La basilica di Santa Maria Novella è una delle più importanti chiese di Firenze e sorge sull'omonima piazza. Se Santa Croce era ed è un centro antichissimo di cultura francescana e Santo Spirito ospitava l'ordine agostiniano, Santa Maria Novella era per Firenze il punto di riferimento per un altro importante ordine mendicante, i domenicani.
Nel 1219, dodici domenicani arrivarono a Firenze da Bologna, guidati da Fra' Giovanni da Salerno. Nel 1221, ottennero la piccola chiesa di Santa Maria delle Vigne, così chiamata per i terreni agricoli che la circondavano (all'epoca fuori dalle mura). Questa chiesetta, di proprietà dei canonici del Duomo, era stata consacrata nel 1049 o, secondo altre fonti, nel 1094, anche se questa seconda ipotesi è più probabile, poiché nell'Archivio Capitolare della cattedrale fiorentina è conservato un documento che menziona questa data. Ad ogni modo, della chiesetta antica sono stati trovati alcuni resti sotto l'attuale sacrestia, in particolare le basi di alcuni pilastri romanici.
Nel 1242 la comunità domenicana fiorentina decise di iniziare i lavori per un nuovo e più ampio edificio, ottenendo dal papa la concessione di indulgenze per chi avesse contribuito economicamente ai lavori già a partire dal 1246. Il 18 ottobre 1279, durante la festa di San Luca, venne celebrata nella Cappella Gondi la cerimonia della Posa della Prima Pietra con la benedizione del cardinale Latino Malabranca Orsini, anche se di fatto i lavori erano già da tempo iniziati. La nuova chiesa aveva la facciata orientata verso sud. La costruzione fu completata nella metà del XIV secolo. Il progetto, secondo fonti documentarie molto controverse, si deve a due frati domenicani, fra' Sisto da Firenze e fra' Ristoro da Campi, ma partecipò all'edificazione anche fra' Jacopo Passavanti, mentre il campanile e buona parte del convento si deve all'intervento immediatamente successivo di fra' Jacopo Talenti. La chiesa, sebbene già conclusa verso la metà del Trecento con la costruzione dell'adiacente convento, fu tuttavia ufficialmente consacrata solo nel 1420 da papa Martino V che risiedeva in città.
Su commissione della famiglia Rucellai, Leon Battista Alberti disegnò il grande portale centrale, la trabeazione e il completamento superiore della facciata, in marmo bianco e verde scuro (serpentino), terminata nel 1470. Dopo il Concilio di Trento, tra il 1565 e il 1571 la chiesa fu rimaneggiata ad opera di Giorgio Vasari, con la rimozione del recinto del coro e la ricostruzione degli altari laterali, che comportò l'accorciamento delle finestre gotiche. Tra il 1575 e il 1577 fu costruita da Giovanni Antonio Dosio la cappella Gaddi. Un ulteriore rimaneggiamento si ebbe tra il 1858 e il 1860 ad opera dell'architetto Enrico Romoli.
Nell'ottobre del 1919 papa Benedetto XV l'ha elevata al rango di basilica minore.
Un importante restauro è stato effettuato nel 1999 per la preparazione al giubileo del 2000, mentre un successivo restauro della facciata è stato eseguito dall'aprile 2006 al marzo 2008.
La facciata marmorea di Santa Maria Novella è fra le opere più importanti del Rinascimento fiorentino, pur essendo stata iniziata in periodi precedenti e completata definitivamente solo nel 1920.
Il primo intervento si ebbe verso il 1350, quando il registro inferiore fu ricoperto di marmi bianchi e verdi grazie ai fondi da un tale Turino del Baldese deceduto due anni prima. In quella circostanza furono fatti i sei avelli o arche tombali, i due portali laterali gotici e, forse, anche l'ornamentazione marmorea a riquadri e archetti ciechi a tutto sesto fino al primo cornicione, che assomigliano a quelli del Battistero di San Giovanni.
