La Certosa di Pavia Gra-Car (Gratiarum Carthusia - Monastero di Santa Maria delle Grazie) è un complesso monumentale storico che comprende un monastero e un santuario. Si trova nel comune omonimo di Certosa di Pavia, località distante circa otto chilometri a nord del capoluogo di provincia.
Edificato alla fine del XIV secolo per volere di Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano, in adempimento al voto della consorte Caterina dell'8 gennaio 1390, e come mausoleo sepolcrale della dinastia milanese, e completato entro la fine del 1400 in circa 50 anni, assomma in sé diversi stili, dal tardo-gotico italiano al rinascimentale, e vanta apporti architetturali e artistici di diversi maestri del tempo, da Bernardo da Venezia, il suo progettista originario, a Giovanni Solari e suo figlio Guiniforte, Giovanni Antonio Amadeo, Cristoforo Lombardo e altri.
Originariamente affidato alla comunità certosina, poi quella cistercense e, per un breve periodo, anche quella benedettina, dopo l'unificazione del Regno d'Italia, la Certosa fu dichiarata nel 1866 monumento nazionale e acquisita tra le proprietà del demanio dello Stato italiano, così come tutti i beni artistici ed ecclesiastici in essa contenuti; dal 1968 ospita una piccola comunità monastica cistercense.
Altri edifici che fanno parte del complesso monumentale ospitano la sede del Museo della Certosa di Pavia e la locale stazione dei Carabinieri.
La costruzione della Certosa di Pavia fu iniziata da Gian Galeazzo Visconti, Duca di Milano, che il 27 agosto 1396 poneva la prima pietra della Certosa. Dopo l'investitura a Duca, pagata diecimila fiorini all'imperatore Venceslao nel 1395, e l'impulso dato nel 1385 alla costruzione del Duomo di Milano, anche l'erezione di questo monumento per cui il Visconti avrebbe speso somme ingentissime rappresentava uno strumento di autorità e prestigio che gareggiava con le altre corti italiane del tempo. In esso avrebbe dovuto essere collocata anche la tomba monumentale del Duca, per la quale lasciò precise disposizioni testamentarie solo in parte adempiute quasi un secolo dopo la sua morte.
Il monastero sorge a margine dell'antica strada romana che collegava Pavia (Ticinum) a Milano, una zona molto fertile, attraversata da numerosi canali e corsi d'acqua, ricca di insediamenti, mulini, aziende agricole fortificate e castelli. Dopo la conquista viscontea di Pavia (1359), la costruzione del castello visconteo, dove Galeazzo II trasferì la sua corte, e la creazione del grande parco visconteo a nord della città, stravolsero profondamente l'assetto dell'area, alcuni castelli vennero espropriati dai Visconti e demoliti e anche l'antica strada romana fu deviata. In origine la posizione del monastero coincideva con il margine nord del Parco Visconteo del Castello di Pavia, di cui oggi resta solo una traccia nel Parco della Vernavola, a nord di Pavia, che non è più collegato al castello e alla Certosa. È possibile osservare la rappresentazione di questo parco sul bassorilievo "Consacrazione della Certosa" posto nel portale d'ingresso della chiesa della Certosa dove si vedono i confini delimitati dalle mura, i boschi, i corsi d'acqua e gli edifici (tra i quali sono riconoscibili i castelli di Mirabello e di Pavia).
La posizione era strategica: a metà strada tra Milano, capitale del ducato, e Pavia, la seconda città per importanza, dove il duca era cresciuto e dove aveva sede la corte, nel castello visconteo. Il luogo scelto per la fondazione era un bosco all'estremo nord dell'antico parco visconteo, un'area recintata che aveva un'estensione di circa 22 km², che collegava il Castello Visconteo di Pavia alla zona adibita alla caccia riservata ai signori della Lombardia.
La costruzione realizzava un progetto che derivava dal voto emesso sotto forma di testamento nell'anno 1390 dalla seconda moglie di Gian Galeazzo, Caterina Visconti, figlia di Bernabò Visconti e di Regina della Scala. La prima gravidanza di Caterina Visconti era andata male: una figlia era nata e morta nel giugno 1385. La coppia fece voto alla Madonna di dare ad ogni figlio nato il secondo nome "Maria". Nel 1388 nacque Giovanni Maria che sopravvisse. All'approssimarsi di un nuovo parto l'8 gennaio 1390 Caterina fece voto di costruire una Certosa presso Pavia se fosse sopravvissuta alla nuova per lei terribile esperienza. Nacque un bambino che però morì, ma Caterina si salvò e mantenne il voto. Successivamente, nel 1392, nacque un nuovo figlio maschio, Filippo Maria.
