La cattedrale di Santa Maria Assunta è il principale edificio di culto della città di Como, chiesa madre della diocesi omonima.
Situata vicino al lago, rappresenta uno dei più ragguardevoli monumenti dell'Italia settentrionale. All'interno sono custoditi arazzi del XVI e XVII secolo, eseguiti a Ferrara, Firenze e Bruxelles, e dipinti cinquecenteschi di Bernardino Luini e Gaudenzio Ferrari.
Escludendo episodi leggendari o che comunque non lasciarono effetti storicamente apprezzabili, la presenza del cristianesimo nella città di Como è databile a partire dal IV secolo, quindi dopo la liberalizzazione del culto cristiano voluta - a fini politici - dall'imperatore Costantino (313), e probabilmente anche dopo che Teodosio I aveva fatto del cristianesimo la religione ufficiale dell'Impero romano (editto di Tessalonica, 380).
Un dato certo è che i membri della primitiva chiesa cristiana costruirono i propri edifici di culto al di fuori della città vera e propria, di quella Novum Comum che - già quattro secoli prima - Giulio Cesare aveva popolato con cinquemila coloni romani e che era delimitata e difesa dalla sua cerchia muraria. Sicuramente i primi templi dei cristiani comaschi, e probabilmente anche alcuni loro insediamenti abitativi, sorsero nella fascia di territorio che circondava le mura cittadine per un raggio di circa "mille passi" (mille passus, un miglio) facendo giuridicamente da cuscinetto tra la città e il resto del territorio, e che era attraversata dalla via Regina, l'antica strada che metteva in comunicazione la convalle di Como con Milano a sud e con la Germania Magna a nord.
Il primo vescovo di quella chiesa locale, Felice, giunto da Milano verso la fine del IV secolo, scelse come prima base del proprio apostolato non la città murata, ma il pago suburbano di Zezio, una zona, peraltro, già da secoli costellata di santuari non cristiani. Alle falde del Baradello Felice fece costruire un primo luogo di culto cristiano, là dove - almeno secondo la tradizione - sorgeva un tempio in onore di Mercurio e dove egli stesso venne poi sepolto: la prima cattedrale di Como, dunque, fu quella basilica che in seguito venne intitolata a san Carpoforo.
Il vescovo Amanzio, secondo successore di Felice a partire dall'anno 420 circa, fece edificare una nuova basilica, intitolata agli apostoli Pietro e Paolo (sulla cui area, nell'XI secolo, i Benedettini avrebbero poi costruito l'attuale basilica di Sant'Abbondio). Qui Amanzio trasferì la propria sede e qui venne sepolto, come pure Abbondio e diversi loro successori. Il trasferimento della cattedrale dalla basilica alle pendici del Baradello alla nuova basilica dei Santi Pietro e Paolo (pur sempre però entro l'ambito del pago suburbano) va attribuito al fatto che la prima sede risultava troppo scomoda per le nuove esigenze del culto, esigenze che nel giro di oltre sessant'anni erano con ogni probabilità cresciute, nonostante le gravi difficoltà che la nuova religione incontrava soprattutto da parte degli ottimati e delle classi superiori della città, la cui conversione è attribuita soprattutto all'opera del vescovo Abbondio.
Probabilmente fu con Abbondio che il culto cristiano entrò ufficialmente anche nella città murata, nel foro della quale venne eretto il primo battistero intramurario, San Giovanni in Atrio, considerato già allora il battistero ufficiale del vescovo anche se la cattedrale rimaneva la basilica suburbana dei Santi Pietro e Paolo: la sede del vescovo, in effetti, fu mantenuta, ancora per diversi secoli, nel pago suburbano di Zezio. La chiesetta di San Michele (oggi cappella del palazzo vescovile), invece, era probabilmente un battistero ariano, particolarmente attivo dopo l'occupazione della città da parte dei Longobardi (589), che proprio nella zona dell'attuale palazzo vescovile avevano realizzato uno dei primi insediamenti per loro e per i loro cavalli. È ovvio però che, oltre a quei primi battisteri, sorsero in seguito altre chiese nella città murata, tra le quali la chiesa di Sant'Eufemia, che la tradizione dice costruita nell'area del foro e dell'antico tempio di Giove, e nella quale durante l'Alto Medioevo venne trasferita la sede della cattedrale.