L'oculo più in alto risulta aperto dal 1367.
I lavori in seguito si interruppero e durante il Concilio di Firenze, che si tenne anche nel convento dal 1439, venne ribadita la necessità di provvedere al completamento della facciata. Solo un ventennio dopo si offrì il ricco mercante Giovanni di Paolo Rucellai, che ne affidò il progetto al suo architetto di fiducia, Leon Battista Alberti.
Tra 1458 e 1478 fu rivestita la parte restante di marmi policromi, armonizzando con la parte già esistente. La parte inferiore venne lasciata pressoché intatta nel suo assetto medievale, aggiungendo solo il portale classicheggiante, ispirato a quello del Pantheon, incorniciato dal motivo colonna-pilastro, che ricorre, seppure con un rapporto diverso, anche alle estremità sui lati. Oltre una trabeazione classicheggiante si trova un'ampia fascia decorata a tarsie quadrate, ispirata agli attici dell'architettura antica, che separa e raccorda la zona inferiore e quella superiore.
La parte superiore venne influenzata dalla preesistenza del grande oculo, attorno al quale Alberti installò, in posizione sfasata, un grande rettangolo tripartito, legato da rapporti geometrici di multipli e sottomultipli con il resto degli elementi della facciata. Esso è sormontato da un timpano con al centro il volto di Gesù Bambino inserito nel disco solare fiammeggiante, emblema del Quartiere di Santa Maria Novella. Le due volute capovolte ai lati, dalle tarsie finissime, hanno funzione di raccordo con la parte inferiore e mascherano il dislivello tra la navata centrale e quelle laterali, notevolmente più basse. Si tratta del primo esempio di questo motivo architettonico nella storia dell'arte, successivamente ampiamente sfruttato. La voluta di destra fu rivestita di marmi solo nel 1920.
Sull'architrave superiore campeggia un'iscrizione che ricorda il benefattore e un simbolico anno di completamento, il 1470: IOHA(N) NES ORICELLARIUS PAV(LI) F(ILIUS) AN(NO) SAL(VTIS) MCCCCLXX (Giovanni Rucellai, figlio di Paolo, anno 1470). L'elegante fregio marmoreo della trabeazione con le "vele con le sartie al vento" altro non è che l'emblema araldico di Giovanni di Paolo Rucellai. Lo stesso simbolo, che si può vedere sulla facciata del palazzo e della loggia Rucellai, nonché sul tempietto del Santo Sepolcro in San Pancrazio, compare anche sui pilastri angolari.
L'intervento dell'Alberti si innestò quindi sulle strutture gotiche precedenti, ma seppe unificare la parte nuova e quella antica tramite il ricorso alla tarsia marmorea, derivata dal Romanico fiorentino (Battistero di San Giovanni, San Miniato al Monte, Badia Fiesolana). Questo retaggio tradizionale venne rielaborato secondo la lezione classica e i principi della geometria modulare, valorizzando la storia dell'edificio e il contesto locale.
Lo schema è comunque mitigato da alcune leggere asimmetrie, forse programmate dall'Alberti, forse dovute alla manodopera locale. Lo schema preimpostato anteriormente non era infatti modulato su corrispondenze matematiche, per cui è probabile che Alberti dovette mascherare la mancata corrispondenza tra gli elementi verticali della parte inferiore e superiore, proprio con l'aggiunta della fascia-attico, le cui tarsie non sono allineate agli altri elementi.
Le lunette sopra le porte furono dipinte da Ulisse Ciocchi tra il 1616 e il 1618. Quella centrale rappresenta San Tommaso d'Aquino in preghiera davanti al crocifisso (sullo sfondo lo stemma Rucellai e la processione del Corpus Domini che ebbe inizio in Santa Maria Novella). Quelle laterali ritraggono due personaggi del Vecchio Testamento tradizionalmente legati all'allegoria eucaristica: Aronne con la manna, a destra, e Melchisedech con i pani, a sinistra.
