Rosario. L'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione scelse come propria sede la chiesa di San Bernardino, ed a partire dal 1592 iniziò la costruzione dell'oratorio dei Nobili. Questo oratorio fu realizzato nel sito della cappella di giuspatronato della famiglia Cavallo, di recente imparentatasi con un'altra nobile famiglia amanteota, i Baldacchini, attraverso il matrimonio tra Giacomo Cavallo e Prudenza Baldacchini: furono proprio questi coniugi a commissionare, nel 1608, il proprio sepolcro da collocare nell'oratorio allo scultore messinese Pietro Barbalonga. Il Barbalonga fu richiamato all'oratorio dei Nobili nel 1619, quando il primo rettore dell'arciconfraternita, il nobile amanteota Fabrizio Mirabelli, gli commissionò il sepolcro di famiglia.
Il terremoto del 1638 danneggiò gravemente la chiesa, determinando il crollo del campanile, che fu in seguito a più riprese ricostruito e danneggiato da altri terremoti. Dopo la peste del 1656, l'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione intraprese nuovi lavori nell'oratorio dei Nobili, ed i minori osservanti incominciarono a vendere lo spazio per singole sepolture o fosse familiari sotto il pavimento della chiesa, allo scopo evidente di "fare cassa" per il mantenimento del convento. Tra gli altri personaggi che furono sepolti nella chiesa ci furono il governatore di Amantea Giacinto Santucci († 1664), i castellani Antonio Spiriti († 1769), Pasquale Gabriele († 1787), Giuseppe Poerio († 1801), il soldato Casimiro Belluomo († 1785), il medico Ignazio de Fazio ed i suoi eredi e successori (dietro pagamento di un canone annuo di 10 carlini come stabilito nel 1672), il sacerdote Giovanni Battista Posa (dietro pagamento di 8 ducati come stabilito nel 1676), il nobile amanteota vescovo di Termoli Antonio Mirabelli († 1688).
Il terremoto del 1783 danneggiò gravemente la chiesa facendo crollare il campanile, ricostruito dopo il precedente sisma del 1638, e parte del portico d'ingresso.
Durante l'assedio di Amantea del 1806-1807 ad opera dell'esercito francese comandato dai generali Guillaume Philibert Duhesme, Jean Reynier e Jean Antoine Verdier, gli assedianti si accamparono presso San Bernardino, sito fuori le mura cittadine, bombardando da questa piazza il castello di Amantea, che capitolò solo il 7 febbraio 1807, dopo due mesi di assedio.
Il convento, saccheggiato dai soldati francesi e svuotato dei frati, fu chiuso ufficialmente il 7 agosto 1809, dopo l'approvazione delle leggi eversive dei beni ecclesiastici nel Regno di Napoli. La proprietà dell'immobile passò al demanio, che affittò la chiesa ed il convento al nobile amanteota Giulio Sacchi il 5 settembre 1812, dietro pagamento del canone annuo di 42.97 ducati (ma il valore stimato del complesso ammontava a quasi 5000 ducati). Il Sacchi trasformò il convento nel proprio palazzo anche se ben presto, dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte, il congresso di Vienna, la fucilazione di Gioacchino Murat a Pizzo Calabro il 13 ottobre 1815 ed il ritorno di Ferdinando II di Borbone a Napoli, i frati minori osservanti tornarono in possesso del convento, ma solo per cedere la proprietà dello stabile e della chiesa alla diocesi di Tropea, che chiamò ad occuparlo la Congregazione del Santissimo Redentore, comunemente chiamata dei "redentoristi" o "liguorini": questi occuparono il convento l'11 febbraio 1833.
I "liguorini" non furono ben accetti dalla popolazione amanteota, anche perché non erano in condizione di abitare stabilmente il convento, anche perché l'edificio era ormai in via di crollo: nel 1843 iniziò addirittura una controversia tra i religiosi ed il Decurionato di Amantea in merito ad un corso d'acqua a carattere torrentizio che, a causa dell'inadempienza dell'amministrazione, aveva invaso le terre dei religiosi. Così già nel 1842 l'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione manifestò il desiderio di acquistare il convento per destinarlo nuovamente a residenza dei frati minori osservanti, desiderio messo in atto solo nel 1847: del resto già gli stessi "liguorini" nel 1845 convennero che era meglio riaprire il convento dei minori osservanti, data la loro impossibilità a presidiare il convento ed il danno che ne riceveva la comunità cristiana amanteota.
Nel 1851-1852 erano stati eseguiti dall'arciconfraternita alcuni necessari lavori di restauro alla chiesa, per un costo totale di 1366 ducati, e nel 1854 alcuni locali del convento furono affittati a famiglie private, mentre gran parte del fabbricato rimaneva in restauro. Nell'Ottocento venne anche costruito un auditorium sopra la navata sinistra, ad uso di sala di riunione e luogo di concerti. Ferdinando II di Borbone autorizzò la riapertura del convento dei frati minori osservanti il 10 agosto 1855, ed il 7 novembre di quello stesso anno venne siglato l'atto notarile che prevedeva che l'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione versasse per l'affitto del convento e della chiesa 25 ducati ai "liguorini" e che gli osservanti versassero la stessa somma all'arciconfraternita.
Il convento venne definitivamente chiuso dopo l'Unità d'Italia in conseguenza del regio decreto legge eversivo dei beni ecclesiastici emanato il 12 febbraio 1861. Sebbene nel 1862 il prefetto di Cosenza avesse autorizzato i frati a rientrare a San Bernardino, essi non accolsero l'invito, probabilmente per scarsezza di individui, come era accaduto anche in altri conventi della provincia. L'edificio tornò proprietà del demanio, e fu danneggiato dal terremoto del 1905, il sisma che ebbe epicentro presso il Monte Poro nell'attuale provincia di Vibo Valentia in occasione del quale si è registrato il più alto valore strumentale della magnitudo mai riscontrato in Italia: a San Bernardino i danni si limitarono al crollo della sommità del campanile e del tetto della prima campata della chiesa.
L'attuale aspetto della chiesa è in larga parte dovuto agli interventi diretti da Gilberto Martelli nel 1953, che previdero il ripristino dell'antica ed essenziale architettura gotica a scapito degli altari marmorei barocchi posti nelle cappelle laterali, ed all'esterno la risistemazione del portico d'ingresso.
Questi interventi furono consolidati e rinnovati dagli ultimi restauri subiti dalla chiesa, all'inizio degli anno novanta, con la ripavimentazione dell'intero complesso in mattonelle quadrate di terracotta e la realizzazione degli impianti elettrici e d'illuminazione. Nel 1995 infatti i frati minori osservanti tornarono ad Amantea, dopo oltre un secolo di assenza.
Se la chiesa, dipendente dalla parrocchia della collegiata di San Biagio, fu sempre officiata, nonostante le cattive condizioni del campanile e le copiose infiltrazioni d'acqua nella parete sud, il convento fu adibito a diversi usi: prima sede di alcuni uffici comunali, dell'archivio comunale e scuola secondaria di primo grado, poi centro di igiene mentale ed in seguito sede dell'azienda sanitaria locale, solo dopo i summenzionati lavoro dei primi anni novanta è stato ripristinato ed adibito alla sua funzione originaria.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Bernardino_da_Siena_(Amantea)