Il pozzo di San Patrizio storico è una struttura costruita da Antonio da Sangallo il Giovane a Orvieto, tra il 1527 e il 1537, per volere del papa Clemente VII, reduce dal Sacco di Roma e desideroso di tutelarsi in caso di assedio della città in cui si era ritirato. Durante le assenze di Antonio da Sangallo i lavori furono affidati a Giovanni Battista da Cortona, mentre le parti decorative sono di Simone Mosca. Progettato per fornire acqua in caso di calamità o assedio, i lavori del pozzo furono conclusi durante il papato di Paolo III Farnese (1534-1549).
L'accesso al pozzo, capolavoro di ingegneria, è garantito da due rampe elicoidali a senso unico, completamente autonome e servite da due diverse porte, che consentivano di trasportare con i muli l'acqua estratta, senza ostacolarsi e senza dover ricorrere all'unica via che saliva al paese dal fondovalle.
Il pozzo, profondo 54 metri, è stato realizzato scavando nel tufo dell'altopiano su cui sorge Orvieto, una pietra abbastanza dura, ma che sta risentendo, dopo vari secoli, degli scarichi fognari.
Ha forma cilindrica a base circolare con diametro di 13 m.
Gli scalini sono 248, e i finestroni che vi danno luce sono 72.
Le due scale sono collegate da un ponte tuttora praticabile.
Sul fondo del pozzo il livello dell'acqua si mantiene costante grazie ad una sorgente naturale che rifornisce la cavità e un emissario che fa defluire l'acqua in eccesso.
La parte esterna del pozzo è costituita da una struttura cilindrica bassa, decorata con i gigli farnesiani del pontefice Paolo III, sulla quale si aprono due ingressi diametralmente opposti.
Sull'ingresso del pozzo troviamo la scritta "quod natura munimento inviderat industria adiecit" che significa "ciò che non aveva dato la natura, procurò l'industria" per celebrare l'ingegno umano come abile mezzo in grado di sopperire le carenze della natura.
Papa Clemente VII incaricò Benvenuto Cellini di coniare una moneta in onore della costruzione del pozzo. Su di essa è incisa la frase "UT POPULUS BIBAT" ("perché il popolo beva") e raffigurato Mosè che con un bastone trafigge una roccia dalla quale sgorga dell'acqua di fronte al popolo ebreo in fuga, mentre uno di essi vi attinge con una conchiglia. Questa preziosa moneta è oggi conservata nei Musei Vaticani.
Forse per l'aura di sacro e di magico che accompagna le cavità profonde, o per pura imitazione di modelli cinematografici, i turisti moderni vi gettano monetine con la speranza di tornarvi.
Inizialmente il pozzo era detto "Pozzo della Rocca" in riferimento alla rocca o "Fortezza dell'Albornoz" situata in prossimità del pozzo, al servizio della quale il pozzo stesso era stato costruito. È solo in età ottocentesca che il pozzo assunse il suo attuale nome "Pozzo di San Patrizio" per mano dei frati del convento dei Servi che si ispirarono alla nota leggenda del santo irlandese. Si credeva infatti che in Irlanda, in corrispondenza di una grotta senza fondo, situata sull'isolotto di Station Island nel Lough Derg, si potesse raggiungere l'aldilà. La caverna simboleggiava infatti la porta di accesso al Purgatorio e, solo dopo aver affrontando una serie di terribili prove per purificarsi dai propri peccati, si raggiungeva la fine della grotta che simboleggiava l'ingresso in Paradiso. È proprio nei pressi di questa cavità che San Patrizio amava ritirarsi in preghiera. La caverna per questo ottenne l'appellativo di "Purgatorio di San Patrizio" ed il pozzo prese il nome del santo proprio perché utilizzato anch'esso come luogo di espiazione dei peccati, rimandando alla discesa nelle profondità della caverna irlandese.
Ed ora una curiosità. Pozzo di San Patrizio è anche un'espressione utilizzata per riferirsi ad una riserva misteriosa e sconfinata di ricchezze. Secondo altri con l'espressione "è come il Pozzo di San Patrizio", si intende qualcosa in cui si buttano risorse ed energie, ma inutilmente, perché non si riempie mai e non si riesce a trovarne la fine.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Pozzo_di_San_Patrizio