La basilica cattedrale di San Bartolomeo è il principale luogo di culto di Patti, comune italiano della città metropolitana di Messina, cattedrale della diocesi di Patti, nel vicariato foraneo di Patti sotto il patrocinio di san Bartolomeo apostolo, comprendente le parrocchie di Patti, Gioiosa Marea, Librizzi, Montagnareale, Oliveri e San Piero Patti. Santa Febronia vergine e martire, patrona della città di Patti. Arcipretura di Patti, parrocchia di San Bartolomeo. La chiesa sorge accanto al palazzo vescovile e seminario, il prospetto principale si affaccia a Ponente su via Cattedrale ed è la più grande e antica delle chiese di Patti. Il conte Ruggero fonda il monastero del "Santissimo Salvatore" ed erige la chiesa primitiva dedicandola a san Bartolomeo.
Il vescovo francese Gregorio di Tours ricostruisce la storia di san Bartolomeo. Nel 264 anno di arrivo di san Bartolomeo in Sicilia. Con l'invasione di Roma nel 410, preludio della caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476 e avvento del medioevo, le spoglie sono portate a Maypherkat. Nel 507 l'imperatore Anastasio I le trasferisce a Darae in Mesopotamia. Un commerciante spagnolo le acquista portandole con sé a Napoli, dove volontariamente le rivende ai Liparesi. Il corpo di san Bartolomeo ricompare a Lipari nel 546 e ci rimane fino all'assedio e saccheggio compiuti dagli Arabi. San Bartolomeo è da sempre venerato in tutte le isole dell'arcipelago e quando il suo corpo è ritrovato, dopo averlo ricomposto è portato in salvo dai beneventani per non subire ulteriori oltraggi dai Turchi. Secondo la tradizione dopo il saccheggio e profanazione, ricordiamo che i corpi dei santi martiri costituivano ricchissimo bottino di guerra, spesso oggetto di transazioni incalcolabili e dal peso politico e di prestigio rilevantissimo, san Bartolomeo appare in sogno a un monaco sopravvissuto agli attacchi nemici e lo invita a rintracciare le sue ossa, rivelando il segreto per riconoscerle tra le altre: sono le più lucenti tra la massa confusa. Al mesto e pietoso compito di ricomposizione segue la segreta traslazione per opera del principe longobardo Sicardo, il quale mette al sicuro il corpo dell'apostolo a Sorrento e infine a Benevento. Il culto non si è mai perso anzi, si rafforza sempre più in tutte le isole Eolie e nel messinese. Assieme a Santa Lucia, San Bartolomeo è protettore e patrono dell'arcidiocesi di Messina. Nell'iconografia cittadina il Santo è raffigurato genuflesso dinanzi alla Madonna con Bambino e san Benedetto da Norcia, reca la pelle in mano, il coltello, strumento del martirio nella mano destra.
Siculi e Ausoni (XIII - XII secolo) occupano una porzione di territorio denominata "Epacten" (Έπακτήν) successivamente soggetta ai Greci, Romani, Bizantini.
Nell'area i Normanni insediano la fortezza, le cui rovine sono giunte a noi sotto la denominazione di "Castello di Adelasia". All'interno della cinta muraria adiacente il castello, è fondato il monastero dell'Ordine benedettino del Santissimo Salvatore verosimilmente nel biennio 1082-1083, e della chiesa che porta la data del 6 marzo 1094, costruzione coeva all'edificazione della cattedrale di Santa Lucia di Santa Lucia del Mela. Papa Urbano II durante il processo di ricristianizzazione della Sicilia, approva l'erezione del monastero e dona all'abate Ambrogio le decime che esige nel territorio di Patti. L'arcivescovo di Messina Ugone il 24 settembre 1131, in considerazione dei cospicui tributi assegnati dal Conte Ruggero ai due monasteri di Patti e di Lipari, eseguendo il contenuto della bolla pontificia di Anacleto II, promuove a vescovado i due monasteri, affidandone nell'ottobre dello stesso anno, la cura spirituale e temporale all'abate Giovanni, cui conferisce la dignità vescovile. Il riconoscimento ufficiale della diocesi da parte della Santa Sede avviene nel 1157 fino al 1399, quando il papa Bonifacio IX, considerata l'estensione della Diocesi, la distanza dei luoghi per via del mare che le separa, con il consenso del re Martino I di Sicilia, divide l'episcopato in due diocesi: Lipari e Patti.
Il vescovo di Patti, abate del monastero del Santissimo Salvatore, oltre ad esercitare l'autorità spirituale, è anche signore e feudatario di larga parte della diocesi, su di essa esercita diritti e doveri propri della sua autorità feudale. Egli, sino alla fine del 1800, è chiamato e ha diritto di fregiarsi dei titoli di gran castellano di Patti, barone di Gioiosa Guardia, principe o dinasta del Santissimo Salvatore e conte di Librizzi.
