Lo Spedale degli Innocenti - (spedale deriva dall'antico dialetto fiorentino) - ("ospedale dei bambini abbandonati", col nome che si ispira all'episodio biblico della Strage degli Innocenti) si trova in piazza Santissima Annunziata a Firenze. Fu il primo brefotrofio specializzato d'Europa e una delle prime architetture rinascimentali al mondo, forse la prima in assoluto, su progetto iniziale di Filippo Brunelleschi. Tuttora, nella tradizione di assistenza all'infanzia, ospita due asili nido, una scuola materna, tre case famiglia destinate all'accoglienza di bambini in affido familiare e madri in difficoltà, ed alcuni uffici di ricerca dell'Unicef. Inoltre, con la legge 451/97, l'Istituto è divenuto Centro nazionale di documentazione e analisi sull'infanzia e l'adolescenza, punto di riferimento nazionale ed europeo per la promozione della cura dei diritti dell'infanzia.
La fabbrica è una delle opere più significative della Firenze quattrocentesca, sia nel suo aprire l'età del Rinascimento cittadino in architettura, sia nel suo essere simbolo alto e tangibile di una civiltà che, nell'ambito della sua attenzione alle opere di pubblica utilità, cercò di rispondere in modo moderno ed efficace al problema del ricovero, della cura e dell'istruzione dei fanciulli abbandonati. Enorme è la ricchezza degli studi che sono stati dedicati al complesso e la molteplicità degli ambienti e spazi interni modificati e ampliati nel corso dei secoli e specialmente tra Settecento e Ottocento.
Il loggiato, in particolare, è opera di Filippo Brunelleschi (seppure in parte snaturata rispetto al progetto iniziale), avviata nel 1419 a spese dell'Arte di Por Santa Maria. Nel gennaio del 1421 veniva innalzata la prima colonna del portico, rifacendosi dalla zona verso la chiesa. Sotto la direzione dell'architetto si costruirono entro il 1427 il portico, i due corpi di fabbrica a esso perpendicolari (a sinistra la chiesa e a destra il dormitorio dei fanciulli) e separati dal cortile d'ingresso (chiostro degli Uomini). Dopo un periodo di interruzione i lavori ripresero nel 1436 sotto la direzione di Francesco della Luna, che inizialmente operò nella zona oltre il dormitorio dei fanciulli.
Nel 1436 lo stesso Francesco della Luna, dopo aver già aggiunto al portico di facciata una campata cieca sulla destra, soprelevò con un piano finestrato il portico per ottenere una vasta sala coperta sempre da destinarsi al soggiorno dei fanciulli: così facendo reinterpretò il progetto di Brunelleschi che prevedeva il loggiato coperto da una semplice tettoia a spiovente, ai lati della quale si disponevano i due volumi equivalenti della chiesa e del dormitorio, che superavano in facciata l'altezza del portico e ne sporgevano con tutto il colmo triangolare del tetto.
Aggiunte e modifiche al progetto originario di Brunelleschi sono oggi di controversa identificazione, ma sicuramente ci furono e furono rilevanti, come testimonia Antonio Manetti riportando nella biografia di Brunelleschi la notizia che il maestro aveva mosso critiche alle proporzioni ed all'aggiunta di elementi decorativi. Per esempio si sa che criticò la mancata prosecuzione delle paraste al secondo piano, che sottolineasse la partizione tra il portico e le strutture laterali e colmasse il vuoto maggiorato nella distanza tra le finestre in quel punto.
Il 25 gennaio 1445 l'ospedale fu inaugurato; dell'11 aprile 1451 è invece la consacrazione della chiesa.
Nel 1845 l'architetto Leopoldo Pasqui avviò un restauro, nell'ambito del quale furono consolidate e sostituite le colonne del porticato, lesionate dal terremoto del 1842. Sempre per quanto riguarda la storia delle trasformazioni si ricorda il cantiere condotto dall'architetto Luigi Fusi, volto a una razionalizzazione di tutto il complesso che, venute meno le due ali su via dei Fibbiai e via degli Alfani cedute a Santa Maria Nuova, fu dotato di un attico sulla facciata rinascimentale, inaugurato nel 1895.
Agli anni tra il 1966 e il 1970 si data invece un complesso cantiere di restauro su progetto degli architetti Rodolfo Raspollini, Domenico Cardini e Guido Morozzi, e direzione dei lavori dell'architetto Domenico Cardini e dell'ingegnere Mario Focacci. Il fronte sulla piazza, compreso il loggiato, fu poi nuovamente restaurato nel 1994.