Questa precisa informazione ci giunge da Bernardino Corio che nel suo L'Historia di Milano del 1503, scriveva: «et giunto l'anno mille trecento novanta a punto, a gli otto di genaro, Caterina mogliera di Giovan Galeazzo, Conte di Virtù, votandosi sotto forma di testamento, ordinò che in una Villa del Pavese, dove spesse volte andava, si dovesse fabricare un monasterio di Certosini con dodici frati, et in caso di parto morendo, pregò il marito che volesse adempire tali ordinationi raccomandandogli la sua famiglia specialmente i fratelli et le sue sorelle».
Il progetto di costruzione della Certosa fu affidato a Bernardo da Venezia e Cristoforo da Conigo, che presiedettero ai lavori fino alla morte del duca Gian Galeazzo, sopraggiunta nel 1402. La cerimonia della "posa della prima pietra" fu celebrata solennemente alla presenza del Duca e di molti professori e studenti dell'Università di Pavia il 27 agosto 1396. A sorvegliare i lavori venne chiamato Bartolomeo Serafini, che fu priore della certosa dal 1398 al 1409.
Durante la prima fase dei lavori, i monaci risiedettero nell'antico castello di Torre del Mangano e nel Castello di Carpiano (o Grangia), uno dei tanti territori lasciati ai monaci da Gian Galeazzo, per poi occupare gli ambienti conventuali, i primi ad essere edificati. Gian Galeazzo Visconti donò alla Chiesa anche le cittadine di Binasco, Magenta, Boffalora e San Colombano, nel 1397 anche Selvanesco e Marcignago, e nel 1400 anche Vigano
Secondo l'ipotesi di Luca Beltrami i primi sostegni dei chiostri, in attesa di più dignitose soluzioni architettoniche, furono piloni quadrati in laterizio. Le funzioni religiose venivano provvisoriamente celebrate nel refettorio, l'unico ambiente dalle dimensioni adatte per accogliere l'intera comunità dei Certosini, fatta di monaci e fratelli conversi.
Con la morte del duca del 1402 i lavori si arrestarono. Nel 1412, il secondo figlio di Gian Galeazzo e successore del ducato, Filippo Maria Visconti, dette nuovo impulso alla costruzione affidando i lavori a Giovanni Solari che vi lavorò dal 1428 al 1462, anche dopo la morte di Filippo Maria (1447) e la conquista del ducato da parte di Francesco Sforza (1450). Nel 1434 e nel 1454 furono costruiti il vestibolo interno e il secondo vestibolo, rispettivamente. I lavori passarono quindi al figlio dell'architetto, Guiniforte Solari che vi lavorò fino al 1481. In seguito, Giovanni Antonio Amadeo li continuò tra il 1481 e il 1499, sotto il Duca Ludovico il Moro.
La chiesa, destinata a divenire mausoleo dinastico dei Duchi di Milano, era stata progettata sin dall'inizio con dimensioni superiori a quelle che erano state sinora realizzate, con una struttura a tre navate, che non era mai stata utilizzata dall'Ordine Certosino e fu edificata per ultima rispetto alle altre strutture della Certosa. La navata fu progettata in stile gotico, e la sua costruzione fu completata nel 1465. Tuttavia, l'influenza del primo Rinascimento era divenuta importante in Italia e quindi Guiniforte Solari, che guidò i lavori tra il 1462 e il 1481, dette un'impronta più rinascimentale al resto della chiesa, con le sue gallerie ad archi e i pinnacoli (inclusa la piccola cupola), con dettagli in terracotta. Anche i chiostri furono riprogettati. Il chostro grande ebbe la sistemazione definitiva nel 1472.
Il 1º marzo 1474, un imponente corteo di oltre quattromila persone, fra cui religiosi, ambasciatori, nobili, professori e popolani, partendo dal castello di Pavia accompagnò le ceneri del fondatore Gian Galeazzo attraversando tutto il parco ducale fino alla Certosa, solenni funerali immortalati nei bassorilievi del portale della chiesa.
