La torre della Garisenda è una delle cosiddette due torri di Bologna, simbolo della città, situate in piazza di porta Ravegnana, all'incrocio tra le antiche strade San Donato (ora via Zamboni), San Vitale, Maggiore, Santo Stefano e Castiglione.
Città «turrita» per eccellenza, in epoca medievale il panorama urbano di Bologna era costellato di circa centocinquanta torri, le quali erano funzionali non solo dal punto di vista strategico e militare, bensì anche per ribadire in senso architettonico il prestigio delle rispettive famiglie proprietarie. Tra le torri più caratterizzanti di questo tessuto urbanistico vi era indubbiamente la torre della Garisenda, edificata in muratura intorno al 1109 dai Garisendi (prosperosa famiglia di cambiatori di fede ghibellina). In origine la torre aveva un'altezza originaria di sessanta metri, poi ridotta a quarantotto dal despota Giovanni Visconti in seguito ai cedimenti strutturali che avevano iniziato a manifestarsi in maniera precoce e intensa nei terreni di fondazione, caratterizzati da scarse capacità meccaniche e portanti. Per il medesimo motivo l'inclinazione dell'intera struttura subì un deciso incremento, con una sporgenza del vertice pari a 3,22 metri e un angolo di 4°.
Seppur adombrata dalla maggiore altezza della vicina e coeva torre degli Asinelli, la Garisenda suscitò un'ampia eco letteraria, tale da esser menzionata varie volte dal giovane Dante Alighieri, in transito a Bologna varie volte nella sua vita. Il Sommo, infatti, poetò sulla torre in ben due occasioni: la prima nella Commedia, nella quale viene usata come metro di paragone per il gigante Anteo colto nel torreggiante atto di chinarsi in alcuni versi ricordati anche in un'epigrafe posta sulla torre stessa, e la seconda in un sonetto dove il poeta esprime il proprio rammarico per esser stato assorto nell'esclusiva visione della Garisenda, dimentico de «la maggior de la qual si favelli» (che si pensa essere proprio la torre degli Asinelli o, più maliziosamente, un'avvenente donna, forse la stessa Beatrice).
Dopo esser stata «mutilata» di ben dodici metri, la torre subì alterne vicende: acquistata dalla potente Corporazione dei Drappieri, avente sede nel vicino palazzo Strozzaroli, la Torre nel corso dei secoli iniziò ad essere occultata parzialmente da varie costruzioni erette lì intorno, fra cui edifici a carattere commerciale e una chiesetta intitolata a Santa Maria delle Grazie (1710): tali strutture, dallo spiccato carattere superfetativo e turbativo dell'immagine architettonica globale della Garisenda, furono demolite nel tardo XIX secolo, periodo in cui fu anche aggiunto un rivestimento basamentale in bugne di selenite. Fu inoltre sempre nell'Ottocento, in piena era napoleonica, che la Torre passò dall'Arte dei Drappieri alla famiglia Ranuzzi, per poi pervenire ai Malvezzi Campeggi, a Raimondo Franchetti il 27 agosto 1904 e, infine, al comune di Bologna, sotto la cui tutela è posta tutt'oggi.