Struttura architettonica suggestiva e singolarissima, rappresenta una mirabile fusione del concetto originale di una chiesa dalla pianta a croce greca, tipologia planimetrica di origine bizantina, già presente in zona nella Cattedrale di San Ciriaco di Ancona, con la forma classica della basilica latina e con lo schema di una "chiesa a cappelle parallele", con cinque navate, di cui le due più estreme, a destra e a sinistra dell’altare maggiore, di lunghezza molto ridotta rispetto alle altre e concluse da absidi semicircolari.
La navata centrale è più ampia e termina anch'essa in un’abside semicircolare; al centro essa è interrotta da una campata più lunga, corrispondente al vano del tiburio, l’elemento architettonico che fascia la cupola. La pianta del sacro edificio, variando le dimensioni, è pressoché identica a quella della Chiesa dell'Abbazia di Cerisy-la-Forêt in Francia. In una pianta della chiesa di Santa Maria pubblicata nel 1929 si notava un corpo di fabbrica che è oggi scomparso.
Le mura esterne della chiesa sono in pietra bianca del Conero, impreziosite da elementi dello stile romanico lombardo (lesene e archetti pensili).
Notevoli nell’edificio sono l’originalità, la grande armonia delle proporzioni delle parti dove simmetria e asimmetria convivono quasi magicamente, come emerge da tanti particolari piccoli e grandi. L’andamento longitudinale della chiesa è esaltato dalla presenza delle due piccole absidi che richiamano quella principale, mentre la pianta centrale è sottolineata, all’incrocio delle navate, da una cupola ellittica, di ispirazione bizantino.
Quest’ultima si erge all'esterno su un tamburo quadrato, che nel suo sviluppo in altezza si trasforma in una sorta di torre ottagonale. Illuminata all’interno da quattro coppie di bifore, la cupola è ornata nei pennacchi da una decorazione a mensola, tipo quella a ghiera dentata, con quattro nicchie, che probabilmente un tempo ospitavano statue.
Le finestre, presenti lungo tutto il perimetro dell’edificio, sono costituite, a differenza delle aperture nella cupola, da serrate monofore a strombatura doppia; va rilevato che le finestre delle due navatelle di sinistra e di destra non sono state aperte al centro dell’abside, ma rispettivamente più verso sinistra l’una e più verso destra l’altra: questo per ottimizzare il passaggio della luce, sfruttando al massimo questa fonte d'illuminazione.
La combinazione dell'ingresso della luce consentito dall’alto dalle aperture nella cupola e nel tamburo, con quello dalle finestre cambia addirittura la percezione visiva delle dimensioni della chiesa, dando l’impressione di trovarsi all’interno di un edificio di proporzioni assai maggiori, come ebbe a rilevare l’ing. Costantino Costantini, il quale riteneva mirabile che, con grande semplicità di mezzi, si fossero potuti ottenere effetti potentissimi, come appunto quello che la Chiesa compaia assai più grande di quanto in realtà non sia. Infatti, le dimensioni reali sono complessivamente di un'area di meno di 250 m², con 26,63 m. di lunghezza e 18,93 m. di larghezza; in così poco spazio sono collocate 5 navate parallele, che si restringono dal mezzo verso i lati, divise da 12 colonne e dai quattro pilastri che sostengono la cupola originale, che sorge dal centro come una torre, di cui all'esterno ha tutta l'apparenza. A dare ulteriore luce all'interno della chiesa, nella facciata è stata aperta una finestra quadrangolare dai vetri piombati, come quelli di tutte le altre finestre.
Tranne la porta principale, le porte sono aperte oggi solo a sinistra, sul lato verso il mare, mentre nella navatella di destra, di costruzione successiva a quella della chiesa, solo dall’interno è possibile dedurre, dalla diversa muratura con un architrave in legno che chiude un passaggio, la presenza di una precedente apertura ora murata, simmetrica a quella tuttora esistente a sinistra. Appoggiata alla originaria apertura della porta, vi è una nicchia aperta e priva oggi di qualunque immagine. È probabile che questa nicchia, incorniciata di pietra bianca, contenesse l’immagine della Vergine o di un venerato santo, voluto come ex voto, caso non inconsueto sia nelle Marche (vedi il caso della Basilica di Santa Maria a piè di Chienti a Montecosaro, in prossimità dell’altare superiore), che in tante altre realtà disseminate nel ricchissimo territorio italiano.
La navata centrale è coperta da una volta a botte, mentre le altre navate presentano voltature a crociera; il vestibolo è di edificazione successiva al corpo di fabbrica originario. Particolare è la conformazione dei capitelli, sia di quelli delle colonne delle navate che di quelli delle semicolonne pensili, che potrebbero essere schematici discendenti della famiglia detta "a foglie d’acqua” alla quale appartengono i capitelli presenti nella cripta della Chiesa di Sant'Eusebio di Pavia. Sui capitelli delle semicolonne pensili appaiono alcuni simboli.
Cosa singolarissima, il pavimento interno è rimasto quello originale, costituito da un sobrio disegno geometrico realizzato con pietre color giallo-ocra alternate con elementi in cotto rosso, che, per contrasto con il bianco della pietra del Conero del resto dell'edificio, determina un effetto cromatico di rilevante intensità.
L’altare maggiore, in semplice pietra, conserva per le celebrazioni liturgiche l’orientamento verso l’abside tipico del rito preconciliare. La pietra d’altare originale, salvata dalla distruzione all'epoca della costruzione del vicino Fortino napoleonico, per il quale vennero utilizzati anche blocchi di pietra provenienti dalle rovine del monastero benedettino, fu portata nella Cattedrale di San Ciriaco di Ancona. Secondo quanto riferisce lo storico anconetano Vincenzo Pirani, la pietra d’altare fu collocata nel Museo della Cattedrale, dove andò distrutta nel corso dei bombardamenti alleati del 1943, che colpirono duramente anche il Duomo della città dorica.
In passato, sopra l’altare era collocata una raffigurazione della Madonna, molto venerata, che venne ritrovata in pessime condizioni da un contadino nel bosco presso la chiesa, dove era stata gettata chissà a seguito di quale furia vandalica, presumibilmente intorno agli anni 1840. Il devoto contadino, restato anonimo, fece in modo che questa tela venisse restaurata. Essa può essere ora ammirata nella Chiesa di San Biagio al Poggio di Ancona.
Dal 1938 quest'antica immagine sacra è stata sostituita nella chiesa di Santa Maria di Portonovo da un'icona moderna di ispirazione bizantina, raffigurante “Santa Maria Stella del Mare”, ritratta secondo la classica iconografia della Madonna di Vladimir, detta anche "Madre di Dio della tenerezza", opera di Gregorio Maltzeff, artista russo cattolico, che la realizzò, dopo il 1933, per conto della famiglia romana del marchese Fumasoni Biondi, che poi la donò alla chiesa.
Nel maggio 1980 questa icona suscitò lo stupore e l'ammirazione del grande regista cinematografico russo Andrej Arsen'evič Tarkovskij, incredulo di aver trovato un'icona ortodossa in una chiesa cattolica. Nel marzo del 1982 il regista russo tornò a Portonovo per rendere omaggio alla “sua” Madonna di Vladimir.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Maria_di_Portonovo