Il corpo di fabbrica che si estende al di sopra del portico accoglie la Galleria dello Spedale degli Innocenti, ora Museo degli Innocenti, in fase di ampliamento e riordino dal 2006. Il passaggio sulla volta di via della Colonna fu realizzato sotto il priorato di Vincenzo Maria Borghini.
Il complesso appare nell'elenco redatto nel 1901 dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, quale edificio monumentale da considerare patrimonio artistico nazionale.
Il portico esterno fu sicuramente opera di Brunelleschi. Esso è lungo 71 metri e composto da nove campate con volte a vela e archi a tutto sesto poggianti su colonne in pietra serena. Rispetto alla piazza è rialzato da una gradinata ed alle estremità è affiancato da due corpi pieni, delimitati da paraste scanalate e con un portale ciascuno. La parte superiore è composta da una serie di finestre, sottolineate da una cornice marcapiano e con copertura a falda inclinata del tetto con grondaia sporgente.
L'edificio che guarda alla piazza si erige sopra una scalinata e si caratterizza per un porticato definito da nove ampie arcate a pieno centro su colonne con capitelli d'ordine corinzio e, ai lati, da due altre arcate fiancheggiate da lesene scanalate. Su queste e sugli archi poggia un leggero architrave sormontato da una fascia marcapiano, su cui si impostano finestre a timpano.
La chiesa dello spedale, alla quale si accede dal porticato quasi a fianco della ruota, fu intitolata a Santa Maria degli Innocenti. Fu rimodernata internamente nel 1786 da Bernardo Fallani e da Sante Pacini, che affrescò la volta con Mosè salvato dalle acque.
L'altare maggiore, proveniente dalla distrutta chiesa di San Pier Maggiore, fu realizzato nel Seicento in pietre dure, ed è ornato da un'Annunciazione di Mariotto Albertinelli e di Giovanni Antonio Sogliani. L'altare è inquadrato da un arco con due colonne e una balaustrata in marmo. Ai lati ci sono due cantorie; l'organo di quella di sinistra è coperto da un velario con Rachele che piange i figli; su quello di destra Il sogno di Giuseppe, due pitture di Sante Pacini, il quale ha decorato anche il soffitto, mentre Giovacchino Masselli decorò le altre pareti.
Oltre al fonte battesimale della fine del Trecento o degli inizi del Quattrocento, la chiesa conserva anche una tela seicentesca di Matteo Rosselli, raffigurante la Vergine in gloria fra i Santi Martino e Gallo. Questa tela fu eseguita a spese dello "spedalingo" Pieri, il quale volle rammentare con esso la riunione dei tre Ospedali degli Innocenti, di San Gallo e di San Martino alla Scala.
Il complesso degli Innocenti, oltre a un ricco Archivio storico, custodisce anche la Pinacoteca dello Spedale, allestita nel salone soprastante il loggiato brunelleschiano. In questa zona fu predisposto nell'Ottocento uno sciagurato lavoro di realizzazione di un attico sopra la facciata per ingrandire i locali a disposizione dell'Istituto, dopo la decurtazione di altri ambienti. Per finanziare tali lavori fu venduta una parte rilevante delle oltre 300 opere d'arte dell'Istituto (secondo l'inventario del 1840), che andarono disperse per il mondo. Rimasero solo 77 opere, che cinquant'anni dopo furono raccolte in uno spazio attiguo nell'antico refettorio delle donne. In seguito ai danni dell'alluvione del 1966 fu predisposto un restauro complessivo della struttura, ripristinando l'aspetto originario dell'edificio, con la demolizione dell'attico e la reintegrazione del grande salone (1971) dove oggi è sistemata la collezione di dipinti, sculture, oggetti d'arte pertinenti allo Spedale, o provenienti da altre istituzioni religiose soppresse. La collezione è piccola ma vanta alcune opere di grandissimo pregio. Fra queste lo stendardo processionale dello Spedale raffigurante la Madonna con i piccoli Innocenti, con il loggiato brunelleschiano sullo sfondo, eseguito nel 1445 da Domenico di Michelino e poi restaurato agli inizi del Cinquecento dalla bottega di Francesco Granacci.