Sulla facciata compaiono anche delle strumentazioni scientifiche aggiunte nel 1572-1574: a sinistra un'armilla equinoziale in bronzo, a destra un quadrante astronomico in marmo con gnomone, opere del domenicano fra Ignazio Danti da Perugia (1555-1586), astronomo e cartografo granducale. Il frate astronomo, grazie a queste strumentazioni, riuscì a calcolare esattamente la discrepanza fra il vero anno solare e il calendario giuliano, allora ancora in uso fin dalla sua promulgazione nel 46 d.C. Dimostrando i suoi studi con una commissione di altri studiosi a Roma a papa Gregorio XIII si ottenne il riallineamento dei giorni e la promulgazione del nuovo calendario gregoriano, saltando in una notte del 1582 dal 4 ottobre al 15 ottobre.
La chiesa fu la prima basilica dove vennero usati elementi dell'architettura gotica a Firenze, in particolare i caratteri tipici dell'architettura gotica cistercense. L'interpretazione del nuovo stile fu molto originale e fece da esempio ad un gran numero di edifici religiosi successivi. È lunga 99,20 metri, larga 28,20, mentre il transetto misura al massimo 61,54 m. Presenta una pianta a croce commissa (cioè a T), suddivisa in tre navate con sei ampie campate che si rimpiccioliscono verso l'altare (11,50 m verso l'altare contro i 15 verso la facciata), dando la sensazione di una lunghezza maggiore di quella reale. La copertura è affidata alle volte a crociera a costoloni con archi a sesto acuto, decorati da pitture parietali bicrome bianco-verdi, sostenute da pilastri polistili, cioè a sezione mista. L'ampiezza della navata centrale e la sua altezza al limite delle possibilità statiche per un edificio del genere fanno sì che le navate laterali sembrino ariosamente fuse in un'unica amplissima aula.
Un grande tramezzo separava anticamente il presbiterio, l'area riservata ai religiosi, dalle navate longitudinali dove prendevano posto i fedeli, ma venne demolito tra il 1565 e il 1571, quando vi lavorò Vasari su commissione di Cosimo I. Nello stesso periodo vennero accorciate le monofore lungo la navata, in modo da lasciare in basso lo spazio per nuovi altari laterali. Il pavimento ospitava anticamente numerosissime lapidi funebri, che vennero selezionate nel restauro del 1857-1861 e in parte poste tra i pilastri laterali. Sempre nell'Ottocento, venne ricostruito l'altare centrale, in stile neogotico, e vennero ricomposte le finestre e gli altari laterali, dando alla chiesa l'aspetto attuale.
In fondo alla navata principale, ad un'altezza di 4,5 metri, è stato ricollocato dal 2001 il Crocifisso di Giotto (databile verso il 1290), dopo dodici anni di restauro, nella posizione dove verosimilmente doveva trovarsi fino al 1421. Leggermente inclinato in avanti, è sorretto da una struttura metallica sospesa, ancorata ad un argano che ne consente l'abbassamento fino a terra.
Le vetrate furono eseguite tra il XIV e il XV secolo e fra esse spiccano per esempio la Madonna con Bambino o San Giovanni e San Filippo entrambe disegnate da Filippino Lippi, poste nella Cappella Strozzi. Il rosone che si apre sulla facciata, che raffigura l'Incoronazione della Vergine con schiere d'angeli danzanti e una cornice di Profeti, fu realizzato su cartone attribuito ad Andrea di Bonaiuto, tra il 1365 e il 1367. Nella scena è raffigurato anche il committente, Tebaldino de' Ricci.
