La collegiata di San Lorenzo è la principale chiesa di Montevarchi. Si trova sul lato est di piazza Varchi, la piazza centrale della città.
La primitiva e originaria chiesa di San Lorenzo in Montevarchi non era una collegiata e non era neppure la principale chiesa cittadina. Di più: non era neppure dove sta adesso. Infatti la prima San Lorenzo era appena una cappellina che si trovava sul Poggio di Cennano all'interno delle mura di quello che un tempo fu il castellare di Montevarchi.
All'epoca della fondazione di questa san-lorenzino, non anteriore al XII secolo, il borgo del castello, che molto probabilmente stava entro i bastioni del fortilizio ma fuori dal mastio, aveva già la sua bella chiesa con tanto di parrocchia ovvero Sant'Andrea Apostolo a Cennano. Dunque era un fatto piuttosto singolare che i Conti Guidi, proprietari del castello e del suo territorio, volessero una seconda chiesa sul poggio in quella che poi non era una grandissima comunità se si considera che le famiglie del primo nucleo di "Montevarchi di sopra" non superavano la trentina. Per questo la tradizione popolare attribuiva la nascita di San Lorenzo alla volontà dei conti del castello di possedere una propria cappella privata. In realtà dietro all'"operazione San Lorenzo" non c'era tanto del fervore religioso quanto una vera e propria questione politica.
I primi signori del castello infatti non erano stati i Guidi ma i marchesi di Colle detti poi Bourbon del Monte di Santa Maria i quali erano legati a doppia mandata al vescovato aretino che oltretutto, nel corso dei secoli, avevano più volte presieduto. Per questo Sant'Andrea, fin dalla sua fondazione, apparteneva alla diocesi di Arezzo pur tecnicamente trovandosi in diocesi di Fiesole.
Il confine tra le due diocesi correva allora e corre ancora oggi lungo un corso d'acqua chiamato appunto Dogana che si trova appena sotto al colle su cui sorgeva il castello. Ma, fino a tutto il XIII secolo, la valle dell'Arno compresa tra l'odierna Levane e Figline Valdarno era praticamente disabitata e dunque, attraversato il borro venendo da Arezzo verso Firenze, il primo insediamento religioso fiesolano che si incontrava era la Pieve di Cavriglia che distava dal confine oltre 6 km in linea d'aria mentre Arezzo aveva, appena al di là del fiume, un enorme ospedale con tanto di monastero: Sant' Angelo alla Ginestra.
Il castello di Montevarchi venne dunque evidentemente edificato dai Bourbon del Monte per poter controllare e difendere il monastero della Ginestra da attacchi a sorpresa come quello dei saraceni che lo rasero al suolo nell'849. Il monastero, e l'ospedale annesso, non erano importanti di per sé stessi ma, siccome si trovavano su una delle arterie viarie principali che collegavano Roma con il Nord Europa, il volume del via vai di pellegrini e viandanti che vi passavano e vi si fermavano era tale che, per i signori feudali della zona, era un lucrosissimo affare la riscossione dei pedaggi per l'attraversamento del confine o della dogana da cui il nome del corso d'acqua. Se la Ginestra andava di nuovo distrutta, addio business.
E l'unico colle dove poteva sorgere un fortilizio che fosse in posizione rialzata e in modo da tenere sott' occhio il traffico da e verso l'ospedale era appunto il Poggio di Cennano che però era fuori dalla giurisdizione dei vescovi aretini. Questo dettaglio è tutt'altro che secondario in quanto permette di datare con precisione l'erezione del castello Montevarchino a un arco di tempo che va dal 1014 al 1027 ossia durante il marchesato di Ranieri di Toscana.
Infatti solo il signore di Toscana, di cui i vescovi-conti di Arezzo e Fiesole erano vassalli, poteva autorizzare l'erezione di un castello appartenente alla diocesi di Arezzo ma geograficamente nella diocesi di Fiesole. L'equazione a favore dei Bourbon del Monte si chiude essendo Ranieri non solo Marchese di toscana ma anche uno dei capostipiti della casata ed essendo stato Elemperto, suo fratello, vescovo di Arezzo fino al 1014.
Quando però il castello passò ai Guidi la situazione cambiò radicalmente perché i nuovi conti erano da tempo in conflitto aperto con i vescovi di Arezzo che per di più avevano preso pure a ruotare nella sfera di influenza degli Ubertini, acerrimi nemici dei Guidi. Pertanto la fondazione di una seconda chiesa, come suffraganea della pieve di Cavriglia e quindi decisamente sotto Fiesole, era una chiara dichiarazione d'intenti.
