Il duomo di Santa Maria Assunta, al centro della Piazza del Duomo, conosciuta anche come Piazza dei Miracoli, è la cattedrale medievale di Pisa nonché chiesa primaziale.
Capolavoro del romanico, in particolare del romanico pisano, rappresenta la testimonianza tangibile del prestigio e della ricchezza raggiunti dalla repubblica marinara di Pisa nel momento del suo apogeo.
Fu iniziato nel 1063 (1064 secondo il calendario pisano all'epoca vigente) dall'architetto Buscheto, con la decima parte del bottino dell'impresa di Palermo in Sicilia contro i Musulmani (1063) guidata da Giovanni Orlandi appartenente alla famiglia Orlandi. Vi si fondono elementi stilistici diversi: classici, lombardo-emiliani, bizantini ed in particolare islamici, a riprova della presenza internazionale dei mercanti pisani a quei tempi. In quello stesso anno veniva iniziata anche la ricostruzione della basilica di San Marco a Venezia, per cui può anche darsi che vi fosse stata all'epoca una rivalità tra le due repubbliche marinare a creare il luogo di culto più bello e sontuoso.
La chiesa fu eretta in un'area esterna alla cinta muraria altomedioevale, a simboleggiare proprio il potere di Pisa che non necessitava protezioni. La zona scelta era già utilizzata in epoca longobarda come necropoli e, già nei primi anni dell'XI secolo, fu eretta una chiesa mai terminata che doveva essere intitolata a santa Maria. La nuova grande chiesa di Buscheto, infatti, viene inizialmente chiamata Santa Maria Maggiore fino a quando non viene definitivamente intitolata a Santa Maria Assunta.
Nel 1092 la chiesa, da semplice cattedrale, passa ad essere primaziale, essendo stato conferito il titolo di primate all'arcivescovo Daiberto da papa Urbano II, onorificenza oggi soltanto formale nonché contestata. La cattedrale fu consacrata nel 1118 dal papa Gelasio II.
Nella prima metà del XII secolo il duomo fu ampliato sotto la direzione dell'architetto Rainaldo, che allungò le navate aggiungendo tre campate secondo lo stile di Buscheto, allargò il transetto e progettò una nuova facciata, conclusa dalle maestranze guidate dagli scultori Guglielmo e Biduino. La datazione di inizio dei lavori è incerto: subito dopo la morte di Buscheto intorno all'anno 1110, secondo alcuni, intorno all'anno 1140 secondo altri. La fine dei lavori daterebbe al 1180, come documentato dalla data apposta sui battenti bronzei di Bonanno Pisano sulla porta maggiore.
L'aspetto attuale del complesso edificio è il risultato di ripetute campagne di restauro succedutesi in diverse epoche. I primi radicali interventi seguirono il disastroso incendio del 1595, a seguito del quale fu rifatto il tetto e furono eseguite le tre porte bronzee della facciata, opera di scultori della bottega del Giambologna, tra cui Gasparo Mola e Pietro Tacca. A partire dal Settecento iniziò il progressivo rivestimento delle pareti interne con grandi dipinti su tela, i "quadroni" con Storie di beati e santi pisani, eseguiti dai principali artisti dell'epoca grazie all'iniziativa di alcuni cittadini che si autofinanziarono creando un'apposita attività commerciale.
Significative le spoliazioni napoleoniche del Duomo di Pisa e all'Opera del Duomo, molte opere confluirono al Louvre dove sono oggi esposte, tra le quali Il Trionfo di San Tommaso d'Aquino fra i Dottori della Chiesa di Benozzo Gozzoli, oggi al Louvre ma allocata nella Primiziale del Duomo di Pisa, Morte di San Bernardo dell'Orcagna e San Benedetto, opera di Andrea del Castagno.
Tra i vari interventi degni di nota va segnalato lo smantellamento del pergamo di Giovanni Pisano che venne riassemblato solo nel 1926 in una diversa posizione e con diverse parti mancanti, tra cui la scala, e lo smantellamento del monumento ad Arrigo VII realizzato da Lupo di Francesco che si trovava di fronte alla porta di San Ranieri e successivamente sostituito da una versione semplificata e simbolica.
Gli interventi successivi si ebbero nel corso dell'Ottocento ed interessarono sia le decorazioni interne sia quelle esterne, che in molti casi, specie per le sculture della facciata furono sostituite da copie (gli originali sono al Museo dell'Opera del duomo).
Durante la Seconda Guerra Mondiale, nella campagna italiana, la Forza di Spedizione Brasiliana durante una messa in cattedrale con l'immagine di Nostra Signora di Aparecida canta l'inno brasiliano, interrotto da un forte bombardamento aereo perpetrato dell'Asse. L'evento è stato reso noto dal fatto che i soldati si sono rifiutati di interrompere l'inno nazionale anche di fronte alle esplosioni e di continuare a cantare fino alla finale, rifiutando gli ordini di proteggersi.
