La basilica concattedrale di San Bartolomeo è il principale luogo di culto di Lipari, comune italiano della città metropolitana di Messina, concattedrale dell'arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela. La chiesa sorge nel cuore della Cittadella e il prospetto principale si affaccia a nord-ovest sulla scalinata che conduce nella parte bassa della città ed è la più grande e antica delle chiese di Lipari. Appartenente all'arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, vicariato di Lipari sotto il patrocinio di San Bartolomeo, arcipretura di Lipari, parrocchia di San Bartolomeo. Antica diocesi di Lipari.
Per la costruzione della chiesa bisogna attendere l'intervento del conte Ruggero del casato normanno d'Altavilla meglio conosciuto come Ruggero I di Sicilia o conte di Sicilia, padre di Ruggero II, bisnonno materno di Federico II di Svevia o Federico I di Sicilia del casato svevo degli Hohenstaufen. L'opportunità per il processo di ricristianizzazione della Sicilia è colta assieme al fratello Roberto il Guiscardo per redimere una controversia, il pretesto per l'invasione e riappropriazione dell'isola, risiede nella richiesta d'aiuto da parte dell'Emiro di Siracusa, allora in lotta contro l'Emiro di Castrogiovanni, avviando di fatto l'inizio della completa conquista Normanna della Sicilia sottraendola al dominio arabo.
Il ritorno alla sovranità di matrice cattolica costituisce l'impulso per l'edificazione di una serie di splendide cattedrali, successivamente e ripetutamente rimaneggiate e riedificate per eventi posteriori, prevalentemente di carattere sismico. Tutto ciò è seguente a un arco temporale che dall'837 agli anni appena precedenti il biennio 1082 - 1083 (cessione delle terre) con l'invio da parte di Ruggero dell'Abate Ambrogio e dei religiosi dell'Ordine di San Benedetto (poi destinati anche all'incarico di condurre il monastero del Santissimo Salvatore e l'annessa cattedrale di San Bartolomeo di Patti), durante il quale è riedificata la chiesa di San Bartolomeo e dell'annesso monastero benedettino, che assume il rango di cattedrale grazie all'interesse dell'abate Giovanni Pergana, nominato in seguito vescovo della diocesi di Lipari. Papa Urbano II durante il processo di ricristianizzazione della Sicilia approva l'erezione del monastero e dona all'abate Ambrogio le decime che esige nel territorio di Patti.
Nel 1094 all'abbazia sono assegnate la metà delle proprietà e delle rendite dei terreni del feudo di Naso.
L'arcivescovo di Messina Ugone il 24 settembre 1131 in considerazione dei cospicui tributi assegnati dal conte Ruggero ai due monasteri di Patti e di Lipari, eseguendo il contenuto della bolla pontificia di papa Anacleto II, promuove a vescovado i due monasteri, affidandone nell'ottobre dello stesso anno, la cura spirituale e temporale all'abate Giovanni, cui conferisce la dignità vescovile.
Il riconoscimento ufficiale della diocesi da parte della Santa Sede avviene nel 1157 fino al 1399, quando papa Bonifacio IX, considerata l'estensione, la distanza dei luoghi per via del braccio di mare che le separa, con il consenso del re Martino I di Sicilia, divide l'episcopato in due diocesi: Lipari e Patti.
Accanto alla chiesa a navata unica, sorge il monastero sviluppato attorno al chiostro, il primo di stile latino-normanno di Sicilia. Dei quattro ambulacri originari ne sono pervenuti tre recentemente riportati alla luce, il quarto opportunamente modificato costituisce l'attuale navata destra della cattedrale.
Successivi ampliamenti documentati tra il 1450 e il 1515 completano l'edificio con un artistico soffitto di legno a capriate, incendiato nel luglio 1544 in seguito all'assalto dell'armata corsara turco - ottomana capitanata da Khayr al-Din Barbarossa. Ricostruzione promossa dal vescovo Annibale Spadafora nel 1553 con realizzazione del tetto in muratura con volta a botte. Il 13 febbraio 1654 il vescovo Benedetto Geraci presiede i riti di consacrazione del tempio.