La convivenza sul poggio tra San Lorenzo e Sant' Andrea durò comunque poco perché il colle di Cennano, una specie di gobba di arenaria sedimentatasi ai tempi di un antico lago pliocenico, sotto il peso degli edifici e il continuo passaggio di uomini e mezzi cominciò a franare e nel corso del XIII secolo prima gli abitanti del borgo, poi la parrocchia di Sant' Andrea, dopo San Lorenzo e infine le autorità politiche cittadine si trasferirono proprio sotto il colle, al lato del Dogana e in Diocesi di Fiesole, lasciando più in alto solo un cumulo di rovine. E la baruffa continuò nel fondovalle.
I primi a scendere dal poggio e a trasferirsi a valle intorno al mercatale, ossia il luogo dove si teneva il mercato cittadino, furono senz' altro gli abitanti del borgo annesso al castello e dunque a ruota Sant' Andrea a Cennano in quanto proprio quella parte del colle era la più cedevole e stava cominciando a scivolare via. Infatti, davanti al luogo dove sorgeva l'antica chiesa di Cennano, segnato oggi dalla cappellina di Cennanuzzo, e dove presumibilmente era stato edificato il primo borgo montevarchino, si apre una scoscesa scarpata risultato di continue e successive frane e cedimenti. Il mastio del castello invece, e dunque la sua chiesetta, non avevano tutta quella fretta di trasferirsi perché si trovavano in un'area della collina più stabile tant' è che, dal XVI secolo, sulle rovine di entrambi venne costruito il convento dei Cappuccini che, modificato e ampliato più volte nel corso dei secoli, non ha mai subito danni strutturali di sorta legati alla geomorfologia del sito in cui si trova.
Si legge, in un atto rogato il 6 novembre 1227, che un Maestro Giovanni di Ughetto, medico in Montevarchi, in quella data donava alla canonica di San Lorenzo, nella figura del priore Bonagiunta, un'abitazione «sita apud Monteguarchi in Burgo de Pugnacoda». Nel corso dei secoli, questo stesso atto è stato più svolte sbandierato come la dimostrazione che già in quel periodo San Lorenzo si era trasferita a valle. Questo per avvalorare la leggenda cinquecentesca, perché di leggenda si tratta, che il conte Guido Guerra VI avesse donato nel 1266 proprio a San Lorenzo la reliquia del Sacro Latte che, fino a tutto il Settecento, era per chi la possedeva lo "scettro" del potere su Montevarchi. In realtà non esistono prove che la reliquia sia stata portata a Montevarchi da Guido Guerra, né che questo sia avvenuto nel 1266, né che il conte l'abbia consegnata al proposto di San Lorenzo.
Un'analisi più attenta delle varie fonti documentarie e archeologiche dimostrerebbe invece che quel documento, con molta probabilità, sta solo ad indicare che nel mercatale esisteva già una comunità organizzata e ormai stabilizzatasi tanto da poter comprare, vendere e cedere immobili. Se poi lo si compara con la data del 1231 incisa sull'architrave di Cennanuzzo, possibile anno dell'edificazione della cappellina, se ne può facilmente dedurre che intorno a quel periodo anche Cennano era già nel mercatale. Mentre di sicuro il castello e San Lorenzo erano ancora al loro posto nel 1270 quando Guido Guerra VI dei Conti Guidi vi morì, e magari vi venne anche sepolto, dopo essersi ritirato a vita privata. E lo erano anche nel 1273 quando il castello con annessi e connessi venne definitivamente comprato dai fiorentini. Senza contare che la pietra più vecchia che ci è rimasta della chiesa, il bassorilievo del martirio di San Lorenzo conservato nel museo della Collegiata, è datata 1283.
Dunque la data ipotizzabile della discesa di San Lorenzo in "Montevarchi di sotto" potrebbe piuttosto essere il 1275 quando Manetto, vescovo di Fiesole, e Guglielmino Ubertini, vescovo di Arezzo, si accordarono perché la parrocchia di Cennano, pur rimanendo sotto la diocesi aretina, riconoscesse la superiorità della chiesa di San Lorenzo e di Fiesole. Di un simile compromesso non ci sarebbe stato bisogno se le due chiese, da separate che erano, non si fossero riavvicinate.
Mancando anche in questo caso date certe sull'anno di inizio della costruzione della nuova San Lorenzo e soprattutto su quello di inaugurazione si possono solo azzardare delle ipotesi. Ed essenziale, a questo proposito, è l'arrivo del Sacro Latte a Montevarchi databile tra la fine del XIII secolo e la prima metà del XIV. Perché stando alla cronica di Jacopo Sigoni, che in questo caso non era certo un iconoclasta in quanto canonico della stessa San Lorenzo, quando la reliquia arrivò a Montevarchi venne originariamente riposta in San Ludovico a causa del fatto che ancora San Lorenzo non era stata ultimata. Siccome la costruzione di San Ludovico cominciò nel 1327 e finì, con la collocazione dell'altare maggiore, solo nel 1360 è forse contemporaneamente o di poco posteriormente a quel periodo che si deve far risalire l'erezione della chiesa almeno nella sua versione finale.
