La Basilica Cattedrale protometropolitana di Santa Maria Assunta o Duomo di Messina, è chiesa madre e cattedrale dell'arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela. Sorge nel centro storico di Messina, prospetta con la facciata ed il campanile sull'ampia piazza del Duomo.
Nel giugno del 1947 papa Pio XII l'ha elevata alla dignità di basilica minore.
Il Tempio è dedicato a Dio col titolo di Nostra Signora Assunta in Cielo altrimenti noto fino alla rivolta antispagnola (1678) come «Chiesa di Santa Maria la Nuova».
Il tempio protometropolitano è edificato durante l'Impero di Giustiniano I, sotto il pontificato di Papa Bonifacio II per opera di Belisario nell'anno 530. Anno determinato dal rinvenimento di alcune monete d'oro sepolte alla base di una delle torri del tempio. Esiodo all'inizio del VII secolo a.C. documenta il Tempio di Nettuno sulla «Riviera del Faro» . Il riutilizzo del materiale di risulta e le colonne, trasferiti nell'attuale sito, costituirono le basi per l'edificazione del tempio cristiano.
Durante i circa due secoli dell'emirato islamico di Sicilia la costruzione è miseramente devastata, verosimilmente per essere trasformata in moschea, così come accade per la cattedrale metropolitana della Santa Vergine Maria Assunta di Palermo.
La recrudescenza dei ripetuti assalti saraceni, le restrizioni culminate nelle limitazioni delle forme di culto cristiano, imposero alla stessa stregua della corte vescovile palermitana rifugiatasi a Monreale, il trasferimento della sede vescovile messinese che si insediò presso l'interna diocesi di Troina. Il contesto storico vede il Val Demone già privato in epoca bizantina delle diocesi soppresse di Mylae e Tyndaris; Hyccara, Thermae, Tauromenion e Leontinoi, soppresse dai vari Emiri islamici e non più ripristinate, dopo la riconquista cristiana, sotto re Ruggero II e i suoi successori.
Un'ampia porzione di territorio costituito dal litorale settentrionale dell'isola rimase soggetto alla sola sede di Panormus temporaneamente trasferita presso l'Aghia Kiriaki di Monreale. Le diocesi di Cephaloedium e Lipari sono soppresse per poi essere ripristinate solo dopo la costituzione del Regno di Sicilia, le diocesi di Patti e quella di Santa Lucia del Mela saranno istituite rispettivamente dalla Dinastia normanna degli Altavilla la prima, e dalla Dinastia sveva la seconda. La definitiva cacciata degli arabi comporta il reinsediamento della curia diocesana in città, il titolo e la cattedra vescovile sono trasferiti alla chiesa di San Nicolò all'Arcivescovado, status che passerà alla restaurata chiesa di Santa Maria La Nova alla riconsacrazione del 1197.
Dopo svariati tentativi successivi al 1060, nel 1072 il gran conte Ruggero conquista la città, sottraendola al dominio islamico, e restituisce la chiesa al culto cristiano avviando di fatto l'inizio della costruzione di quello che diventerà il potente Regno di Sicilia governato dai suoi successori dinastici. La chiesa è sommariamente ricostruita dal «miserabile stato» in cui versava dopo la profanazione e i guasti apportati dai Saraceni, come risulta da privilegio reale di rifondazione del 1096.
Il ritorno alla sovranità di matrice cattolica costituisce l'impulso per l'edificazione di una serie di splendide cattedrali in Sicilia.
La solenne riconsacrazione avviene il 22 settembre 1197 sotto il pontificato di Papa Celestino III, presieduta dall'arcivescovo Bernardo di Masio, presenti l'imperatore e Re di Sicilia Enrico I, figlio di Federico Barbarossa, e la regina Costanza d'Altavilla ultima principessa degli Altavilla, a lui andata in sposa portando in dote il Regno di Sicilia.
In questo tempio Sant'Angelo da Gerusalemme nel 1220 impartì il battesimo a numerosi barbari saccheggiatori convertiti al cristianesimo, nel 1307 di un altro grande esponente dell'Ordine carmelitano furono celebrate le solenni esequie: Alberto degli Abati.
Le strutture originarie del sacro edificio, lungo il corso dei secoli, sono state oggetto di frequentissime trasformazioni, talora con l'aggiunta di elementi architettonici e decorativi che indulgevano al gusto del tempo. Ciò fu dovuto quasi sempre alle ferite inflitte da disastrosi eventi, soprattutto da terremoti, e alla conseguente necessità di ricostruire in tutto o in parte. Una successiva distruzione avviene nel 1254, provocata da un furioso incendio durante i funerali di re Corrado I di Sicilia. Re Manfredi s'impegna a ripristinare l'edificio nel 1260, con l'arcivescovo Guidotto de Abbiate ha inizio un periodo di lento ma, continuo arricchimento che durò sino a tutto il '500.
Nella fabbrica sono introdotti elementi decorativi di grande rilievo, quali ventisei colonne di granito, mosaici policromi, una profusione di marmi mischi, le decorazioni del soffitto, gli splendidi portali, il rivestimento marmoreo a fasce bicrome della facciata, una selva di altari e altarini addossati alle colonne e alle superfici parietali. Mense, steli, cappelle, tombe e sepolcri furono numericamente ridimensionati a partire dalla realizzazione dell'imponente complesso dell'apostolato, il cui autore, Giovanni Angelo Montorsoli, discepolo e collaboratore di Michelangelo Buonarroti, costruì contemporaneamente alla splendida fontana di Orione che si ammira in piazza del Duomo.