All'inizio dell'XI secolo (prima del 1015, forse anche prima del 1006), la sede della cattedrale venne nuovamente spostata, da Sant'Eufemia alla chiesa romanica di Santa Maria Maggiore, più vicina al lago e al porto (da poco tempo il vescovo di Como aveva anche acquisito diritti feudali sulla riva del lago). Non sappiamo quale fosse la struttura di questa antica basilica: si trattava probabilmente di un grande tempio a cinque navate, il cui muro meridionale coincideva con quello della cattedrale attuale e la zona absidale con l'area dell'attuale transetto. Quali che fossero l'aspetto e le dimensioni di Santa Maria Maggiore, è certo che essa si trovava inserita in un complesso di edifici religiosi, che comprendevano anche la chiesa di San Giacomo, la chiesetta di Santo Stefano (che svolgeva la funzione di coro invernale), il campanile (sicuramente nella zona del transetto dell'attuale cattedrale, sul lato nord), il palazzo vescovile e la canonica. È probabile che anche a Como, come a Milano, ci si trovasse davanti a una tipologia di "cattedrale doppia", con Santa Maria Maggiore cattedrale invernale (come a Milano la basilica omonima) e San Giacomo cattedrale estiva (a Milano la basilica di Santa Tecla). Attorno a questi edifici si aggiunsero poi, in epoca comunale, gli edifici civili del broletto con la sua torre civica e del pretorio (1215) e infine, nel 1335, la "cittadella viscontea", una roccaforte voluta da Azzone Visconti le cui mura, partendo dal lago e giungendo con un percorso irregolare fino alla torre rotonda del Castello, inglobavano buona parte dei monumenti civili e religiosi appena citati. Fu in ragione di questo spostamento del centro della vita civile (e religiosa) della città che il tracciato originario del castrum romano venne stravolto, con il cardo massimo che perse d'importanza (tanto da perdere anche il suo tracciato lineare) a tutto vantaggio di un cardo secondario, la medievale contrada Quadra, oggi via Vittorio Emanuele, che conduceva verso la cattedrale.
Un'iscrizione collocata all'esterno dell'abside maggiore del duomo ricorda che la chiesa di Santa Maria Maggiore venne ricostruita dalle fondamenta a partire dall'anno 1396: è da notare la significativa coincidenza di questa data con i lavori di rinnovamento dei due principali cantieri viscontei dell'epoca: il duomo di Milano e la Certosa di Pavia (non a caso, il duomo di Como è, per dimensioni, il terzo edificio religioso della Lombardia proprio dopo il duomo di Milano e la Certosa pavese). La storia dell'attuale duomo, dunque, è iniziata nel 1396, quando venne decisa la sua edificazione perché la chiesa di Santa Maria Maggiore era diventata troppo piccola e anche poco presentabile a causa delle frequenti esondazioni del lago (sulla sponda opposta del lago di Como, a Lecco, il ponte Azzone Visconti era stato oggetto - pochi anni prima - di lavori strutturali proprio per migliorare il deflusso del fiume Adda e agevolare la città di Como che si lamentava per il fenomeno dell'acqua alta). Anche il duca di Milano Gian Galeazzo Visconti diede il suo contributo alla fabbrica, donando cento monete d'oro. È comunque probabile che il cantiere sia stato effettivamente attivato intorno al 1420, quando cominciano i registri della Fabbrica del duomo.
La costruzione della nuova cattedrale iniziò seguendo il progetto tardogotico di Lorenzo degli Spazzi, un maestro comacino che dal 1389 lavorava al duomo di Milano, il cui rifacimento era iniziato da poco. I lavori furono condotti iniziando dai piloni terminali delle navate (gli unici in marmo nero di Olcio), in modo da continuare a garantire l'uso della vecchia basilica, che veniva progressivamente inglobata nella cattedrale gotica. Successore di Lorenzo degli Spazzi fu l'ingegnere comasco Pietro da Breggia, noto anche come il Breggino, che rimase in servizio nel cantiere fino al 1452 anche se, in quanto "ingegnere ducale", era spesso in viaggio per seguire altri cantieri in tutto il Ducato.