Non deve però stupire il lasso di tempo esageratamente ampio che corre tra l'accordo del 1275 e la probabile fine dei lavori di edificazione di San Lorenzo, come per altro quello di San Ludovico che pur aveva dietro la fortuna dei Ricasoli, dato che Montevarchi all'epoca era un piccolo centro agricolo spesso devastato da violenti fatti d'armi e quindi non poteva certo sobbarcarsi in un colpo solo spese piuttosto ingenti, almeno per l'epoca, quali i materiali edili o la manodopera qualificata per tirare su una chiesa. Basti pensare che, quasi tre secoli dopo, per costruire Santa Maria al Giglio ci vollero più di trent'anni. Inutile aggiungere che le tre chiese non è che per decenni rimanessero chiuse al culto fino a che non fosse stata posata l'ultima pietra ma, ovviamente, continuavano ad officiare in strutture di volta in volta provvisorie.
Di come dovesse apparire la chiesa di San Lorenzo prima della ristrutturazione in chiave barocca di Massimiliano Soldani Benzi, ne ha lasciato memoria il proposto Prospero Gasparo Conti .
Pur rimanendo seconda a San Lorenzo, secondo l'accordo firmato nel lontano 1275, la chiesa di Sant'Andrea a Cennano nei secoli aveva continuato a crescere e ad arricchirsi tanto che a metà del Seicento, secondo Sigoni, Cennano aveva «entrate [...] tali che si potrebbe [mantenere] un Capitolo di canonici, massime che vi sono Cappelle di numero 7 da unirsi al capitolo». Quantificando Sant' Andrea possedeva beni immobili per un totale di 6,4 ettari che mantenevano un priore e sette cappellani. Per questo il vescovo di Arezzo Bernardetto Minerbetti, l'8 febbraio 1557, decise di elevarla da prioria a prepositura parificandola, ecclesiasticamente, a San Lorenzo. E in città scoppiò il finimondo.
Anche in questo frangente la religione c'entrava poco o nulla: era tutta una questione di denaro, prestigio e potere. Infatti i differenti priori, preposti e cappellani delle due chiese erano tutti appartenenti alle famiglie più in vista di Montevarchi e si sostenevano grazie alle rendite patrimoniali generate dalle varie proprietà immobiliari associate a un titolo correlato a una cappella, come nel caso di Santa Maria al Giglio che ne aveva e ne ha due, o a un altare nel caso di tutte le altre chiese del centro. Ovviamente il titolare dell'altare maggiore, cioè il parroco vero e proprio, era quello che incassava più di tutti.
In questo caso il preposto di San Lorenzo non temeva in senso pecuniario la concorrenza di quello di Cennano in quanto faceva capo all'altare maggiore laurentino un'estensione di terreno doppia rispetto a Cennano, ossia 12,2 ettari tra terre, orti e vigne più una bottega e una casa. Tanto per fare alcuni esempi, l'altare dell'Annunciazione controllava 4 ettari, quello di Sant'Antonio Abate 3,2, quello di Santo Stefano un forno, una vigna e circa un ettaro di terra.
Il problema però stava nel prestigio e nel potere che le varie famiglie oligarchiche montevarchine potevano vantare controllando la prepositura di San Lorenzo senza contare le ambizioni carrieristiche dei prelati, dato che diventare l'unico preposto cittadino significava pur sempre qualcosa. Ma adesso che i preposti erano due e con praticamente lo stesso numero di cappellani saltavano tutti gli equilibri politici ed ecclesiastici vecchi di almeno tre secoli.
Intervenne allora l'"eminenza grigia" della città Carlo Bartoli, potentissimo capo della Fraternita del Sacro Latte e manovratore occulto delle fortune del Monte Pio, che per dare maggior prestigio a San Lorenzo dette il via, in quell'anno, alla fondazione del monastero di Santa Maria del Latte in modo da riequilibrare, anche in senso monastico, le disparità tra le due chiese dato che Cennano aveva giurisdizione su quello della Ginestra.
Dopodiché la Fraternita mise a disposizione una rendita annua di 80 fiorini d'oro per il mantenimento di due ulteriori canonici e il Monte Pio 30 fiorini d'oro per un terzo canonico. Fu così che nel 1561 papa Pio IV nella Bulla erectionis Ecclesie Collegiate Sancti Laurenti elevò San Lorenzo al grado di Insigne Collegiata stabilendo che la chiesa dovesse avere un proposto che poteva fregiarsi del titolo di primicerio e che sarebbe stato "caput aliorum" cioè a capo di tutti gli altri dunque dei "septem canonicatus", sette canonici, e dei vari cappellani. Cennano era letteralmente fregata.