Nella controfacciata è interessante la lunetta del portale centrale, con una Natività, affresco staccato della cerchia di Sandro Botticelli. In quella del portale di sinistra si trova un'Annunciazione su tela, l'ultima opera di Santi di Tito. In quella di destra infine si trova un affresco trecentesco di autore ignoto, con un'Annunciazione che sormonta la Natività, Adorazione dei Magi e Battesimo di Cristo.
Numerose e di altissimo profilo sono le opere d'arte, sugli altari della navata sinistra, fra le quali spicca la Trinità di Masaccio, opera sperimentale sull'uso della prospettiva, a proposito della quale il Vasari ebbe a dire: "Pare che sia bucato quel muro". Rappresenta uno dei più importanti capolavori dell'arte rinascimentale, attuazione dei nuovi canoni stilistici in pittura, al pari dei traguardi architettonici di Brunelleschi e scultorei di Donatello. La scena sacra è ambientata in una monumentale architettura classica, disegnata con punto di fuga realistico per essere guardata dal basso, mentre la figura di Dio sorregge la Croce di Cristo, con un atteggiamento maestoso, eloquente e solenne. Un recente restauro ha evidenziato la possibile collaborazione di Filippo Brunelleschi nel disegno della prospettiva dello sfondo. Anche le figure dei committenti, i coniugi Lenzi, inginocchiate ai lati della scena, rappresentano un'importantissima novità, dipinte per la prima volta a dimensione naturale, non piccole figurine di contorno, e con un notevolissimo realismo oltre al quale traspare anche il loro senso di religiosità e la devozione. La scritta sul sarcofago è un memento mori.
Il primo altare è decorato dalla pala con la Resurrezione di Lazzaro' di Santi di Tito, mentre a destra vi si trova il monumento al giureconsulto Antonio Strozzi, del 1524, caratterizzato da un sarcofago in marmo nero con decorazioni scultoree disegnate da Andrea Ferrucci ma eseguite dagli allievi Silvio Cosini (per la Madonna col Bambino) e Maso Boscoli (autore degli angeli).
Il secondo altare presenta la Samaritana al pozzo di Alessandro Allori (1575), accanto all'Annunciazione su tavola della cerchia di Bicci di Lorenzo, mentre il terzo altare venne rimosso per fare luce alla Trinità masaccesca. Poco più a sinistra si trova la Santa Lucia e donatore di David Ghirlandaio, già collocata nella Cappella Rucellai. Vicino si trova il pulpito, sul penultimo pilastro, commissionato dalla famiglia Rucellai nel 1443 e disegnato da Filippo Brunelleschi. La realizzazione dei 4 pannelli a bassorilievo spettò al suo figlio adottivo e allievo Andrea Cavalcanti detto il Buggiano (1443-1448). Vi si trovano scolpite le Storie di Maria a bassorilievo, lumeggiate con l'oro nel Settecento. Da questo pulpito fu scagliato il primo attacco contro le scoperte di Galileo Galilei.
Sul quarto altare si trova la Resurrezione e quattro santi di Giorgio Vasari e poco più avanti si trova l'organo risalente all'Ottocento, ai fianchi del quale sono collocate le memorie funebri per gli architetti Giuseppe del Rosso il Vecchio (morto nel 1731) e di Zanobi del Rosso (morto nel 1731).
Il quinto altare presenta una pala cinquecentesca con le Storie di Santa Caterina di Bernardino Poccetti, che fa da cornice ad una statua moderna della santa, mentre il sesto altare è decorato dal San Giacinto e altri santi di Alessandro Allori (1596). All'angolo con il transetto si trova un'acquasantiera della scuola di Benvenuto Cellini.
Altari della navata destra.
Vicino al primo pilastro presso la controfacciata si trova l'acquasantiera in marmo, su una colonnina di mischio rosso, opera di manifattura francese del 1412. Sull'altare che corrisponde alla prima campata si trova la tela con il Martirio di San Lorenzo, opera di Girolamo Macchietti del 1573.