Lungo il XV secolo, il rinnovamento della cattedrale comasca espresse anche quella tensione di rinnovamento materiale e spirituale che era scaturita anche dal nuovo slancio economico e politico della città, seguito alla morte dell'ultimo Visconti, Filippo Maria, e alla proclamazione della Repubblica Ambrosiana (1447), un periodo caratterizzato da un profondo impulso alla riforma ecclesiale e anche da tensioni apocalittiche.
I lavori del duomo si protrassero dunque per diversi secoli: durante questo periodo l'edificio cambiò stile, passando dal gotico che caratterizza la facciata con guglie e pinnacoli allo stile rinascimentale dei fianchi esterni e della parte absidale. Nel 1484 entrò a far parte del cantiere della cattedrale un giovane scultore ticinese, Tommaso Rodari, con il ruolo di fabricator figurarum; già nel 1487 egli venne nominato architectus generalis della fabbrica e venne incaricato di disegnare il nuovo presbiterio; Tommaso continuò a lavorare per la cattedrale di Como fino al 1526, anche se non vide realizzati i suoi progetti, forse ancora troppo timidi di fronte ai cambiamenti dell'architettura tipici del Rinascimento. Nel 1513, infatti, Giovanni Antonio Amadeo e Cristoforo Solari vennero interpellati per la progettazione di alcune trasformazioni architettoniche secondo il nuovo gusto; prevalse il progetto del Solari che, con l'inserimento di tre absidi, creava una sorta di spazio centrale all'innesto fra presbiterio e navate, caratterizzato dai volumi delle absidi e dal rigore dei due parallelepipedi che costituivano le nuove sacrestie. La costruzione delle absidi proseguì fino a tutto il XVII secolo, sotto la direzione di Francesco Maria Richini e Carlo Buzzi.
L'ultimazione del secolare cantiere della cattedrale venne decisa nel 1731, in quell'epoca di prosperità che fu il governo asburgico della Lombardia. Per la costruzione di una cupola sulla crociera del transetto era stato dapprima consultato l'architetto Carlo Fontana, che aveva proposto ben tre diversi progetti per il completamento della cattedrale; dopo qualche incertezza, fu approvato il progetto dell'architetto messinese Filippo Juvarra. La costruzione della cupola fu completata, non senza traversie (lo stesso Juvarra morì nel 1736) e dopo numerose varianti in corso d'opera, nel 1740: erano passati quasi tre secoli e mezzo dalla fondazione della nuova cattedrale. Con questo intervento di un architetto "forestiero" si può considerare conclusa, a Como, anche l'epoca del barocco.
Il XIX secolo fu, più che altro, un'epoca di mantenimento e di completamento della cattedrale: in questo secolo vennero ultimati gli altari laterali (con gli interventi neoclassici all'altare di San Giuseppe e lo spostamento e smembramento della grande "macchina" dell'altare di Sant'Abbondio) e soprattutto venne iniziato un intervento di decorazione delle finestre con vetrate dipinte, ispirato al gusto revivalista del periodo e - peraltro - rimasto incompiuto.
Lungo 87 metri, largo da 36 a 56, alto 75 al culmine della cupola progettata da Filippo Juvarra, il duomo di Como presenta un impianto a croce latina con tre navate e un transetto sormontato, appunto, da un'imponente cupola.
Lo spazio interno dell'edificio è organizzato in tre navate, realizzate nel XV secolo, per far posto alle quali fu sacrificata parte del broletto. Le navate sono scandite da dodici pilastri a fascio, innalzati dal 1396 e terminanti in capitelli fogliati, e ogni campata è coperta da una volta ogivale costolonata. Questa tripartizione del volume interno è visualizzata, in facciata, dal profilo a salienti spezzati, rimarcato ulteriormente dal ricco e raffinato apparato decorativo con sculture e rilievi, dalle quattro alte lesene coronate da guglie e dalla presenza dei tre portali d'accesso e dei quattro allungati finestroni a lancetta che fiancheggiano il rosone.