Il campanile fu danneggiato da un fulmine nel 1558 e ricostruito nel 1564 su disegno di Andrea Calamech. Il terremoto della Calabria del 27 marzo 1638 con tre scosse principali nello spazio temporale a cavallo tra vigilia e la Domenica delle Palme del marzo 1638, causa il crollo delle merlature, lo sfondamento del tetto, danni alla Cappella del Santissimo Sacramento, alla navata corrispondente e la morte di alcune persone. Scosse di pari intensità provocano ulteriori danni col sisma verificatosi appena tre mesi dopo.
Con la rivolta antispagnola il ricco patrimonio librario e documentale custodito nella torre campanaria, comprendente numerosi codici e pergamene con i privilegi della cattedrale e la biblioteca di Costantino Lascaris, fu requisito e trafugato in Spagna. La cella campanaria fu privata delle campane, restituite solo nel 1716 da Vittorio Amedeo di Savoia. Altri danni furono apportati al campanile dai due terremoti del Val di Noto del gennaio 1693 che interessarono l'intera Sicilia orientale.
Il fiorire del barocco determina la sovrapposizione di elementi che deturpano la nobiltà e semplicità delle linee: stucchi, cornici, putti, festoni, un'infinità di altari. In questo contesto si inseriscono i restauri commissionati nel 1682 dall'arcivescovo Giuseppe Cicala all'architetto napoletano Giovanni Andrea Gallo. Lavori che saranno in seguito definiti vandalismi perpetrati, atti a deturpare l'interno del duomo, ricoprendo intere superfici parietali non occupate da rivestimenti marmorei.
Anche qui, alla stessa stregua di una discutibile competizione tra capitali del Regno in tema di progetti architettonici arditi, come per la cattedrale metropolitana della Santa Vergine Maria Assunta di Palermo, ci si prodigò nella realizzazione di una cupola fittizia ricavata nel sottotetto, deturpando l'impianto gotico - normanno dell'edificio preesistente. Il manufatto con intelaiatura in legno comportò la distruzione della copertura del transetto, la riduzione dei volumi, la contrazione degli spazi, l'appesantimento delle strutture con la trasformazione degli archi ogivali in archi a tutto sesto.
Col terremoto della Calabria meridionale del 1783 una disastrosa scossa tellurica del copioso sciame sismico fece collassare gli ordini sommitali della torre campanaria. Lo scempio di una discordante cupola fu purtroppo riproposto con la ricostruzione da Gianfrancesco Arena, sfregio accompagnato dall'innalzamento dei due campanili laterali in corrispondenza delle absidi, progetto eseguito da Leone Savoia e Giacomo Fiore architetti.
In tale frangente le funzioni di cattedrale furono svolte dalla sede temporanea, costruita provvisoriamente presso la villa dell'Arcipescheria, causa la distruzione del Palazzo Arcivescovile e della chiesa di San Nicolò all'Arcivescovado, causate dallo stesso evento. La tozza base del campanile fu distrutta nel 1863.
Negli ultimi decenni del XIX secolo sono stati eseguiti lavori di restauri diretti da Giuseppe Patricolo.
Il terremoto della Calabria meridionale del 1894 provocò dei danni nella parte superiore della facciata principale.
All'alba del 28 dicembre 1908, alle prime scosse del terremoto di Messina, l'edificio crollò quasi completamente. La ricostruzione, operata negli anni venti, riportò il tempio alle linee originarie. Grazie a pazienti opere di restauro fu possibile recuperare quasi tutte le opere d'arte.
La commissione incaricata a stilare il piano per la ricostruzione era costituita da Antonino Salinas, presidente, Giuseppe Rao e Francesco Valenti, sovrintendente ai monumenti della Sicilia, Pasquale Mallandrino, ispettore onorario ai monumenti di Messina, con la supervisione di Ernesto Basile. La ricostruzione fu avviata nel 1923 da Aristide Giannelli ex novo sul modello medievale, dopo i bombardamenti fu concepita come opera nuova sul disegno ed il ricordo di quella antica.
Una nuova distruzione e per certi aspetti più grave, la causarono gli eventi bellici. La notte del 13 giugno 1943 due spezzoni incendiari sganciati nel corso di un'incursione aerea alleata trasformarono in un rogo la cattedrale, inaugurata appena 13 anni prima: restarono solo le strutture perimetrali, mentre ciò che era stato recuperato dopo il terremoto fu quasi del tutto ridotto in cenere. Toccò all'Arcivescovo monsignore Angelo Paino, che aveva già fatto risorgere il tempio dalle macerie del terremoto, provvedere alla nuova ricostruzione. Il 13 agosto 1947 la Cattedrale è riaperta al culto e da papa Pio XII per essere insignita del titolo di basilica. Le statue, i marmi ed i mosaici sono quasi tutti pregevoli copie degli originali perduti. Nei cassettoni sono presenti dei dipinti opera di Salvatore Contino.
La mattina del 24 giugno 2011, in seguito ad una breve cerimonia, l'antica lapide dell'imperatrice Costanza d'Altavilla, datata 1198 e conservata fino al 1908 nello stesso Duomo di Messina, è stata restituita alla basilica cattedrale ed esposta nei pressi del trono arcivescovile. Il suddetto monumento è realizzato in marmo di Paro ed è stato restaurato (2010) dal prof. Ernesto Geraci del Museo regionale di Messina. L'antico marmo ha ritrovato una giusta riqualificazione in seguito alla sua riscoperta, avvenuta nel 2007 per opera di tre cultori di storia patria messinese, Daniele Espro, Daniele Rizzo e Aurora Smeriglio.
Il 13 agosto di ogni anno il calendario liturgico regionale celebra la dedicazione della protometropolitana basilica cattedrale peloritana.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Duomo_di_Messina