Il 3 maggio 1497 la Chiesa venne ufficialmente consacrata dal nunzio pontificio di fronte ad una grande folla, ma la parte inferiore della facciata fu completata solo nel 1507 e nei secoli XVI e XVII furono ultimati il transetto e la sagrestia nuova.
L'interno del monastero contiene opere d'arte di ben quattro secoli, XV, XVI, XVII, XVIII secolo.
I monaci certosini che vi abitarono furono inizialmente dodici, in totale vita di clausura, e legati da un contratto che prevedeva l'uso di parte dei loro proventi (campi, terreni, rendite ecc.) per la costruzione del monastero stesso. Nel XVIII secolo il monastero diventò proprietario dei latifondi dei paesi vicini, quali Badile, Battuda, Bernate, Binasco, Boffalora, Borgarello, Carpiano, Carpignano, Milano, Giovenzano, Graffignana, Landriano, Magenta, Marcignago, Opera, Pairana, Pasturago, San Colombano, Torre del Mangano, Trezzano, Velezzo, Vidigulfo, Vigentino, Villamaggiore, Villanterio, Villareggio e Zeccone.
Nel 1560, il Priore Generale dei certosini tal Piero Sarde autorizzò l'installazione delle attrezzature idonee per la stampa di messali e di corali, e in data 28 agosto invitò tutte le certose d'Italia a rifornirsi esclusivamente dei prodotti della nuova stamperia (il primo libro "Breviarium Carthusiensis" fu stampato nel 1561).
Nel 1565, con i vari ampliamenti architettonici quali la costruzione del chiostro grande, i certosini che vi abitarono passarono almeno al doppio di numero (24), da cui le 24 celle di preghiera grandi a due piani e provviste anche di piccolo giardino interno.
La commissione di importanti opere d'arte continuò anche in epoca barocca durante il cardinalato di Federico Borromeo, con la costruzione del cosiddetto Palazzo ducale ad opera del Richini e la commissione delle opere dei principali artisti milanesi del tempo: Morazzone, Cerano, Cairo, Crespi.
Il monastero di Santa Maria delle Grazie viene soppresso il giorno 16 dicembre 1782. I monaci certosini furono espulsi nel 1782 dall'imperatore Giuseppe II, che incamerò i beni di tutti gli ordini contemplativi dei suoi possedimenti. Fra i motivi addotti per la sua soppressione, vi fu la mancata devoluzione, da parte dei monaci, delle ingenti rendite devolute al monastero dal duca Gian Galeazzo, a favore dei poveri e dei luoghi sacri, una volta terminata la costruzione del monastero.
Il monastero cistercense di Santa Maria delle Grazie viene istituito nel 1784, due anni dopo la soppressione del monastero certosino. Il monastero viene definitivamente soppresso nel 1798, quando il direttorio esecutivo della repubblica cisalpina, autorizzato dalla legge 19 fiorile anno VI, richiamò alla nazione i beni e gli effetti appartenenti ai cistercensi della Certosa di Pavia Monastero di Santa Maria delle Grazie, 1784 - 1798 – Istituzioni storiche – Lombardia Beni Culturali.
Il monastero passò quindi nel 1798 ai carmelitani, subendo la violenta devastazione operata dalle truppe napoleoniche, che razziarono e distrussero alcune ricchezze artistiche. Nel 1810 venne infine chiuso, fino al 1843 quando i certosini rientrarono nel monastero.
Con la legge 3036 del 7 luglio 1866, il monastero fu dichiarato monumento nazionale italiano e i beni ecclesiastici diventarono proprietà del Regno d'Italia, ma fino al 1879 alcuni certosini continuarono ad abitare il monastero.
Prima della Prima guerra mondiale iniziarono dei lavori di ristrutturazione. I'11 ottobre 1930 papa Pio XI decise di riaffidare il luogo ai certosini.
Durante il fascismo, il monastero fu visitato una sola volta da Benito Mussolini, il 31 ottobre 1932. Le cronache inoltre riportarono anche l'avvenimento del ritrovamento dei resti del cadavere dello stesso duce, avvolti in dei sacchi di tela, circa un anno dopo la sua fucilazione, il 12 agosto 1946, proprio dentro la Certosa. L'anno successivo i certosini abbandonarono quindi la struttura, sia per mancanza di vocazioni sia per lo scandalo del ritrovamento del cadavere del duce. Il monastero rimase chiuso fino al 1949, quando vi si insediarono nuovamente i carmelitani fino al 1961. Dopo il Concilio Vaticano II, il Vaticano decise di riaffidare il monastero nuovamente ai cistercensi della congregazione Casamariensis ( provenienti dall'Abbazia di Casamari), che vi si insediò il 10 ottobre 1968.