L'edificio, che in origine era a croce greca con all'incrocio dei bracci una grande cupola, oggi è a croce latina immissa. Il corpo longitudinale, diviso in cinque navate, si sviluppa su dieci campate. Questa pianta continua nel coro con altre due campate ed un'abside finale a coronamento della sola navata centrale. Il transetto ha 4 campate per lato (oppure sei se si includono le due in comune col corpo longitudinale) ed è a tre navate con absidi terminanti sui due lati. Al centro quattro grossi pilastri delimitano la crociera rettangolare terminante in alto con una grossa cupola ellittica.
La ricchissima decorazione comprende marmi multicolori, mosaici e numerosi oggetti di bronzo provenienti dal bottino di guerra, fra cui il Grifo utilizzato come est del tetto, preso a Palermo nel 1061. Gli archi a profilo acuto fanno riferimento ad influenze musulmane e del meridione d'Italia. Le arcate cieche con losanghe richiamano le analoghe strutture delle chiese dell'Armenia. La facciata di marmo grigio e bianco, decorata con inserti di marmo colorato, fu edificata da mastro Rainaldo. I tre portali sottostanno a quattro ordini di loggette divise da cornici con tarsie marmoree, dietro i quali si aprono monofore, bifore e trifore.
Le porte della facciata in bronzo massiccio furono realizzate da diversi artisti fiorentini nel XVII secolo. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, fin dai tempi antichi i fedeli entravano nel Duomo attraverso la porta di San Ranieri, posta sul retro nell'omonimo transetto, di fronte al campanile. Questo perché i nobili della città si recavano alla cattedrale venendo da via Santa Maria che conduce proprio a quel transetto. Tale porta fu fusa intorno al 1180 da Bonanno Pisano, ed è l'unica porta scampata all'incendio del 1595 che danneggiò pesantemente la chiesa.
La porta di San Ranieri è decorata con 24 formelle raffiguranti storie del Nuovo Testamento. Questa porta è una delle prime prodotte in Italia nel Medioevo, dopo l'importazione di numerosi esempi da Costantinopoli, (ad Amalfi, a Salerno, a Roma, a Montecassino, a Venezia...) e vi si ammira una sensibilità tutta occidentale, che si stacca dalla tradizione bizantina. Sopra le porte ci sono quattro file di gallerie aperte, con, in cima, la Madonna con Bambino e, negli angoli, i quattro evangelisti. La tomba di Buscheto si trova a sinistra della porta nord della facciata.
L'interno a cinque navate è rivestito di marmi bianchi e neri, con colonne monolitiche di marmo grigio e capitelli di ordine corinzio. Gli archi delle dieci campate sono a tutto sesto (quelli della navata centrale) oppure a sesto rialzato nello stile moresco del tempo (quelli delle navate laterali). La navata centrale ha un soffitto a cassettoni dorati seicenteschi, in legno dorato e dipinto, dei fiorentini Domenico e Bartolomeo Atticciati; reca dorato lo stemma dei Medici. Presumibilmente l'antico soffitto presentava una struttura con capriate lignee a vista. Le quattro navate laterali hanno una copertura intonacata a crociera. La copertura a cassettoni è presente anche nel coro e nella navata centrale del transetto, mentre una coperatura a botte intonacata è presente nelle navate laterali del transetto. Curiosa è la coperatura delle navate laterali del transetto al livello delle due campate in comune con le navate laterali del corpo longitudinale: queste sono a crociera (come nelle navate laterali del corpo longitudinale), ma sono più alte (come nelle navate laterali del transetto).
Nel punto di incontro tra il transetto e il corpo centrale si innalza la cupola, decorata con la rara tecnica di pittura a encausto (o cera su muro), dall'immagine di Vergine in gloria e santi dai pisani Orazio e Girolamo Riminaldi (1627-31). La cupola ha subito un restauro che è terminato nel 2018.
È inoltre presente un matroneo di origine bizantina che corre lungo tutta la chiesa, compreso coro e transetto e che presenta una coperatura a cassettoni (corpo centrale) o a travi lignee (transetto). Ancora più in alto sottili e profonde finestrine permettono l'illuminazione della chiesa.
L'interno suggerisce un effetto spaziale simile a quello delle moschee, a causa dell'uso di archi a sesto rialzato nelle navate laterali più esterne, all'alternanza di fasce in marmo bianco e verde e all'inconsueta cupola ellittica, di ispirazione moresca. La presenza dei matronei, con le solide colonne monolitiche di granito nelle bifore, è un chiaro segno di influenza bizantina. L'architetto Buscheto aveva accolto stimoli dal Levante islamico e dall'Armenia.