Nel 1728 segue la commissione della statua argentea del protettore e costruzione dell'altare ligneo posto alla sinistra dell'abside, quale segno di ringraziamento per lo scampato pericolo, preservando dalla distruzione l'intero arcipelago dal sisma dell'11 gennaio 1693 noto come terremoto del Val di Noto. Alla realizzazione del prezioso simulacro seguì l'attività del vescovo Francesco Maria Miceli, che dal 1743 arricchì la chiesa d'argenterie liturgiche e lavori d'oreficeria. Nel 1769 il vescovo Bonaventura Prestandrea con i lasciti del predecessore perfezionò le ali dell'edificio, costruì l'Aula consiliare, fece affrescare l'interno, con particolare riguardo al soffitto arricchito con un ciclo di scene bibliche tratte dal Vecchio Testamento.
Da questo punto di vista il monumento e l'intero comprensorio eoliano sono risparmiati o meglio, non esistono nelle cronache notizie riguardanti gravissimi danni derivanti da spaventosi eventi sismici contrariamente a quanto si è registrato nei secoli nella vicinissima costa della terraferma. Il terremoto della Calabria meridionale del 1894 del 16 novembre è documentato cronologicamente ma, ricordato solo nel calendario delle feste patronali per ringraziare il santo protettore per aver evitato agli isolani le disgrazie derivate in tutta la provincia a causa delle terribili rovine. Fra il 1755 e la fine del secolo è innalzato il campanile. Nel 1772 la cattedrale è ingrandita con due navate laterali, quella destra comporta l'utilizzo di mura e spazi d'intercolumnio dell'ambulacro settentrionale del chiostro.
Anche il prospetto di pietra paglierina vesuviana è messo in opera intorno al 1772 per dare un delicato contrasto e senso di armonica dinamicità all'insieme architettonico del duomo o chiesa madre. Nell'ultimo decennio del secolo sono rivestiti gli altari di marmo arricchiti dalle belle tele del palermitano Antonio Mercurio, figlio di Gaetaneo Mercurio, realizzate tra il 1779 e il 1780.
Nel 1789 il vescovo Giuseppe Coppola riconsacrò la cattedrale riedificata dal Prestandrea. Con sentenza del 12 agosto 1789, emessa dopo la morte di Giuseppe Coppola, Ferdinando I delle Due Sicilie pose la sede vescovile di Lipari sotto il regio diritto di patronato.
Nel 1859 un fulmine colpisce e distrugge il timpano della facciata e un paio di campate della volta. L'intervento di ripristino è immediato e termina nel 1861. Le pitture scomparse non sono state sino a oggi ripristinate. Dalla fondazione, la cattedrale di San Bartolomeo assolve il ruolo di chiesa parrocchiale unica con giurisdizione su tutto il comprensorio dell'arcipelago. Monsignor Angelo Paino ha snellito l'azione pastorale delle tante chiese vicarie o sacramentali, sollecitando il decreto governativo del 28 ottobre del 1910, istituendo nella diocesi le prime sedici parrocchie autonome, compresa quella della stessa cattedrale.
Il 30 settembre 1986 si ebbe l'unificazione giuridica delle diocesi di Messina, Lipari, Santa Lucia del Mela nell'unica arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, Ignazio Cannavò fu il primo arcivescovo metropolita e archimandrita del Santissimo Salvatore.
La spettacolare facciata si presenta sulla scenografica scalinata con la sua straordinaria bellezza e slancio verso il cielo. Il lento incedere lungo il percorso pedonale costituisce effetto moltiplicatore degli spazi e dei volumi che gradualmente svelano le magnifiche proporzioni del complesso. Il sito è altrimenti raggiungibile mediante la carrozzabile attraverso la Porta Carraia del Castello ma, questo itinerario è più interessante per la visione dell'intero complesso della Citàti. La facciata è contraddistinta da due ingressi laterali minori e da un portone principale, impreziositi da portali marmorei costituiti da colonne ioniche sormontate da capitelli in stile corinzio che incorniciano gli ingressi fino agli architravi con timpani costituiti da volute a ricciolo. L'architrave dell'ingresso principale reca incisa l'iscrizione "DIVO BARTOLOMEO DICATUM". I due timpani laterali all'interno recano delle steli riccamente scolpite e decorate. Le entrate laterali sono sormontate da finestre vetrate riccamente incorniciate con arco superiore, al centro, la nicchia con emisfero a conchiglia simbolo del pellegrinaggio, contenente la statua del Santo, chiude un finestrone vetrata con timpano mistilineo. Quattro pilastri paraste in pietra viva sormontati da capitelli con modanature, costituiscono le nervature verticali del prospetto fino al cornicione superiore con grande arcata centrale. Il timpano è costituito da una successione di quattro ordini decrescenti di frontoni rettangolari raccordati da volute con riccioli verso il basso al primo e secondo livello, volute verso l'alto nei restanti livelli separati da cornicioni dalle variegate modanature. Sui contrafforti dei primi due ordini rispettivamente vasi e obelischi tronchi piramidali; all'interno dei frontoni degli stessi ordini delimitati da pilastri paraste troviamo lo stemma coronato con dedica "DIVO BARTOLOMEO DICATVM", una serie di cornici concentriche infine la data di fine costruzione dell'intero timpano “1861”, data dettata dalla ricostruzione del timpano e parte delle volte a causa della caduta di un fulmine nel 1859, chiude al vertice un'artistica doppia croce in ferro battuto.