Sul secondo è collocata una Natività di Giovan Battista Naldini, del 1577, mentre vicino si trova la tomba della Beata Villana (morta nel 1381), importante opera della scultura rinascimentale (1451): il volto della beata fu scolpito da Bernardo Rossellino, l'angelo di sinistra da Antonio Rossellino e quello di destra da Desiderio da Settignano.
Il terzo altare presenta la tela della Presentazione al tempio, sempre del Naldini (1577), e nelle vicinanze è collocata la tomba del Beato Giovanni da Salerno, opera quattrocentesca però l'effigie venne dispersa durante la risistemazione della chiesa del 1570, per cui una nuova scultura venne scolpita da Vincenzo Danti seguendo uno stile quattrocentesco.
Nella quarta campata campeggia sull'altare un'altra pala del Naldini, la Deposizione. Ai lati si trovano a sinistra il monumento a Ruggero Minerbetti, di Silvio Cosini (1528-1530 circa) e a destra quello a Tommaso Minerbetti, rinnovato nella seconda metà del Cinquecento.
Il quinto altare era usato dalle compagnie del Pellegrino e del Tempio ed è decorato dalla Predicazione di San Vincenzo Ferrer e il Redentore di Jacopo Coppi detto il del Meglio.
Il sesto e ultimo altare, poco dopo un porta che conduce alla Cappella della Pura (oggi accessibile dal recinto degli avelli, vedi sotto), è decorato dal San Raimondo che resuscita un fanciullo, di Jacopo Ligozzi (1620-1623), mentre vicino all'angolo si trova il monumento funebre di Giovan Battista Ricasoli (morto nel 1572), in marmo, attribuito a Romolo del Tadda.
Il transetto è attraversato da una breve scalinata che porta agli altari ed alle cappelle posteriori e che sostituisce il tramezzo del presbiterio dalla ristrutturazione vasariana del 1565-1571. È composto da tre campate a base quadrata, una grande cappella centrale, grande quasi come l'intera campata centrale, e due coppie di cappelle posteriori di ampiezza dimezzata. Inoltre vi sono due cappelle sopraelevate alle estremità, dalle quali si accede anche alla sagrestia (a sinistra) ed alla Cappella Della Pura (a destra). Nelle chiavi di volta delle crociere si trovano figure simboliche in pietra, scolpite e dorate nel Trecento.
Nel lato destro si trovano tre sepolture parietali di notevole interesse:
La tomba di Tedice Aliotti, vescovo di Fiesole morto nel 1336, attribuita a Maso di Banco (in alto).
La tomba di fra' Aldobrandino Cavalcanti, vescovo di Orvieto morto a Firenze nel 1279 (a sinistra).
La tomba di Giuseppe, patriarca di Costantinopoli morto a Firenze durante il concilio nel 1440, con una pittura murale di autore fiorentino anonimo raffigurante il defunto fra due angeli (in basso).
Vicino alla gradinata per la Cappella Rucellai si trova la lastra tombale di Corrado della Penna, vescovo di Fiesole morto nel 1312, opera della cerchia di Arnolfo di Cambio.
La Cappella Maggiore o Cappella Tornabuoni si trova al centro della chiesa dietro l'altare maggiore. Il Crocifisso centrale è un'opera del Giambologna. Il coro conserva un importantissimo ciclo di affreschi di Domenico Ghirlandaio, al quale probabilmente lavorò anche un giovanissimo Michelangelo Buonarroti, allora nella sua bottega. Sono rappresentati episodi della Vita della Vergine e San Giovanni, ambientate nella Firenze contemporanea e con numerosi ritratti dei committenti e di personalità fiorentine dell'epoca, caratteristica tipica del Ghirlandaio. Sul muro posteriore sono raffigurate le scene di San Domenico che brucia i libri eretici, Il martirio di San Pietro, L'annunciazione e San Giovanni nel deserto. Sugli spicchi della volta sono rappresentati gli Evangelisti.
