Il Ponte Vecchio è uno dei simboli della città di Firenze ed uno dei ponti più famosi del mondo. Attraversa il fiume Arno poco a valle dell'area in cui il fiume presenta naturalmente l'alveo più stretto all'interno della città di Firenze nel suo tratto a monte delle Cascine . L'area in questione è ai Canottieri sotto gli Uffizi . Nell'antichità esisteva un guado.
Il primo attraversamento sull'Arno doveva trovarsi leggermente più a monte dell'odierno ponte, sulla prosecuzione del cardo maximo delle attuali via Roma-via Calimala, ovvero nell'attuale piazza del Pesce. Doveva risalire a poco dopo la fondazione della città, ovvero alla metà del I secolo a.C., e avere un andamento obliquo rispetto alla corrente, per meglio sostenere la spinta delle piene. Sondaggi effettuati nell'alveo del fiume alla fine degli anni cinquanta hanno infatti rinvenuto due larghe fondazioni in calcestruzzo riferibili in tutta probabilità al primo ponte romano.
Tale passerella dovette essere consolidata e allargata verso il 123, quando Adriano promosse la costruzione della via Cassia Nuova, che attraversava la città e che corrispondeva verosimilmente, sulla sponda sud, alle vie de' Bardi e di San Niccolò. Il ponte aveva già forse piloni in muratura, mentre la travatura doveva essere, come di consueto, in legno. Il primo ponte romano dovette andare distrutto verso il VI-VII secolo, per l'incuria e le guerre dell'epoca barbarica, oltre che per probabili danni legati ad alluvioni.
Sicuramente un ponte nelle attuali posizioni venne rifatto dopo un crollo nel 1177. Studi novecenteschi sui resti nelle testate e nei piloni dimostrano che esso poggiava su residui più antichi, come travi in rovere della seconda metà del X secolo.
Danneggiato nel 1222 e nel 1322, fu spazzato via dall'alluvione del 1333, una delle più violente che si ricordino. Dopo la costruzione dei "lungarni", il ponte venne ricostruito, a tre valichi, nel 1345 ed è considerato opera di Taddeo Gaddi (secondo il Vasari) o di Neri di Fioravante.
Nel 1442 l'autorità cittadina per salvaguardare la pulizia e il decoro, impose ai beccai (macellai) di riunirsi nelle botteghe sul Ponte Vecchio per renderli un po' isolati dai palazzi e dalle abitazioni del centro. La disposizione mirava soprattutto ad eliminare le consuete, maleodoranti tracce lasciate dai barroccini dei beccai lungo le strade fino all'Arno durante il trasporto degli scarti più minuti delle lavorazioni delle carni, scarti che potevano ora disperdersi direttamente, senza alcun danno, nella sottostante corrente del fiume. Da quel momento il ponte divenne il mercato della carne ed i beccai, divenuti in seguito proprietari delle botteghe, per ottenere più spazio, vi aggiunsero in modo disordinato delle stanzette aggettanti sul fiume puntellandole con pali di legno.
Nel 1565 l'architetto Giorgio Vasari costruì per Cosimo I il "corridoio vasariano", con lo scopo di mettere in comunicazione il centro politico e amministrativo a Palazzo Vecchio con la dimora privata dei Medici, Palazzo Pitti. Il corridoio sopraelevato, lungo circa un chilometro e costruito in soli cinque mesi, parte da Palazzo Vecchio, passa dalla Galleria degli Uffizi, costeggia il lungarno Archibusieri, passa quindi sopra le botteghe del lato est (sinistro) del ponte, aggira alla sua estremità la torre dei Mannelli, sostenuto da beccatelli (o "sporti") e prosegue sulla riva sinistra ("Oltrarno") fino a Palazzo Pitti.
Le botteghe dei macellai furono poi occupate da orafi e gioiellieri per ordine di Ferdinando I nel 1593 che mal gradiva un commercio poco nobile e con odori sgradevoli sotto le finestre del corridoio sospeso.
Nel 1860 in occasione dei festeggiamenti per l'arrivo di Sua Maestà furono modificate le tre finestre centrali nella configurazione ancora oggi visibile.
Ponte Vecchio fu visitato da Hitler, Mussolini e le gerarchie naziste e fasciste in occasione del viaggio del Führer in Italia del maggio 1938.
A seguito della ritirata delle truppe tedesche durante la campagna d'Italia, questo fu l'unico ponte di Firenze che non venne fatto saltare dai tedeschi nel 1944 nel corso della seconda guerra mondiale, ciò grazie anche al provvidenziale intervento del rappresentante tedesco a Firenze Gerhard Wolf, il quale nel dopoguerra ottenne per questo ed altri meriti la cittadinanza onoraria di Firenze e che è ricordato con una targa apposta sul ponte medesimo. Una recente ipotesi afferma che il ponte fu salvato da alcuni orafi che sabotarono gli ordigni tagliandone i fili: la notte tra il 3 e il 4 agosto del 1944, Burgassi (chiamato da tutti Burgasso) aiutante degli orafi lasciato libero di circolare in quanto i tedeschi pensavano non capisse niente, vecchio e menomato fisicamente dalla poliomielite ma dalla mente lucida, assistette alla posa delle mine. Avendo visto tutto, sapeva dove erano gli allacciamenti delle mine e riuscì a disinnescarle.
