Il museo diocesano di arte sacra di Ascoli Piceno ha sede nell'ala destra del palazzo dell'Episcopio in piazza Arringo, dove si trovano anche la pinacoteca civica e il museo archeologico statale. Creato con lo scopo di riunire e conservare la maggior parte delle opere appartenenti al patrimonio artistico della diocesi ascolana fu inaugurato nell'anno 1961 dal vescovo Marcello Morgante. Il suo spazio espositivo si compone di sette ambienti che ospitano sculture lignee e in pietra, dipinti su tela e su tavola, argenteria sacra e arredi realizzati dalle scuole minori della città che ebbero un notevole sviluppo nel 1400, oltre a manufatti di arte fiorentina del XVI secolo. Molti degli oggetti provengono direttamente dalla città di Ascoli, mentre altri sono stati recuperati nel territorio diocesano. L'intera raccolta si compone di opere realizzate dal XIII – XIV secolo fino ai nostri giorni.
In seguito al restauro del complesso dei palazzi vescovili, il museo, negli anni 2018 - 2019, è stato profondamente ampliato nel suo percorso espositivo e negli oggetti esposti, includendo nel percorso di visita anche il Salone di Mosè del Palazzo Roverella. Tuttavia allo stato attuale (2021) esso non è stato ancora riaperto al pubblico.
L'artista la realizzò nell'anno 1482 quando papa Sisto IV concesse alla città di Ascoli la «libertas ecclesiastica». Sul basamento ottagonale della statua si legge: «Ex quo libertas porta est asculea cumque iustitia rutilans ensis in urbe sumptibus hoc sacre residentum atque ere catedre Petri et Francisci celte refulget opus». Nell'iscrizione compaiono sia il nome di Pietro sia quello di Francesco, riferibili al Vannini e a Francesco di Paolino da Offida, ma è da ritenersi che solo il Vannini fu l'autore dell'effigie. La statua è alta 152 cm, ottenuta da una fusione di argento e lavorata a sbalzo. Raffigura il santo patrono ascolano vestito con abito pontificale in atteggiamento benedicente mentre stringe nella mano sinistra il pastorale liturgico. Quest'ultimo fu aggiunto e realizzato postumo alla fusione, nel XVII secolo, e donato dal cardinale Bernerio come ricorda lo stemma riportato sulla parte terminale dell'asta. L'opera, scrive Luigi Serra, è considerata una delle migliori del periodo quattrocentesco per la «vivacità espressiva nel volto e nel gesto». Le pieghe plastiche del panneggio dell'abito sono particolarmente curate, la mitria, nella porzione frontale, reca incise sei formelle ovali cesellate di cui quattro riportano le immagini dei santi della chiesa ascolana. La stola e il piviale, lungo i loro orli, sono riccamente intessuti da rilievi, la lavorazione del cappuccio è decorata da motivi floreali. Il tondo fermaglio del piviale, centrato all'interno di un perimetro stellato, riporta inciso il momento in cui il papa Marcello I consacra vescovo il patrono ascolano. Questa statua, il braccio reliquiario e la pietra di decollazione, conservata presso il tempietto di Sant'Emidio Rosso, sono tra le icone più venerate dai fedeli della città di Ascoli.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_diocesano_(Ascoli_Piceno)