Le vetrate policrome furono eseguite nel 1492 da Alessandro Agolanti su disegno di Ghirlandaio.
La Cappella di Filippo Strozzi si trova a destra della cappella centrale e conserva uno straordinario ciclo di affreschi di Filippino Lippi, con storie delle vite di San Filippo apostolo e San Giovanni evangelista (terminato prima del 1502). Sul lato destro San Filippo scaccia il dragone dal tempio di Hierapolis e sulla lunetta La crocefissione di San Filippo; a sinistra San Giovanni resuscita Drusiana e in alto Il martirio di San Giovanni; nelle lunette della volta Adamo, Noè, Abramo e Giacobbe. Particolare importanza hanno le scene centrali degli affreschi, ambientate in alcune fantasiose architetture classiche, nelle cui scene si combatte uno scontro fra cultura cristiana e paganesimo, un tema allora di scottante attualità in quanto era il periodo di governo del Savonarola. Dietro l'altare è presente la tomba di Filippo Strozzi, scolpita da Benedetto da Maiano (1491-1495).
La Cappella Bardi, dedicata a san Gregorio, è la seconda a destra e appartenne alla Compagnia della Laudi di Santa Maria Novella. Nel 1335 il patronato passò alla famiglia Bardi di Vernio. Appartengono a questo momento il rilievo sul pilastro di destra con San Gregorio che benedice Riccardo Bardi e gli affreschi con Storie di San Gregorio Papa, attribuiti di recente al pittore anonimo bolognese Pseudo Dalmasio. Un secondo strato di affreschi emerge dalle numerose lacune che interrompono la superficie pittorica: si tratta di una decorazione più antica che venne realizzata assieme ai lunettoni già attribuiti a Duccio di Buoninsegna. La Madonna del Rosaio sull'altare è di Giorgio Vasari (1568).
La Cappella Rucellai si trova in posizione rialzata in fondo al braccio destro del transetto e risale al Trecento. Vi è conservata una statua marmorea di Madonna con bambino di Nino Pisano, della metà del XIV secolo. Gli affreschi sono molto danneggiati e rimangono solo dei frammenti attribuiti al Maestro della Santa Cecilia (restaurati nel 1989). Il pannello sulla parete di sinistra (Martirio di santa Caterina d'Alessandria) fu dipinto da Giuliano Bugiardini tra il 1530 e il 1540, con il parziale uso di disegni di Michelangelo. Un tempo vi era collocata la Madonna Rucellai, oggi agli Uffizi, che infatti prende il nome da questa cappella, anche se questa non era la sua collocazione originaria. Davanti alla cappella il sarcofago di Paolo Rucellai e la Lastra sepolcrale di Fra' Leonardo Dati di Lorenzo Ghiberti (1425).
A sinistra della cappella maggiore si trova la Cappella Gondi, disegnata da Giuliano da Sangallo (1503), dove è conservato il Crocifisso di Filippo Brunelleschi, l'unica scultura lignea conosciuta del grande architetto fiorentino. Secondo una storia riportata dal Vasari, il Brunelleschi lo avrebbe scolpito in risposta al Crocifisso di Donatello conservato in Santa Croce e da lui definito primitivo. Le volte contengono serie di affreschi fra i più antichi della chiesa, del Trecento, attribuiti a maestranze greco-bizantine. La vetrata è recente e risale al secolo scorso.
Segue la Cappella Gaddi, di Giovanni Antonio Dosio (1575-1577), ammirata dai contemporanei come la prima cappella fiorentina incrostata a commesso di marmi e pietre dure. Vi si trovano dipinti e affreschi del Bronzino e del suo allievo Alessandro Allori, oltre a bassorilievi di Giovanni Bandini.