Furono tuttavia pesantemente danneggiati i punti di accesso al ponte, le zone di via Por Santa Maria, via Guicciardini e borgo San Jacopo che oggi sono così incongruamente moderne per via della frettolosa ricostruzione dei primi anni cinquanta.
Il Corridoio Vasariano nei convulsi giorni della liberazione rimase l'unico modo di spostarsi fra nord e sud della città, come è testimoniato anche nell'episodio dedicato a Firenze nel film Paisà di Roberto Rossellini, dove la protagonista passa in incognito da una spoglia Galleria degli Uffizi piena di statue antiche impacchettate.
Il Ponte Vecchio è composto da tre ampi valichi ad arco ribassato (rapporto altezza/larghezza 1:6); per la prima volta in Occidente veniva superato il modello romano che prevedeva l'uso esclusivo di valichi a tutto sesto (ovvero arcate semicircolari) che nel caso di un ponte molto lungo richiedevano un gran numero di arcate, creando così potenziali pericoli in caso di piena (per la facile ostruzione dei valichi stretti) o una pendenza molto accentuata, soluzione ugualmente indesiderabile (casi tipici: il Ponte della Maddalena, presso Borgo a Mozzano, il Ponte Fabricio, a Roma). L'esempio fece scuola, con una simile arcata ribassata fu costruito nel XVI secolo il Ponte di Rialto a Venezia e molti altri. Il ponte di Alconétar, in Spagna, offre un esempio molto più antico di impiego di valichi ad arco ribassato, ma non riesce ad evitare il problema dell'intasamento del letto del fiume con le pile di sostegno degli archi, dato che si tratta di un ponte con numerosi piccoli valichi, in tutto simile ai tradizionali ponti con archi a tutto sesto.
Altra caratteristica tipica, ben più evidente al turista ma meno rivoluzionaria, è il passaggio fiancheggiato da due file di botteghe artigiane, ricavate in antichi portici poi chiusi, che lo hanno reso famoso, come se si trattasse del proseguimento della strada. Le botteghe di Ponte Vecchio si affacciano tutte sul passaggio centrale, ciascuna con un'unica vetrina chiusa da spesse porte in legno, e spesso presentano un retrobottega costruito a sbalzo sul fiume e sostenuto da beccatelli (o "sporti").
Ai quattro angoli del ponte esistevano altrettante torri che ne controllavano l'accesso: di queste resta solo la torre dei Mannelli, mentre la torre dei Rossi-Cerchi fu ricostruita dopo le esplosioni del 1944.
Al centro del ponte le botteghe si interrompono con due terrazze panoramiche: quella ad est è sormontata dal corridoio vasariano, mentre l'altra ospita il monumento con busto di Benvenuto Cellini, famoso scultore (ed orafo) fiorentino, realizzato da Raffaello Romanelli ed inaugurato il 26 maggio del 1901.
L'opera, è anche dotata di fontanella, che venne collocata in occasione delle celebrazioni del quarto centenario della nascita del Cellini. L'acqua zampilla da quattro mascheroni posti sugli spigoli del piedistallo e convogliano in altrettante vasche a valva di conchiglia eseguite da Egisto Orlandini. Sempre nel basamento ricorrono alcune decorazioni tipiche dell'epoca del Cellini, come i festoni, i mascheroni, le zampe leonine, le teste di caprone (emblemi di Cosimo I) e gli anelli con diamante, presenti nell'impresa di numerosi componenti della famiglia Medici.
La cancellata del monumento del Cellini è stata usata dagli innamorati per appendervi dei lucchetti con scritte in pennarello, simbolo di un legame amoroso che si vuole indissolubile; le chiavi del lucchetto vengono poi gettate nell'Arno affinché simbolicamente nessuno possa più toglierlo. Questa usanza, iniziata forse dai militari dell'Accademia di San Giorgio alla Costa, risale a non più di venti anni fa ed è la prima del genere, prima ancora del più conosciuto Ponte Milvio a Roma.
L'amministrazione comunale, per porre freno all'enorme mole di lucchetti che deturpavano ormai le decorazioni del ponte, ha stabilito nel 2006 una multa di 50 euro per chi venga sorpreso ad attaccare un lucchetto alla cancellata del Cellini: l'attacco dei lucchetti si è allora spostato nelle inferriate del vicino lungarno degli Archibusieri.