L'impianto primitivo risale al 1094 per volontà del conte Ruggero del casato d'Altavilla, meglio conosciuto come Ruggero I di Sicilia o conte di Sicilia, padre di Ruggero II di Sicilia, bisnonno materno di Federico II di Svevia o Federico I di Sicilia del casato svevo degli Hohenstaufen. L'opportunità è colta assieme al fratello Roberto il Guiscardo per redimere una controversia, il pretesto per l'invasione e riappropriazione dell'isola, risiede nella richiesta d'aiuto da parte dell'Emiro di Siracusa, allora in lotta contro l'Emiro di Castrogiovanni, avviando di fatto l'inizio della completa riconquista Normanna della Sicilia sottraendola al dominio arabo. Il ritorno alla sovranità di matrice cattolica costituisce l'impulso per l'edificazione di una serie di splendide Cattedrali Normanne in Sicilia, successivamente e ripetutamente rimaneggiate e riedificate per eventi posteriori, prevalentemente di carattere sismico. Tutto ciò è seguente ad un arco temporale che dall'837 agli anni appena precedenti il 1094 vede la città di Patti dominata dagli Arabi, periodo del quale rimangono ancora oggi testimonianze architettoniche. Con l'avvento dei Normanni la Cittadella fortificata attraversa tutte le vicende legate alla figura di Adelasia del Vasto, moglie di Ruggero I d'Altavilla e madre di Ruggero II primo Re di Sicilia. La regina alla morte del gran conte e dopo il disastroso matrimonio con Baldovino I di Gerusalemme, si ritira a Patti dove vive gli ultimi anni della sua vita e ivi muore nel 1118. È sepolta nel monastero del Santissimo Salvatore, oggi il monumento sepolcrale di stile rinascimentale è ubicato nella Cappella di Santa Febronia.
Nel 1251, è documentata la sosta in cattedrale della salma di Federico II di Svevia, morto in Puglia il 13 dicembre 1250, durante il viaggio di rientro, prima di essere seppellito a Palermo. La salma e il corteo funebre composto dalla Guardia Saracena e sei compagnie di Guardie armate a cavallo approdano a Messina il 13 gennaio 1251 e si fermano alcuni giorni in città.
Come espressione del rinascimento siciliano è documentata una custodia sacramentale, manufatto marmoreo, opera di Antonino Gagini realizzata nel 1538.
All'epoca l'impianto originario ad una sola navata dotato di torre campanaria costruita dal vescovo Gilberto Hisfar nel 1588, è più volte ricostruito in seguito ad eventi sismici che nel corso dei secoli hanno interessato vasti comprensori o province o zone della Sicilia , molte volte estese aree dell'Italia meridionale e per volontà dei vescovi, assume l'attuale forma a croce latina, con navata centrale, transetto e abside, dopo il cataclisma conosciuto come terremoto del Val di Noto del 1693.
Nella giornata dell'11 gennaio del 1693, la Sicilia orientale è interessata da un violento terremoto che distrugge interi paesi, specie nella parte sud-orientale. I morti sono centinaia di migliaia e Patti subisce ingenti danni: colpita la cattedrale e i grandi palazzi nobiliari. Distrutta completamente l'ultima elevazione della torre campanaria caratterizzata dalle aperture a trifore, le tre absidi coeve e identiche a quelle del duomo di Cefalù, la volta e le cappelle laterali. I canonici riuniti per le funzioni si salvano perché l'orologio del campanile a causa della scossa del 9 e le tre della domenica, di cui l'ultima catastrofica, segna l'ora in avanti di mezzora e anticipano l'uscita prima dei crolli.
Altro evento sismico distruttivo documentato il terremoto della Calabria meridionale del 1783.,.
Il portale centrale in stile gotico è costituito da tre colonne per lato inframezzate da colonnine più esili che reggono capitelli con figure zoomorfe, l'articolato manufatto prospettico in laterizi sorregge un arco acuto con più ordini di strombatura. L'antica decorazione marmorea, superstite ai numerosi eventi sismici, è integrata da sobrie modanature moderne che sostituiscono le parti mancanti lasciando intatto il fasto degli antichi fregi. Ai lati cornici di bifore cieche con capitello intermedio pensile.
Il secondo ordine è contraddistinto da altrettante cornici di bifore cieche con archi a tutto sesto, le monofore esterne includono oculi ciechi. L'edicola interna priva di rivestimento lavico reca un oculo sede della moderna vetrata raffigurante il volto di Cristo. Cornicioni delimitano un terzo ordine con paraste intermedie sormontato da timpano triangolare.
I due ordini presentano una decorazione lavica che insieme agli inserti di candido marmo delle cornici e del reticolo, creano un finissimo effetto cromatico. A metà strada dalle cave di pietre e materiali lavici, con riferimento alle ricchissime colate laviche delle falde dell'Etna o estratte e importate dalle prospicienti Isole Eolie, la facciata presenta l'utilizzo di conci di lava per scopi decorativi. Peculiarità che accomunano la cattedrale alle costruzioni di matrice bizantino - araba, cube e metochi del circondario, l'utilizzo di conci di pietra lavica denominatore comune alle rifiniture esterne delle absidi del Duomo di Palermo e del Duomo di Monreale, ai castelli di Milazzo e di Santa Lucia del Mela.
Nella controfacciata con conci a vista in corrispondenza dei confessionali sono presenti due nicchie con i resti di primitive sculture.
Nella lunetta superiore è presente un'aquila imperiale con stemma, stucchi festonati che ornano due ovali affrescati con figure di santi.
L'entrata meridionale con portico presenta un portale in stile barocco del 1742. È costituito basamenti con colonne ioniche e capitelli corinzi che incorniciano un arco a tutto sesto e sostengono un massiccio architrave con ricca modanatura sormontato da riccioli con conchiglie. Nella parte interna del timpano aperto è presente lo stemma dei borboni. Sui piedistalli sono presenti delicatissime trine scolpite raffiguranti putti e soggetti fitoformi.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_cattedrale_di_San_Bartolomeo