Dal punto di vista dell'osservatore, sul lato sinistro completa il prospetto anteriore dell'edificio, la massiccia torre campanaria a sezione quadrangolare, costituita da quattro ordini eretta fra il 1755 e la fine del secolo. L'ultima cella cilindrica è raccordata ai vertici della base con massicce volute a ricciolo verso il basso. Pilastri paraste convesse e cornicioni in pietra lavica delimitano i primi tre livelli caratterizzati da: finestre ovoidali cieche al primo, monofore al secondo, monofore aperte nella cella campanaria del terzo, orologio fra volute decorative a NW e finestrelle circolari sulle restanti facciate, realizzate in pietra viva con elementi decorativi e ornamentali, timpani sospesi e davanzali. La cella cilindrica presenta monofore aperte, timpani ad arco sospesi e targhe per iscrizioni.
In seguito alle continue invasioni arabe l'isola di Lipari resta disabitata, i Normanni insediandosi nelle parti interne pianeggianti trovano solo degli sparuti villaggi di abitanti di lingua greca. Nel 1083 il conte Ruggero I invia i monaci benedettini che ben presto si adattano alla serenità del luogo e invogliati dalla bellezza, costruiscono un monastero nei pressi del castello. L'abate Ambrogio capo dei monaci, dirige i lavori del chiostro normanno a noi pervenuto, che è completato all'epoca di Ruggero II intorno al 1131 secondo i modelli benedettini cluniacensi, la chiesa è in primo piano rivolta a nord, il chiostro a sud, appresso il monastero. La pace continua per numerosi anni e la vita della comunità non subisce mutamenti ma, è imminente e disastrosa l'invasione dei Turchi. Tutto è distrutto con un incendio e la popolazione resa schiava.
Nel 1516 Carlo V eredita da Ferdinando d'Aragona assieme a tanti altri titoli da altrettanti rami familiari, il regno di Napoli, di Sardegna e di Sicilia, combatte contro il Barbarossa che ripara in Africa nel 1535, in seguito inizia in alcune città della Sicilia e a Lipari l'opera di ricostruzione: fortifica il castello con mura inespugnabili, la Cattedrale è riedificata quale simbolo vivo della cristianità e della fede degli isolani. A tre navate, imponente si estende sul lato nord del chiostro. Ormai il chiostro non ha più il suo ruolo principale, è adibito a cimitero e ricoperto, in seguito ad un terremoto è soffocato da un muraglione che lo occulta per secoli. Solo da pochi decenni è riscoperto nella sua naturale bellezza, nel 1978 da Luigi Pastore che curiosando tra gli ambienti attigui alla Cattedrale nota dei capitelli e subito avvisa le autorità competenti delle Soprintendenze per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici, etnoantropologici e archeologici. Oggi appare in tutta la sua bellezza ed è motivo di continue visite turistiche.
Inizialmente era quadrangolare, il lato nord più corto. Al centro un giardino avvolto ai lati da una galleria con colonnato, il lato nord accorpato alla chiesa dopo un restauro, della quale costituisce la navata destra.
Le colonne hanno un particolare pregio in quanto provenienti da case romane precedenti e sono tutte quelle scanalate, del resto numerosi manufatti sono stati localizzati nei bacini naturali ora sommersi del porto. D'interesse sono alcuni capitelli raffiguranti animali mostruosi o colombe che beccano datteri. Furono fatti da maestranze di scuola benedettina cluniacense.
Nel locale Museo archeologico regionale eoliano sono custoditi frammenti di pavimenti antichi accuratamente protetti in fase di restauro, materiale rinvenuto durante gli scavi, una riproduzione fotografica del Constitutum dell'abate benedettino Ambrogio, con il quale in epoca normanna, dopo la cacciata degli Arabi, è stato regolamentato il ripopolamento di Lipari e delle Eolie.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Concattedrale_di_San_Bartolomeo_(Lipari)