Il Museo Opificio Rubboli si trova nel comune di Gualdo Tadino, aperto nel 2015 nei locali della manifattura ottocentesca di maioliche a lustro, conserva gli antichi forni a muffola, realizzati seguendo il disegno del trattatista rinascimentale Cipriano Piccolpasso (1558).
L’apparato produttivo originale che comprende torni, vasche, mensole, forni, oltre a stampi, utensili, ossidi e pigmenti, restituisce un vero brano di histoire événementielle, nella sua rispondenza a un ambiente reale di centocinquanta anni fa. Le sale espositive coincidono quindi con i luoghi in cui furono realizzate le ceramiche appartenenti alla collezione museale.
La manifattura Rubboli era dedita alla fabbricazione di maioliche a lustro oro e rubino che replicavano a livello tecnico e stilistico quelle del celebre ceramista rinascimentale Maestro Giorgio Andreoli (Intra, 1465-70 – Gubbio, 1533). Nacque ad opera di Paolo Marino Rubboli (Fiorenzuola di Focara, 1838 – Gualdo Tadino, 1890), un pioniere del revival del lustro nel XIX secolo. Anche il fratello maggiore di Paolo, Vincenzo Rubboli (Fiorenzuola di Focara 1835 – Roma 1896), ebbe con tutta probabilità un ruolo significativo nella fondazione della ditta, quando nel 1863, mentre si trovava a Fabriano presso la fabbrica Miliani, scrisse alla Ferniani di Faenza, proponendo una formula per il lustro già sperimentata con successo. Dieci anni più tardi sarà Paolo ad avanzare un’offerta simile allo stesso destinatario. Paolo Rubboli si stabilì a Gualdo Tadino nel 1875, iniziando a lavorare nell’ex convento di San Francesco, in un’impresa di cui era titolare il collezionista e mercante d’arte antica, Marcello Galli Dunn. Tale sodalizio ebbe vita breve, terminando l’anno successivo. L’attività venne quindi rilevata da Paolo che, forse con il sostegno economico del fratello, riuscì ad affermarsi nella realizzazione di pregiate maioliche neo-rinascimentali, impiegando una tecnica da poco riscoperta dopo un oblio di due secoli e mezzo. Nel suo progetto fu affiancato dalla terza moglie, la ceramista Daria Vecchi Rubboli (Fabriano,1853 – Gualdo Tadino 1929) che ne condivideva la passione e quei segreti di bottega, senza i quali il lustro non sarebbe riuscito.
Nel 1878 furono donati alla municipalità di Gualdo Tadino due piatti da parata, uno con lo stemma comunale e l’altro con la Bottega del pittore Matteo da Gualdo, firmati sul verso con la frase “Giuseppe Discepoli pinse, Paolo Rubboli iridiò”. La donazione era accompagnata da una lettera di Paolo, utile per ricostruire le vicende riguardanti la genesi della manifattura e comprendere l’entusiasmo dei ceramisti che avevano contribuito alla riscoperta del lustro. Nel 1882 il contratto di affitto con il comune per i locali dell’ex convento di San Francesco venne rescisso e la manifattura cambiò sede, insediandosi dove attualmente sorge il museo, su un terreno in Via del Reggiaro che successivamente si chiamò Via del Forno, mentre attualmente corrisponde a Via Discepoli. La costruzione del nucleo iniziale dell’opificio, con i forni a muffola e l’abitazione di famiglia in un settore distinto, avvenne dal 1882 al 1884 e nel frattempo l’ex convento di San Nicolò, ora non più esistente, ma un tempo situato nei paraggi, fungeva da deposito e laboratorio.
Paolo scomparve improvvisamente nel 1890, un anno dopo la morte del suo primogenito Alessandro (Pesaro 1865 – Gualdo Tadino 1889), avuto dalla prima moglie Amalia Giammarchi (Pesaro, 1841-1867) e documentato alla Rubboli come pittore. La direzione passò quindi a Daria, che continuò e incrementò la produzione, ottenendo diversi riconoscimenti. Successivamente, dopo la prima guerra mondiale, le subentrarono i figli Lorenzo (Gualdo Tadino, 1884-1943) e Alberto (Gualdo Tadino, 1888-1975), mentre il maggiore, Augusto (Gualdo Tadino 1878 - Cassano d’Adda 1931) seguirà un'altra strada. Negli anni venti del XX secolo la ragione sociale della ditta venne modificata in Società Ceramica Umbra (SCU), convergendo nel Consorzio Italiano Maioliche Artistiche (CIMA) per qualche anno, fino al 1931. In questa fase l’opificio fu ingrandito, con l’aggiunta di nuovi ambienti e di altri forni a muffola. Inoltre i fratelli costruirono le proprie abitazioni nelle immediate vicinanze. Si produceva a pieno ritmo, con una sede distaccata a Gubbio, diretta da Lorenzo Rubboli, che ebbe però breve durata. La crisi finanziaria del 1929 influì su molte imprese all’epoca, risultando particolarmente gravosa per la Rubboli che esportava i propri manufatti in Europa e oltreoceano. Ciò comportò un ridimensionamento dell’attività per far fronte alla difficoltà dell’azienda, con la decisione di recedere dal consorzio. Molto presto, per ragioni di incompatibilità, i fratelli ritennero di separarsi, dando vita a due ditte distinte, con la ripartizione di sale e forni, ma anche di stampi e spolveri.
La ditta di Lorenzo Rubboli, dopo la morte del titolare nel 1943, passò alle figlie Livia, Gina e Ivana che la tennero in vita fino al 1955. Quella di Alberto Rubboli proseguì invece oltre la sua scomparsa nel 1975, ad opera delle figlie Laura e Edda e successivamente dei nipoti, giungendo fino agli anni novanta del XX secolo. In seguito alla chiusura definitiva della manifattura degli eredi di Alberto a causa dei danni provocati dal sisma del 1997, iniziarono le trattative per l’acquisto e il restauro dell’immobile da parte del comune di Gualdo Tadino. L’ideazione e la promozione del progetto museale vanno attribuite a Maurizio Tittarelli Rubboli, figlio di Gina Rubboli e nipote di Lorenzo, dalla cui collezione provengono le maioliche presenti nelle sale del Museo Opificio Rubboli.
Il sistema tradizionale di lavorazione, praticato ininterrottamente per tutta la durata della manifattura, ha consentito la conservazione della struttura e degli impianti originari, salvati e valorizzati dalla conversione dell’opificio in museo.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_Opificio_Rubboli