Secondo l'interpretazione tipicamente lombarda dell'architettura gotica, la tensione verticale dell'edificio è ampiamente mitigata dal dilatarsi degli spazi orizzontali, e l'effetto culmina, nell'area del coro, nella misura razionale degli innesti di epoca rinascimentale. Proprio qui avviene il passaggio tra la sensibilità e spiritualità costruttiva del gotico e la ratio architettonica del Rinascimento: il transetto fu ampliato e furono create le due absidi laterali, di ampiezza pari alla maggiore e sporgenti all'esterno, dando origine a una terminazione triconca di respiro bramantesco, che avvicina l'impianto planimetrico del tempio alla struttura centrale. Una griglia modulare basata sul quadrato, impostata sulla distanza dell'interasse dei piloni della navata centrale, regge infatti la struttura gotica tanto in pianta quanto in alzato.
Con finezza gli architetti successivi della fabbrica rispettarono questo impianto armonico proporzionale, a partire da Cristoforo Solari e fino a Filippo Juvarra, che nel XVIII secolo attese alla soluzione del problema della copertura progettando l'imponente cupola semisferica con lanterna, impostata su un alto tamburo ottagonale.
Nel grandioso prospetto posteriore o laterale, dove si può salire con lo sguardo dalle absidi rinascimentali fino alla cupola rococò, la rigorosa impalcatura geometrica e proporzionale dell'edificio trova una delle sue più alte espressioni.
La facciata tardo-gotica, in marmo di Musso, realizzata tra il 1457 e il 1486, è allineata al broletto e alla torre civica, entrambi preesistenti (tanto che il "taglio" all'estremità destra del fronte del broletto è evidente, in corrispondenza con la facciata). Fino al XVI secolo, anche la facciata dell'attigua chiesa di San Giacomo era allineata con duomo, broletto e torre; nel 1585 la facciata venne arretrata, dimezzando la lunghezza della chiesa stessa.
La facciata a salienti del duomo è organizzata con una composizione che rispecchia lo spazio interno a tre navate, e presenta alcune analogie con la facciata del duomo di Milano. Essa è suddivisa verticalmente da quattro lesene, decorate da serie di sculture, che suddividono una zona centrale e due laterali; nella zona centrale si trova il portale d'ingresso, il rosone con, ai suoi lati, due finestre di forma allungata. Le due sezioni laterali presentano ciascuna una porta d'ingresso e una bifora al di sopra di esse.
La cuspide centrale, più alta rispetto alla capriata di copertura della navata principale, coronata dal gugliotto, e le guglie in cima alle lesene, guidano lo sguardo verso l'alto. Al contrario, le solide modanature del basamento e gli strombi dei portali si ancorano saldamente al terreno.
La maggior parte delle sculture presenti sulla facciata sono ancora realizzate secondo il gusto gotico, sebbene alcune di esse presentino già caratteri marcatamente rinascimentali. Molte di queste statue e rilievi sono opera degli scultori della famiglia Rodari (Giovanni e i suoi figli Bernardino, Jacopo e Tommaso), provenienti da quello che oggi è il canton Ticino.
L'interno della cattedrale è a croce latina, con tre navate scandite da due file di pilastri che marcano interassi di lunghezza diversa. Le pareti sono decorate da dipinti su tela.
L'abside centrale è occupata in gran parte dal presbiterio, sopraelevato di alcuni gradini rispetto al resto della navata e, dopo la riforma liturgica, riorganizzato con nuovi arredi marmorei (ambone, altare, cattedra) che riutilizzano rilievi provenienti dall'antica cattedrale di Santa Maria Maggiore. Al centro dell'abside si trova l'antico altar maggiore barocco, opera del 1728 di marmo, onice e bronzo; intorno ad esso, si trovano i pregevoli stalli lignei scolpiti del coro.
Nel duomo sono sepolti alcuni vescovi di Como e anche alcuni laici, tra i quali Benedetto Giovio, fratello maggiore del più noto Paolo, e il medico Giovanni Paolo Rezzonico.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Duomo_di_Como