La chiesa di Sant'Andrea Apostolo a Cennano era un'antica chiesa di Montevarchi che, dalla prima metà del Duecento al 1821, occupò la cantonata tra via Bartoli e via Cennano; recentemente, rimuovendo l'intonaco dell'edificio al numero 2, è venuto fuori un affresco, risalente al XVII secolo, raffigurante sant'Andrea con dei pesci nella mano destra e dietro la croce del martirio.
A metà del XIII secolo, dopo l'abbandono del Castellare di Montevarchi da parte dei suoi abitanti, anche la primitiva chiesa dell'insediamento, Sant'Andrea a Cennano, fu spostata nel luogo dove i fedeli si erano insediati, nella valle ai piedi del poggio del castello.
Tuttavia lo spostamento a valle della parrocchia non era tanto semplice come lo era stata quello dei parrocchiani. Infatti Cennano dipendeva dal Piviere di San Giovanni di Petrolo a Galatrona, dunque era in diocesi di Arezzo mentre sia il castello sia il nuovo borgo a valle dipendevano dalla diocesi di Fiesole. Si intavolarono allora delle lunghe trattative tra i due vescovi, che si conclusero con un atto di sottomissione del parroco di Cennano, prete Giunta, al priore di San Lorenzo, Farinata, ed al vescovo di Fiesole. L'atto venne rogato da Ser Accursio, notaio del vescovo di Fiesole, il 25 agosto 1275.
Una volta nel mercatale, i cennanesi preferirono comunque riadattare una chiesetta piuttosto che costruirne una nuova e scelsero dunque di occupare la già esistente chiesa dedicata a san Bartolomeo apostolo e menzionata come «la prima che fussi edificata quando fu dato principio a fabbricar le case e le capanne». L'edificio venne completamente ristrutturato e, dopo che nelle fondamenta fu murata una pietra appositamente benedetta dal vescovo di Fiesole, riconsacrato coi titoli di sant'Andrea e san Bartolomeo.
La nuova Cennano non aveva però un vero e proprio territorio parrocchiale e quindi i parrocchiani della chiesa di Sant'Andrea rimasero quelle famiglie originarie del castello, 36 secondo la tradizione popolare che, una volta trasferitesi, abitavano sparse qua e là per il nuovo paese. La giurisdizione territoriale le venne assegnata successivamente, ma non dentro la città, bensì al di fuori, nel territorio della diocesi di Arezzo che comprendeva l'area della Ginestra e dell'odierna Levanella.
Poi l'8 febbraio 1557 la chiesa fu elevata a prepositura, quando fu conferita dal vescovo di Arezzo Bernardetto Minerbetti a Mariotto di Simone Catani di Montevarchi dopo la morte del predecessore, don Gaspero Cerrini. Ma la promozione di Cennano fece in qualche modo saltare l'accordo del 1275 e la città si divise subito in due fazioni rivali: quella dei Cennanini capitanati dalla famiglia Finali e quella dei Laurenziani facenti capo ai Nacchianti.
Quella che all'inizio sembrava una semplice baruffa paesana, col passare del tempo si trasformò, invece di acquietarsi, in un vero e proprio scontro aperto e senza esclusione di colpi, tanto che il podestà di Montevarchi, Pietro Accolti, fu costretto a menzionare la vicenda nella sua "relazione intorno al presente stato e bisogni della Terra di Montevarchi" diretta nel 1638 al Granduca Ferdinando II.
Dovette allora intervenire direttamente la curia di Roma nella figura del cardinale Francesco Barberini, all'epoca vice cancelliere di Santa Romana Chiesa, con un lodo del 25 marzo 1639 confermato poi da una bolla di Urbano VIII del 21 luglio successivo. Il papa «onde sopire ed estinguere liti e controversie» assegnava la parrocchia di Cennano a Fiesole in cambio di quella collinare di Moncioni che sarebbe passata ad Arezzo. Ma la bolla era viziata da un vuoto legislativo e attribuiva alla parrocchia di Cennano e alla diocesi di Fiesole solo le case entro le mura di Montevarchi e non quelle fuori che, pur essendo parrocchia di Cennano, rimanevano sotto la giurisdizione diocesana di Arezzo.
Fu così che le liti, invece di diminuire, aumentarono e si fecero tanto acri che il granduca Pietro Leopoldo, il 10 giugno 1787, con un motu proprio ordinò la soppressione di Cennano e la sua aggregazione alla Collegiata di San Lorenzo. I cennanesi però si fecero ancora più bellicosi e allora il nuovo granduca Ferdinando III, su intercessione del vescovo di Fiesole Ranieri Mancini, nel 1792 con un "rescritto" revocò il motu proprio, obbligando però Cennano a rinunciare a quella parte del suo territorio fuori città (e fuori diocesi) che sarebbe invece andato a costituire la erigenda parrocchia di Levanella.
Dopo la firma, in data 29 gennaio 1793, di un documento di intesa tra Arezzo e Fiesole, che venne successivamente controfirmato anche da Pio VI, la parrocchia soppressa fu ufficialmente ripristinata: così Felice Dami, preposto di Cennano, il 29 giugno 1793 poté di nuovo fare un ingresso trionfale nella sua vecchia chiesa tra l'esultanza generale dei cennanesi che, per l'occasione, composero varie poesie celebrative ancora conservate nell'archivio parrocchiale.
La chiesa di via Bartoli comunque fu presto abbandonata quando, il 17 settembre 1821, la parrocchia di Cennano ricevette l'autorizzazione granducale a traslarsi, ma contro il parere dei canonici della Collegiata, nella chiesa di San Ludovico del soppresso convento omonimo. Infatti la vecchia Sant'Andrea stava cadendo a pezzi e i cennanesi, invece di spendere per restaurarla, preferivano spostarsi in quella del convento rimasta libera e ancora in buone condizioni. Una caparbietà e una spregiudicatezza a dir poco proverbiali: nonostante il 4 novembre 1824 il proposto della collegiata Anton Gaetano Graziosi, in esecuzione del decreto vescovile di Martino Leonardo Brandaglia del 9 ottobre 1824, avesse emanato una "interdizione e profanazione" perché la vecchia chiesa ormai in rovina non venisse destinata a usi civili, i cennanesi la vendettero comunque a privati che la trasformarono in botteghe e abitazioni.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Sant_Andrea_Apostolo_a_Cennano