Nel territorio comunale sono noti resti archeologici che attestano la presenza di gruppi umani fin dal Paleolitico. Per quanto riguarda il pianoro su cui sorge il nucleo antico della città, i reperti, per la maggior parte frammenti raccolti ai piedi del ciglione (scavi in loc. Cannicella ed esplorazioni sistematiche) e provenienti dagli impianti insediativi e dalle attività che hanno avuto sede sul pianoro stesso, si datano in piccola parte all’Età del bronzo e in maggioranza alla prima età del ferro.
Per le fasi più antiche vanno citati un frammento di vaso con decorazione di stile “appenninico” (XV-XIV sec. a.C.) ed altri dell’età del bronzo finale (XII-X sec. a.C.), ma resta incerto se i gruppi stanziati avessero individuato il potenziale strategico della mesa orvietana già in epoche in cui non erano in grado di occuparla e controllarla per intero.
È alla fine del X secolo a.C. che, in concomitanza con la nascita degli altri grandi centri urbani etruschi, anche sulla vasta e idonea rupe di Orvieto si insedia una comunità che vi struttura un vasto e attivo abitato unitario; la consistenza demografica della comunità residente dovette subito consentire di difendere il perimetro, di circa 4 km e già di per se munito di difese naturali, ma è certo che l’incremento demografico, dovuto anche alla nuova situazione organizzativa, fece sì che già nel corso della prima età del ferro sul plateau di Orvieto (circa 85 ettari) si costituisse una comunità protourbana di varie migliaia di individui, anche qui, come in tutte le grandi città dell’Etruria, caratterizzata dall’aspetto archeologico detto villanoviano.
Le testimonianze archeologiche di epoca etrusca, fornite da campagne di scavo e studi condotti fino ad anni recenti, offrono un quadro abbastanza attendibile, anche se ancora incompleto, della città antica, identificata dopo molte incertezze e polemiche tra archeologi, nella città di Velzna, una delle dodici città-stato etrusche. Denominata dai Romani "Volsinii" sorgeva nei pressi di un famoso santuario etrusco, Fanum Voltumnae, meta ogni anno degli abitanti dell'Etruria che vi confluivano per celebrare riti religiosi, giochi e manifestazioni. La città ebbe, dall'VIII al VI secolo a.C., un notevole sviluppo economico, di cui beneficiavano principalmente ricche famiglie in un regime fortemente oligarchico, e un incremento demografico che, nella composizione della popolazione, mostra l'apertura ad una città multietnica; di tutto ciò si ha riscontro dai resti della città sulla rupe e principalmente dalle vicine necropoli. La città raggiunse il massimo splendore tra il VI e il IV secolo a.C., diventando un fiorente centro commerciale e artistico, con una supremazia militare garantita dalla sua posizione strategica che le dava l'aspetto di una fortezza naturale.
Tra la fine del IV e l'inizio del III secolo a.C. l'assetto sociale che aveva permesso la crescita della città si incrinò. I ceti prima esclusi conquistarono il governo della cosa pubblica e il dissidio tra le classi divenne violento, finché i nobili non chiesero aiuto ai Romani. Questi, nel 264 a.C., colsero l'occasione per inviare l'esercito a Volsinii e, invece di sottometterla, la distrussero e deportarono gli abitanti scampati all'eccidio sulle rive del vicino lago di Bolsena, dove sorse Volsinii Novi (Bolsena). Non si conosce il motivo di tale accanimento nei confronti della città da parte dei Romani i quali, secondo le notizie letterarie, trasportarono a Roma oltre duemila statue razziate dai santuari orvietani, ed evocarono nell'Urbe il dio Vertumnus, la principale divinità degli Etruschi. La traslazione della città fisica della Orvieto antica da un sito all'altro si ripeterà in senso inverso, provocata ancora da altre invasioni. Fu rifondata allora sulla rupe orvietana la cittadella altomedievale di Ourbibentos che, nell'arco di qualche secolo, diverrà una nuova città con il nome di Urbs Vetus (città vecchia).
Dopo il crollo dell'Impero romano d'Occidente, Orvieto divenne dominio dei Goti fino al 553 quando, dopo una cruenta battaglia e un assedio, fu conquistata dai Bizantini di Belisario. Successivamente, dopo l'istituzione del Ducato di Spoleto, divenne longobarda. Poco prima dell'anno Mille la città, posta sulla linea di confine dell'Italia bizantina, di cui costituiva un importante nodo strategico, tornò a rifiorire, espandendo il suo tessuto urbanistico con la costruzione di fortificazioni, palazzi, torri e chiese.
Orvieto, sede residenziale delle corti pontificie in ripetute occasioni, è la Città del Corpus Domini: da qui, l'11 agosto 1264, papa Urbano IV istituì la solennità universale cristiana del Corpus et Sanguis Domini, celebrata in tutto il mondo cattolico. L'officio della messa fu redatto da San Tommaso d'Aquino, cattedratico nello Studium orvietano. Si costituì in Comune, ma anche se non faceva parte ufficialmente del patrimonio di San Pietro, si trovava sotto il suo controllo; per essere riconosciuto governo comunale ebbe bisogno di una dichiarazione di consenso da parte di papa Adriano IV nel 1157.