Naturalmente questo tipo di operazione ecclesiastica che aveva però anche profondi risvolti politici non poteva essere portata avanti solo dalla Santa Sede e senza il consenso granducale. E fu infatti il potere civile a scegliere il primo monsignore nella figura di Benedetto Varchi, storico e intellettuale fattosi poi prete, che all'epoca era il più celebre personaggio legato in qualche modo alla città e la cui fama e autorità erano indiscusse.
Ma la scelta del Varchi era solo una decisione di facciata per calmare i bollenti spiriti dei montevarchini letteralmente sul piede di guerra. Intanto perché il Varchi del 1562 era, per usare un eufemismo, solo l'ombra di quello che era stato in gioventù, poi perché Benedetto era della famiglia dei Franchi-Mattei che erano affiliati alla Fraternita del Latte e coinvolti anche loro nelle lotte di potere relative a San Lorenzo e infine perché l'umanista scelse di farsi rappresentare in Montevarchi da Baldassarre Nannocci che era della stessa famiglia di Antonio Nannocci socio e braccio destro del Bartoli, e titolare dei benefici della cappella del Sacro Latte. Infine la beffa: Benedetto Varchi, pur avendo preso possesso per procura della titolarità del capitolo nel 1562, non mise mai piede a Montevarchi da monsignore in quanto poco prima dell'insediamento venne colto da un colpo apoplettico e morì nella sua villa fiorentina di Topaia.
A dimostrazione della malafede di tutti in questo vero e proprio "inciucio alla montevarchina" sta una lettera inviata dalla città a Cosimo I de' Medici il primo settembre del 1564, e conservata nell'Archivio Preunitario del Comune di Montevarchi, in cui si legge: «Sappia dunque Vostra Eccellenza che la Chiesa dove sempre, da che ci ricordiamo, siamo ricorsi a pregar Dio per la salute universale et ai divini uffitii et Sacramenti hoggi è estinta, del tutto abbandonata et da canonici et da soliti preti che l'uffiziavano, né si trova chi di loro voglia attendere non che uffiziarla, ma che più assai a dare i Sacramenti et più fino a battezzare; onde [...] preghiamo che si degni ovviar a tale disordine acciò non paia che siamo interdetti e non buoni figli di Santa Chiesa».
L'antica San Lorenzo, con il suo stile ibrido che si ipotizza potrebbe aver oscillato tra il tardo romanico e il gotico toscano, non doveva essere dissimile, per convergenze sia spaziali che temporali, a quello di numerose chiese fiorentine tipo San Giorgio alla Costa sotto il Forte Belvedere. Venne comunque rimaneggiata nel 1560 e ancora nel 1637 fino a quando nel 1706 il proposto della Collegiata Angiolo Domenico Soldani o Soldani Benzi non commissionò a suo fratello Massimiliano il rifacimento totale dell'edificio.
A parte il macroscopico conflitto d'interesse, Soldani Benzi, che non era un architetto ma uno scultore e medaglista di fama, si occupò soprattutto del design della nuova chiesa e delle decorazioni in bronzo, sua specialità, mentre si avvalse, per le modifiche strutturali, dell'architetto fiorentino Giovan Battista Bettini e per le decorazioni marmoree del carrarese Giovanni Baratta. La squadra era comunque collaudata in quanto Soldani e Bettini, nemmeno un anno prima, avevano tirato su l'oratorio di San Niccolò a Vernio. E praticamente identica rifecero la Collegiata di Montevarchi anche se in scala più grande.
I lavori, che costarono un bel po' se persino la festa paesana venne spostata da dopo Pasqua alla prima settimana di settembre per raccogliere più offerte, si protrassero per tre anni e si conclusero nel 1709. Un lampo per il tipo di modifiche che vennero apportate ma a quell'epoca di soldi, a Montevarchi, ne giravano parecchi.
Ovviamente, ritoccando le dimensioni della chiesa, venne modificata pesantemente anche la facciata esterna. In particolare venne tolto il bassorilievo duecentesco del Martirio di san Lorenzo anche se venne lasciata la celebre terracotta robbiana che rappresenta Guido Guerra e la consegna della reliquia del latte. Quest'ultima fu rimossa solo nel 1880 per preservarla dal tempo e dalle intemperie. Poi nel 1932, al suo posto, venne collocato l'attuale moderno bassorilievo del Martirio di san Lorenzo.
Il campanile, dai lavori settecenteschi, non venne invece toccato. La sua costruzione risale al 1440 anche se è nel 1560 che venne aggiunta la guglia piramidale che gli funge da tetto. La statua di San Lorenzo sopra l'orologio è anche questa opera di Pietro Guerri e vi venne collocata nel 1894.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Collegiata_di_San_Lorenzo_(Montevarchi)