In fondo al braccio sinistro del transetto, in posizione rialzata simmetricamente alla Cappella Rucellai, si trova la Cappella Strozzi di Mantova, per distinguerla da quella di Filippo Strozzi. Anche questa è coperta di affreschi pregevoli, che risalgono al 1350-57, fra le migliori opere di Nardo di Cione (fratello di Andrea Orcagna), e rappresentano i regni dei cieli strutturati secondo la Divina Commedia di Dante: sulla parete di fondo il Giudizio Universale, dove si trova anche un ritratto di Dante, a destra l'Inferno e a sinistra il Paradiso. Sull'altare maggiore Il Redentore con Madonna e santi dell'Orcagna. Nardo di Cione preparò anche il cartone per la vetrata della cappella.
Sulla parete esterna della cappella si trova un orologio affrescato, dove si può leggere anche un distico di Agnolo Poliziano. Poco distante si apre a destra la cappella del Campanile, con resti di decorazioni ad affresco trecentesche, un'Incoronazione di Maria all'esterno e un San Cristoforo all'interno. Sulla parete sinistra del transetto, sopra le due porte, un elegante vano progettato da Fabrizio Boschi nel 1616 ospita un sepolcro Cavalcanti.
Nella prima metà del XIV secolo, vengono costruiti due piccoli organi positivi da fra' Simone de' Saltarelli per accompagnare il canto dei religiosi nel corso delle funzioni. Il primo grande organo a canne venne costruito nel 1457 da fra' Giovanni Tedesco sopra un'apposita cantoria situata nella penultima campata della navata laterale sinistra. Lo strumento viene sostituito nel 1532 un nuovo organo e una nuova cantoria al posto dei precedenti. Lo strumento, la cui cassa fu affidata a Baccio d'Agnolo, mentre la parte fonica fu affidata a fra' Bernardo d'Argenta, riutilizzava alcune canne dell'organo precedente ed era dell'ordine dei 12'. L'organo, rimasto quasi inalterato per più di due secoli, viene sensibilmente ampliato e modificato nel 1821 da Giosuè Agati e ricostruito da Michelangelo Paoli in occasione del Natale 1839. In previsione dei lavori di rifacimento della chiesa condotti da Gaetano Baccani, l'organo viene smontato nel 1855 e non viene reinstallato che nel 1868. Lo strumento attuale (2012) è frutto del rifacimento del 1920 ad opera di Daniele Paoli e non è più ospitato nelle antiche cassa e cantoria cinquecentesche, vendute nel 1856 per avere i fondi necessari per costruire la nuova cantoria in stile neogotico. Esso è a trasmissione pneumatica ed ha due tastiere di 61 note ciascuna ed una pedaliera di 30, e non è funzionante.
a Sagrestia si apre nella parete sinistra del transetto sinistro e inizialmente fu costruita verso il 1380 come Cappella dell'Annunciazione in onore di Mainardo Cavalcanti. Venne ristrutturata in larga parte dal Cinquecento al Settecento. Risale all'impianto più antico la struttura gotica con le volte a crociera (anche se la loro decorazione risale in larga parte a rifacimenti ottocenteschi) e le vetrate nella trifora eseguite da Leonardo di Simone su disegno di Niccolò di Pietro Gerini (1386-1390).
Il lavabo in marmo e terracotta invetriata posto in controfacciata a sinistra è un'opera di Giovanni della Robbia del 1498-1499, mentre quello posto simmetricamente a destra, in marmi policromi, è opera dell'artista della scuola del Foggini, Gioacchino Fortini. Gli armadi con sportelli nella parete di fondo furono disegnati da Bernardo Buontalenti e realizzati da Maestro Lessandro di Luca Bracci da Pelago nel 1582-1584, con le tele seicentesche di Gabriele, l'Annunziata e i Santi Domenico e Tommaso d'Aquino. In controfacciata, sopra l'entrata troviamo un Crocifisso ligneo, opera di Maso di Bartolomeo (1425-1450).
Audioguida - Basilica Santa Maria Novella - tratta da Wikipedia