Nel XII secolo Orvieto, forte di un agguerrito esercito, iniziò ad ampliare i propri confini che, dopo vittoriose battaglie contro Siena, Viterbo, Perugia e Todi, la videro dominare su un vasto territorio che andava dalla Val di Chiana fino alle terre di Orbetello e di Talamone sul mar Tirreno. In questa sua espansione, Orvieto si era fatto un potente alleato: Firenze (rivale di Siena) che ne aveva appoggiato l'ascesa. I secoli XIII e XIV furono il periodo di massimo splendore per Orvieto che, con una popolazione di circa trentamila abitanti (superiore perfino a quella di Roma), divenne una potenza militare indiscussa, e vide nascere nel suo territorio urbano splendidi palazzi e monumenti.
Ma paradossalmente questa epoca vide anche il nascere di furibonde lotte interne nella città. Due famiglie patrizie, la guelfa Monaldeschi e la ghibellina Filippeschi, straziarono la città con cruenti battaglie che, insieme alle successive lotte religiose tra i Malcorini, filoimperiali, ed i Muffatti, papalini, indebolirono il potere comunale favorendo, nel 1354, la conquista da parte del cardinale Egidio Albornoz. Nel 1351 era stato installato il primo orologio meccanico con automi in Italia, il cosiddetto Maurizio, sulla torre all'angolo tra via del Duomo e Piazza del Duomo, tutt'ora funzionante. In questo lasso di tempo altri avvenimenti, degni di nota, si erano registrati ad Orvieto:Papa Innocenzo III, dai pulpiti della chiesa di Sant'Andrea, aveva proclamato la Quarta crociata; nel 1281, nella stessa chiesa, alla presenza di Carlo I d'Angiò, veniva elevato al pontificato Papa Martino IV e, nel 1297, nella chiesa di San Francesco, avveniva la canonizzazione di Luigi IX di Francia, presente papa Bonifacio VIII.
Dopo il cardinale Albornoz, Orvieto venne assoggettata a varie signorie: Rinaldo Orsini, Biordo Michelotti, Giovanni Tomacello e Braccio Fortebraccio per ritornare poi, nel 1450, definitivamente a far parte dello Stato della Chiesa, divenendone una delle province più importanti e costituendo l'alternativa a Roma per molti pontefici, vescovi e cardinali che vi venivano a soggiornare. I secoli XVII e XVIII furono periodi di tranquillità per la città. Sotto l'Impero Napoleonico assurse a cantone inserito nell'arrondissement di Todi durante una breve decadenza. Si riprese più tardi e nel 1831, sotto la Chiesa, venne elevata a delegazione apostolica.
Durante il Risorgimento italiano, Orvieto rimase parte dello Stato Pontificio fino alla campagna piemontese in Italia centrale del settembre 1860; ancor prima dell'arrivo delle truppe regolari piemontesi impegnate a sconfiggere l'esercito pontificio, i volontari dei cosiddetti "cacciatori del Tevere", guidati da Luigi Masi, il 12 settembre 1860 liberarono Orvieto e costrinsero alla resa la debole guarnigione pontificia della città. Dopo la fine delle ostilità, il destino finale di Orvieto inizialmente rimase in dubbio; si parlò di restaurazione del dominio pontificio e di arrivo delle truppe francesi del corpo d'occupazione di Roma che erano già giunte a Viterbo per salvaguardare il potere temporale della Chiesa nel Lazio. Il 15 ottobre 1860 Cavour in persona intervenne direttamente con il ministro degli esteri francese Édouard Thouvenel e con il principe Gerolamo Napoleone, sottolineando come lo stesso imperatore Napoleone III avesse in precedenza assicurato che Orvieto non avrebbe più fatto parte del dominio della Chiesa. Il 18 ottobre 1860, le autorità francesi assicurarono che la città non sarebbe stata occupata e sarebbe rimasta compresa nel territorio dell'Umbria da sottoporre a plebiscito per l'ammissione nel nuovo Regno d'Italia.
Il 4-5 novembre 1860 il plebiscito in Umbria decretò con una schiacciante maggioranza l'annessione della regione, compresa la città di Orvieto, al nuovo stato italiano unificato.
Durante la seconda guerra mondiale la città e il territorio di Orvieto assunsero una notevole importanza strategica; durante l'operazione Achse le truppe tedesche della 3. Panzergrenadier-Division, schierate in un'ampia area tra Umbria, Lazio settentrionale e Toscana meridionale, agirono con rapidità e occuparono fin dalle prime ore dopo l'8 settembre la città, insieme a Viterbo, Montefiascone e Orte, prima di avanzare verso Roma. Nei mesi dell'occupazione i tedeschi utilizzarono i campi di aviazione presenti nell'area.
Nella fase della campagna d'Italia successiva alla liberazione di Roma, il 5 giugno 1944, il feldmaresciallo Albert Kesselring fece ripiegare le sue forze sulla linea Albert che collegava la zona del lago Trasimeno con Orvieto. Le truppe tedesche dell 29. Panzergrenadier-Division difesero tenacenente le vie di accesso alla città fino al 14 giugno quando evacuarono Orvieto e ripiegarono verso Siena. La città venne liberata da reparti britannici della 78ª Divisione di fanteria mentre nell'area furono anche impiegate forze meccanizzate sudafricane della 6ª Divisione corazzata.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Orvieto