Proveniente dall'altar maggiore della chiesa dello Spedale è la grande pala raffigurante l'Adorazione dei Magi, uno dei capolavori di Domenico Ghirlandaio su tavola, dipinta dal 1485 al 1488 in collaborazione con Bartolomeo di Giovanni, autore dei sette pannelli della predella. Nella grande pala, curata nei minimi dettagli, figurano i Magi riccamente vestiti che presentano due bambini feriti alla Madonna, chiaro riferimento agli scopi assistenziali dello Spedale. Sullo sfondo infatti è rappresentata la strage degli innocenti, accanto ad un magnifico paesaggio con una città portuale che testimonia lo studio da parte del Ghirlandaio delle opere di scuola fiamminga. A sinistra è raffigurato san Giovanni Battista in ginocchio davanti a un giovane Magio vestito di giallo che offre una coppa; alle spalle di quest'ultimo il pittore avrebbe raffigurato se stesso accanto al committente dell'opera, il responsabile dell'Istituto, vestito di nero. Sulla destra compaiono riccamente vestiti i membri dell'Arte della Seta, patroni dello Spedale, mentre dietro alla Madonna sono raffigurati due personaggi simbolo dell'impegno di laici e religiosi nella opera assistenziale. Chiudono in alto un coro di angeli in atto di cantare il Gloria, del quale sorreggono entro un cartiglio la partitura musicale, e un arco rinascimentale che riporta la data di completamento dell'opera.
Bellissima è anche la brillante terracotta invetriata raffigurante la Madonna col Bambino, eseguita da Luca della Robbia nel 1448, di uno smagliante bianco, colorato solo negli occhi e nel basamento di blu. Di notevole interesse la Madonna col Bambino, angeli e santi di Piero di Cosimo (1490 circa) e la Madonna col Bambino e un angelo di Sandro Botticelli, opera giovanile ispirata a un'analoga Madonna di Filippino Lippi agli Uffizi.
Interessante documentazione della vita all'interno dello Spedale è l'affresco di Bernardino Poccetti, nell'ex refettorio delle donne, raffigurante la Strage degli Innocenti e scene della vita dei neonati.
L'Arte della Seta finanziava lo Spedale tramite il versamento obbligatorio di un contributo da parte dei suoi iscritti. Per la gestione era eletto uno "spedalingo", affiancato da tre "operai".
Inizialmente i fanciulli abbandonati potevano essere deposti in una pila, una sorta di conca simile a un'acquasantiera, situata sotto il porticato, sostituita successivamente da una "finestra ferrata". Nel 1660 la finestrella attraverso la quale venivano introdotti i piccoli abbandonati venne spostata all'estrema sinistra. Le madri disperate potevano così appoggiare i loro figli (i gittatelli), e suonare la campanella, facendoli entrare al riparo senza essere viste. Spesso lasciavano delle lettere o dei "segnali" di riconoscimento insieme ai neonati. Molto frequentemente si trattava di medaglie spezzate a metà, con le quali si sperava, presentando l'altra metà, di ottenere un ricongiungimento con i figli in tempi migliori. La notte del 3 giugno 1875 la ruota venne definitivamente murata.
Nel 1448, a tre anni dall'apertura, i registri riportano 260 piccoli ospiti; nel 1560 erano diventati 1320 e nel 1681 più di tremila. Per garantire un sufficiente allattamento, gli spedalinghi ricorrevano spesso alla prestazione di donne di campagna, che ricevevano i bambini in fasce in balia. Già nel 1577 venne predisposto l'allattamento artificiale tramite l'acquisto di una vacca dalla Romagna, che produceva quattro fiaschi di latte al giorno, somministrato ai bambini tramite "certi bicchierini fatti apposta col pippio".
I bambini potevano essere adottati, ma più di frequente venivano dati a famiglie affidatarie che li riconsegnavano all'età di sette anni. I maschi venivano istruiti con gli studi essenziali e poi erano mandati nelle botteghe a imparare un mestiere. Le femmine, invece, venivano spesso tenute nell'ospedale per curarne il funzionamento e per lavorare per l'Arte della Seta. Fino a 25 anni le ragazze vestivano di bianco, poi di azzurro e, al compiere dei 45, di nero.
Grande timore destavano le epidemie, che si cercava di evitare lavando i bambini con "aceti forti". Nel 1756 fu effettuato nell'ospedale il primo esperimento in Italia di vaccinazione contro il vaiolo.
Uno spaccato della vita quotidiana nell'ospedale è testimoniato dall'affresco della Strage degli Innocenti di Bernardino Poccetti che in vecchiaia, dal 1610, si stabilì nell'ospedale con la moglie in cambio della decorazione ad affresco di alcuni locali. Nella parte destra di tale affresco, conservato nel vecchio refettorio, si vede uno spaccato dell'edificio, con una donna, in fuga dalla strage, che sembra dirigersi per abbandonare il proprio figlio avvicinandosi al portico; all'interno si vedono i preparativi per il pranzo, la scuola e la preghiera davanti all'altare prima di coricarsi; in primo piano si vedono le balie che allattano i trovatelli sorvegliate da un'anziana priora, mentre all'estrema destra alcune bambine rendono omaggio al granduca Cosimo II venuto in visita, condotto dal priore Roberto Antinori e da tre dignitari tra i quali lo stesso Poccetti, in secondo piano.