La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio è un luogo di culto cattolico della città di Ascoli Piceno.
Si affaccia con il suo prospetto principale su un lato della Piazza Ventidio Basso, fulcro delle attività commerciali durante tutto il Medioevo. Costruita seguendo i canoni dell'architettura delle chiese romaniche locali è stata, successivamente, connotata da caratteristiche gotiche nel XIV secolo. È nota per essere annoverata tra le costruzioni religiose più antiche ed artisticamente significative della città e di «grande importanza per l'archeologia cristiana». È dedicata ai santi Vincenzo di Saragozza ed Anastasio il Persiano ed appartiene alla competenza territoriale della parrocchia della chiesa di San Pietro Martire.
Le sue linee architettoniche la distinguono da ogni altro edificio sacro ascolano. Per la caratteristica decorazione a riquadri della facciata è accomunata nello stile al duomo di Assisi, alla chiesa di San Pietro di Spoleto ed a quella di Santa Giusta fuori le mura di Bazzano.
Compare classificata nell'elenco dei monumenti nazionali d'Italia dall'anno 1902.
Il silenzio delle fonti documentali non consente di individuare ed indicare una precisa data di costruzione e, come ricorda Antonio Salvi, s'ignorano «quasi totalmente le vicende storiche ed artistiche più antiche».
La chiesa, nella sua forma attuale, risulta essere l'esito di opere, restauri ed elaborazioni architettoniche sviluppate ed aggiunte durante il corso di almeno seicento anni e concluse nell'anno 1389.
Alcuni studiosi riconoscono la nascita della fabbrica sulla preesistente presenza di un basso oratorio, semi-sotterraneo, risalente al IV-VI secolo, costruito dai cristiani come luogo di culto per l'amministrazione del battesimo. Cesare Mariotti la descrive «sorta molto umilmente» «nel IX secolo» ed Enrico Cesari ipotizza che potrebbe trattarsi «forse anche dell'VIII». A quel periodo risalgono le modifiche apportate alla cripta cui si volle sovrapporre una piccola e «modesta chiesetta». In seguito furono aggiunti: l'abside, la torre campanaria, il portale con il gruppo scultoreo e le navate laterali.
Nelle sue Memorie Ascolane, Niccolò Marcucci scrive che nel corso del XIII secolo, nell'anno 1275, «la chiesa parrocchiale di Sant'Anastasio fosse Collegiata e che offiziavano per Priore D. Nicola di Nicola con altri sacerdoti cioè D. Bonaventura di Tomaso, D. Pietro di Gualtiero di Ugone, D. Matteo di Angelo. ecc., e vi serviva per chierico Cabalisco di Giovanni.»
Nell'anno 1288, «Bonaventura magistri Thome clerico» con «Nicolao Nicole priore» della chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio è menzionato in qualità di partecipante all'atto di inventario dei beni «Iorgutii (Georgutii) Simonicti de Monte Passillo».
Il canonico Pietro Capponi, mentre delinea la figura di Bernardo I, secondo Vescovo-conte di Ascoli, nominato da papa Benedetto IX nel 1036, riferisce che «nello stesso anno venne ingrandita la chiesa dei SS. Vincenzo ed Anastasio in città, e vi fu fatta la facciata come rilevasi dall'iscrizione che si legge intorno al timpano della porta in caratteri gotici.»
Antonio De Santis la annovera tra le 15 parrocchie registrate nella rassegna del catasto ascolano del XIV secolo. Nelle carte è citata con la denominazione di «Ecclesia S. Anastaxi». Al tempo aveva in annessione la chiesa parrocchiale indicata con il nome di «Santa Maria di Poggio da Capo». Sebbene quest'ultima chiesa nei documenti fosse nominata come «Sanctae Mariae de Podio Brietae» ossia «Santa Maria di Poggio di Bretta», l'autore dimostra che non può trattarsi del paese di Poggio di Bretta perché la parrocchiale è dedicata San Giovanni Battista, mentre quella di Poggio da Capo è intitolata all'Assunta. Quest'ultimo storico ritiene che la chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio sia stata eretta sulla precedente costruzione di un tempio pagano. In seguito la chiesa conobbe un periodo di «decadenza» ed «abbandono» e la cripta, nata come oratorio, divenne una fossa per le sepolture.
Sebastiano Andreantonelli, vissuto tra il XVI ed il XVII secolo, nel Liber Vnicus Asculanae Ecclesiae o Libro V della Storia di Ascoli, la nomina con l'intitolazione ai santi Anastasio e Silvestro. L'attribuzione a san Silvestro, assegnata da questo storico, potrebbe rappresentare il riferimento al santo cui è dedicata la cripta ipogea. La classifica come la terza chiesa ascolana, custode di molte reliquie, antica Collegiata condotta da un priore e due chiericati, in cui vi era una confraternita della Disciplina di Nostro Signore Gesù Cristo.
Nell'anno 1576, come ricorda Giuseppe Fabiani, le pareti della chiesa non erano intonacate. Venanzo Perfetti di Camerino, priore della chiesa, incariò il maestro Giovanni Angelo di Marco di Bonera per eseguire un lavoro di rivestimento d'intonaco sulle mura pattuendo un «compenso di 4 bolognini e mezzo per ogni passo». Il lavoro del maestro consisteva nel «diligentem scalcinare, implastare seu intondicare ed deinde dealbare ac dare pezzam post intondicationem factam». Fabiani si sofferma sull'atto dello scalcinare e considera che questo intervento potrebbe aver cancellato e rimosso gli affreschi parietali allora presenti.
Dal 1856 fu dimenticata e chiusa al culto a causa delle precarie condizioni statiche in cui versava. Nel 1897 l'Ufficio regionale per la Conservazione dei monumenti, diretto dall'architetto Giuseppe Sacconi, ritenne di disporre l'intervento di urgenti opere risarcitorie per evitare l'intera rovina del fabbricato. La direzione dei lavori fu affidata all'ingegnere ascolano Enrico Cesari che seguì la reintegrazione del tetto, la demolizione dei soffitti diroccati, la rimozione delle ossa dei defunti che occupavano la cripta ed, infine, la captazione dell'acqua sorgiva che provocava l'allagamento degli ambienti sotterranei.
La scarsità documentale pervenuta sulla storia della chiesa rende possibile la sola ricostruzione temporale degli eventi legati allo studio di due epigrafi.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_dei_Santi_Vincenzo_e_Anastasio_(Ascoli_Piceno)