Oggi, la gestione è dei monaci cistercensi del Priorato della Beata Maria Vergine della Certosa Ticinese, sotto la guida del Priore Celestino Parente. Qui svolgono vita monastica, occupandosi anche delle visite guidate e alla vendita di articoli sacri e prodotti tipici.
Nei locali adiacenti il monastero si trova invece il Museo della Certosa di Pavia che, da maggio 2008 è invece gestito direttamente dalla Sovrintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici di Milano.
L'accesso al complesso monastico avviene attraverso un vestibolo di epoca rinascimentale, affrescato sia interiormente che esteriormente. Nella lunetta d'ingresso, sbiadita, due angeli reggono la stemma del committente Gian Galeazzo, con il biscione visconteo e l'aquila imperiale. Meglio conservata la decorazione superiore, stesa da Bernardino de' Rossi nel 1508. All'interno, un arcone marmoreo a motivi vegetali reca tondi con le effigi di Gian Galeazzo e Filippo Maria Visconti. Ai lati, i santi Cristoforo e Sebastiano di Bernardino Luini, seguace di Leonardo. Tutto l'interno è coperto da motivi rinascimentali a vivaci colori.
La chiesa ha pianta a croce latina divisa in tre navate con abside e transetto, coperta da volte a crociera su archi a sesto acuto, ispirata, seppure in scala ridotta, alle proporzioni del Duomo di Milano. Furono infatti tre architetti del duomo a collaborare al primo progetto, di Bernardo Veneziano: Marco da Carona, Giacomo da Campione e Giovannino de' Grassi.
Singolari sono le terminazioni dei transetti e della cappella maggiore, costituiti da cappelle a pianta quadrata chiuse su tre lati da absidi semicircolari, secondo una soluzione trilobata di probabile ispirazione classica.
La pianta della Certosa ha lo stesso impianto della Chiesa di Santa Maria del Carmine (Pavia), precedente opera dello stesso Bernardo da Venezia, ma con una campata in più in corrispondenza del presbiterio e di ciascun braccio del transetto. Elemento originale del tracciato della navata è costituito da un terzo quadrato "diagonale" che si aggiunge al doppio quadrato di base della pianta. Con questo disegno sovrapposto, si ottiene il tracciato della stella a otto punte od ottogramma (in tedesco acht-uhr o acht-ort, otto ore o otto luoghi), che si ritrova effigiato dappertutto, come simbolo della Madonna delle Grazie e della Certosa, con la sigla Gra-Car, persino nelle piastrelle dei pavimenti.
I materiali utilizzati per la costruzione sono misti: i pilastri e le parti basse dei muri sono in pietra da taglio, cui si sovrappongono le parti alte e le volte in laterizio. La tecnica di costruzione delle volte è a crociera gotica. Le volte delle navate laterali risultano dalla combinazione di cinque spicchi di crociera e si aprono come "cuffie" verso lo spazio centrale. Le volte esapartite sono dipinte alternativamente con motivi geometrici e con un cielo stellato, su disegno del Bergognone, ideatore di tutte le decorazioni pittoriche di epoca rinascimentale. Le volte sono sostenute da pilastri a fascio, di chiara ispirazione gotica, mentre gli arconi di accesso alle cappelle laterali delle navate presentano già un disegno classico con capitelli corinzi, testimoniando la transizione dal gotico al rinascimento. Di tutta l'architettura interna è considerato autore Giovanni Solari, che sovrintese alla fabbrica dal 1428 al 1462, quando gli successe il figlio Guiniforte, ingegneri ducali autori dei maggiori progetti di committenza sforzesca di quegli anni quali il duomo, l'ospedale maggiore e la chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano.