Il grande mosaico absidale del Cristo in trono tra la Vergine e san Giovanni è reso famoso dal volto di san Giovanni, opera di Cimabue del 1302 che sopravvisse miracolosamente all'incendio del 1595. Proprio quel San Giovanni Evangelista fu l'ultima opera realizzata da Cimabue prima della morte e l'unica di cui esista una documentazione certificata. Evoca i mosaici delle chiese bizantine e anche quelle normanne, come Cefalù e Monreale, in Sicilia. Il mosaico, in buona parte realizzato da Francesco da Pisa fu terminato da Vincino da Pistoia con la raffigurazione della Madonna sulla parte sinistra (1320).
La chiesa conserva, sull'altare del transetto destro, le reliquie di san Ranieri, patrono di Pisa.
Sempre nel transetto destro è conservata parte della frammentaria tomba di Enrico VII di Lussemburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, morto nel 1313 a Buonconvento mentre assediava invano Firenze. La tomba, anche questa smontata e ricomposta, (fu scolpita da Tino da Camaino nel 1313-1315) ed era in origine posta al centro dell'abside, come segno della fede ghibellina della città. Era inoltre un monumento scultoreo molto più complesso, dotato di varie statue. Spostato più volte per questioni politiche, venne anche separato in più parti (alcune dentro la chiesa, alcune sulla facciata, alcune nel Campo Santo). Oggi troviamo in chiesa il sarcofago con il defunto raffigurato sdraiato sopra di esso, secondo la moda in voga a quel tempo, e i dodici apostoli scolpiti in bassorilievo. La lunetta dipinta con gli angeli reggicortina sono invece un'aggiunta successiva della bottega di Domenico Ghirlandaio (fine XV secolo). I resti del monumento sono stati ricomposti nel vicino Museo dell'Opera del Duomo.
I 27 dipinti che rivestono la tribuna dietro l'altare maggiore, raffiguranti Episodi del Vecchio Testamento e Storie cristologiche, furono eseguiti tra il XVI ed il XVII secolo dai maggiori pittori toscani, tra cui Andrea del Sarto (tre tele, Santa Agnese, le Sante Caterina e Margherita e i Santi Pietro e Giovanni Battista) il Sodoma e Domenico Beccafumi (Storie di Mosè ed Evangelisti).
Numerosi e pregiati sono gli arredi sacri, tra cui il Crocifisso bronzeo, sull'altare maggiore, e gli Angeli portacandelabro all'estremità della ricca transenna marmorea, del Giambologna (invece i sei angeli sull'altare sono di Ludovico Poliaghi e quello sulla colonna a sinistra dell'altare di Stoldo Lorenzi, oltre al grande ciborio in argento ideato da Giovan Battista Foggini (1678-86) sull'altare della cappella del Santissimo Sacramento. Sui numerosi altari laterali sono collocati dipinti cinque-seicenteschi. Fra le tele ospitate sugli altari minori, si ricordano la Madonna delle Grazie con santi, del manierista fiorentino Andrea del Sarto, e la Madonna in trono e santi nel transetto destro, di Perin del Vaga, allievo di Raffaello, entrambe terminate da Giovanni Antonio Sogliani. Di stile barocco sono, del senese Francesco Vanni, la tela con la Disputa del Sacramento, e del genovese Giovanni Battista Paggi la Croce con santi. Particolarmente venerata è l'immagine della duecentesca Madonna col Bambino, detta Madonna di sotto gli organi, attribuita al volterrano Berlinghiero Berlinghieri.
L'edificio, come la torre campanaria, è sprofondato percettibilmente nel suolo, e alcuni dissesti nella costruzione sono ben visibili, come le differenze di livello tra la navata di Buscheto e il prolungamento ad opera di Rainaldo (le campate verso ovest e la facciata).
Le originali gràdule del Duomo, ad opera della taglia di Giovanni Pisano e risalenti alla fine del XIII secolo, furono rimosse nel 1865 e sostituite dall'attuale sagrato. Queste gràdule, consistevano in muraccioli, decorati a riquadri scolpiti con figure di animali e teste, a ridosso del perimetro esterno della cattedrale e servivano come base per i numerosi sarcofagi di epoca romana che, durante l'epoca medioevale, venivano reimpiegati per le sepolture dei nobili (tra i quali spicca Beatrice di Canossa) e degli eroi. Attualmente alcuni frammenti sono visibili al Museo dell'Opera del Duomo, mentre i sarcofagi furono tutti spostati all'interno del recinto del Campo Santo.
Tra le opere medievali scampate all'incendio figurano l'affresco con la Madonna con Bambino del pisano Maestro di San Torpè nell'arco trionfale, e sotto di esso il pavimento cosmatesco, vera rarità fuori dai confini del Lazio. Fu realizzato in tarsie marmoree con motivi geometrici ad "opus alexandrinum" (metà del XII secolo). Altri frammenti di affreschi tardo medioevali sono sopravvissuti, tra i quali San Girolamo su uno dei quattro pilastri centrali e San Giovanni Battista, un Crocifisso e San Cosimo e Damiano sul pilastro vicino alla porta di ingresso, parzialmente nascosto dalla bussola.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Duomo_di_Pisa