La prima soluzione della facciata, più sobria e di forme genuinamente gotiche, dovuta ai Solari, può essere vista rappresentata nell'affresco di Bergognone con Gian Galeazzo che dona la Certosa alla Vergine. Tuttavia, quando di tale progetto non era stato realizzato che lo zoccolo, fu affidato nel 1491 a Giovanni Antonio Amadeo, che vi attese fino al 1499, in collaborazione con il milanese Giovanni Antonio Piatti. Proseguì quindi nei primi anni del Cinquecento il Briosco, realizzando il fastoso portale, e nella seconda metà del secolo Cristoforo Lombardo, che eseguì la parte superiore della facciata, caratterizzata da un'ornamentazione meno ridondante, utilizzando anche materiali già lavorati in precedenza. Anche la sua attività tuttavia si interruppe per non essere mai più ripresa, cosicché non fu mai realizzato il fastigio di coronamento centrale.
La facciata, realizzata sovrapponendo semplici rettangoli, è carica decorazioni, tipico procedimento dell'architettura rinascimentale lombarda.
Nel basamento, che nelle intenzioni dei progettisti vuole rappresentare l'età classica, sono inseriti medaglioni che rappresentano personaggi celebri dell'antichità, e raffigurazioni mitologiche. Nella loro realizzazione è evidente l'ispirazione alle medaglie di epoca romana, con la rappresentazione di profilo di imperatori e raffigurazioni allegoriche. Il rimando a motivi dell'arte antica continua nelle lesene istoriate che, al di sopra del basamento, incorniciano bassorilievi con episodi evangelici e biblici, e nicchie con statue di profeti. A questo livello l'esuberante decorazione ricopre interamente la superficie senza lasciare spazi liberi. I motivi floreali e antichi, quali le figure di nudo o le fatiche di Ercole, si fondono con i bassorilievi e le statue dovute ai diversi maestri coinvolti nell'opera. In assenza di una documentazione storica precisa, le attribuzioni delle singole parti viene fatta dai critici in base ai dettagli stilistici. Sono così attribuite ai fratelli Mantegazza, Antonio e Cristoforo, le rappresentazioni più aspre e spigolose, che rimandano all'espressionismo ferrarese di metà Quattrocento. Il livello superiore presenta contrafforti aggettanti con statue di apostoli, angeli e santi, alternati alle quattro grandi bifore, due delle quali cieche. I due livelli sono separati da un cornicione in pietra scura, che ha al centro inserito un motivo decorativo chiaro a girali vegetali, figure di fauni e medaglie antiche, caratteristico dell'edilizia profana pavese del tempo, quali Palazzo Carminali Bottigella. Questi vistosi elementi che suddividono la facciata in fasce orizzontali, contribuiscono a conferirle il caratteristico andamento piano opposto alla verticalità delle architetture gotiche del periodo precedente. Nelle grandi bifore dalla fittissima, vivace e stravagante decorazione, si sprigiona la fantasia dell'Amadeo cui sono attribuiti sia il disegno che parte della realizzazione. In essa sono accostati putti festanti con ghirlande, figure femminili con cornucopie, Angeli che intonano inni e figure mitrate che si sporgono dagli sguinci delle finestre.
Dal livello superiore l'ornamentazione si fa decisamente più sobria, messa in opera nei decenni successivi dopo l'abbandono del cantiere da parte dell'Amadeo. Al di sopra della galleria di archetti, con statue dovute agli allievi dell'Amadeo, Briosco e Tamagnino, vi è al centro un grande oculo sormontato da un timpano, e ai lati bifore coronate da lunette. Qui l'ornamentazione plastica lascia spazio a lastre levigate con semplici motivi geometrici. La minuta decorazione scultorea prosegue nei pinnacoli, dei quali furono realizzati solo quelli laterali, lasciando la parte centrale incompiuta dopo l'ultimo intervento di Cristoforo Lombardo nella seconda metà del Cinquecento.
Il portale è opera di collaborazione tra l'Amadeo e il suo allievo Benedetto Briosco (1501) ed è caratterizzato da colonne binate e bassorilievi con Storie della Certosa. Nella lunetta centrale, alla Vergine col Bambino rendono omaggio due coppie di certosini. Nella colossale trabeazione, tripodi classici si alternano a tondi con Angeli. Al di sotto, una minutissima e fragile decorazione narra Episodi di storia della Certosa, e Vite di santi fra pampini di vite, quali san Siro e sant'Ambrogio, dovute a Stefano e Battista da Sesto.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Certosa_di_Pavia_-_esterno