La cattedrale di Santo Stefano è il principale luogo di culto cattolico della città di Prato, situato in Piazza del Duomo. Nel luglio 1996 papa Giovanni Paolo II l'ha elevata alla dignità di basilica minore. All'interno si trova il più importante ciclo di affreschi di Filippo Lippi, all'esterno il pulpito esterno costruito da Michelozzo e decorato da Donatello.
La Cattedrale è una delle più antiche chiese di Prato. Testimoniata già a partire dal X secolo come pieve di Santo Stefano, ma esistente almeno dal VI secolo era la chiesa principale di Borgo al Cornio, il primitivo insediamento pratese. Ristrutturata dal X al XV secolo, appare unitaria per l'equilibrata purezza dei volumi e la vibrante bicromia dei paramenti esterni, in alberese e marmo verde di Prato (serpentino).
La struttura attuale risale ad un periodo di ricostruzione iniziato nel XII secolo. A quel secolo risalgono le fiancate ed il chiostro romanico. A partire dai primi anni del XIII secolo fu iniziata la costruzione del campanile da parte di Guidetto da Como, tranne l'ultima cella in alto conclusa nel 1356. Nel corso del Trecento, per la crescente popolarità della reliquia della Sacra Cintola (in città dal 1141 secondo la tradizione), l'edificio venne allargato: nella prima metà del secolo fu costruito il transetto (forse su progetto di Giovanni Pisano), e nella seconda metà venne eretta la Cappella della Cintola ed iniziata la costruzione della nuova facciata conclusa solo nel 1456. Gli edifici che si trovavano davanti alla facciata, inoltre, vennero demoliti per poter creare una nuova, larghissima piazza, per ospitare la folla in occasione delle ostensioni della sacra reliquia.
Nonostante le aggiunte e modifiche avvenuto nel corso di numerosi secoli, l'aspetto esterno del Duomo risulta unitario e armonico. Tanto all'esterno quanto all'interno l'architettura della cattedrale è connotata da accentuati effetti policromi, ottenuti con la giustapposizione tra elementi in alberese o marmo bianco e quelli in verde di Prato.
La prima facciata duecentesca, in parte visibile sotto quella attuale attraverso un'intercapedini, è opera di Guidetto. Ricostruire il disegno originale della facciata, caratterizzata da un paramento liscio d'alberese nella parte inferiore e bicromo in quella soprastante, è quasi impossibile a causa dell'esiguo numero di elementi sopravvissuti: era coronata da archetti pensili forse poggianti su due paraste d'angolo; mentre protomi leonine segnavano l'innesto degli spioventi delle navate laterali. Essa era completata plausibilmente da un unico portale sormontato da una bifora e da due finestrelle arcuate.
L'attuale facciata a salienti tardo gotica (1386-1457) opera di Niccolò di Piero Lamberti detto il Pela è costruita in Pietra alberese e marmo verde di Prato a rendere la caratteristica bicromia bianco-verde. Presenta un solo portale ed un orologio al posto del rosone. Fu edificata a ridosso, ma non adiacente, alla vecchia: nello spazio rimasto è stato realizzato un corridoio che porta al pulpito esterno.
Sulla lunetta sopra la porta principale venne posta una terracotta invetriata di Andrea della Robbia, raffigurante la Madonna fra i Santi Stefano e Giovanni (protettori rispettivamente di Prato e di Firenze).
Realizzato attorno alla metà del Quattrocento, l'orologio era dotato di un fantoccio-bambino che batteva le ore, già documentato in un testo del 1480, redatto in occasione della sua riparazione. Aggiustato e sostituito nelle sue parti già nel corso dei due secoli successivi, l'orologio fu definitivamente rimpiazzato da un nuovo congegno creato nel 1795 dall'orologiaio pratese Domenico Magheri, come testimonia la targa apposta sul telaio, che recita: «A.M. D.P. Dominicus Magheri Pratensis fecit Anno Domini 1795 – volat ambiguis volubilis alis hora». Il dispositivo originale è oggi conservato in loco dentro una teca di plexiglas. Il quadrante della facciata presenta ancora scolpite le 24 cifre romane relative all'orologio quattrocentesco, per quanto oggi coperte da 12 cifre romane in bronzo a rilievo. Il quadrante all'interno del Duomo, sulla contro-facciata, mostra, invece, la numerazione alla romana, con 6 sole cifre.
Sul fianco destro, ristrutturato intorno al 1160, sono due portali arricchiti da intarsi (con simboli non ancora decodificati) e lo slanciato campanile a torre dei primi del Duecento (progettato dal maestro Guidetto), che in origine fungeva da cavalcavia. Alleggerito da bifore che divengono molto ampie nel penultimo ordine, è concluso da una aerea cella gotica a grandi trifore, aggiunta nel Trecento, come il compatto blocco in pietra alberese del transetto, che si appoggia al campanile. La cella campanaria, piana, fu da ispirazione per quello fiorentino che, secondo il progetto giottesco, era previsto con guglie.
Sempre sul lato destro della chiesa è presente una piccola ed essenziale meridiana che indica il mezzogiorno solare apparente ai solstizi, costituita unicamente dallo gnomone (falsostilo) e dalla linea meridiana.
La porta esterna accanto al campanile ha una macchia rossa nella lunetta sopra il portale. La leggenda vuole che si tratti del sangue uscito dalla mano mozzata a un tal Musciattino pistoiese che nel medioevo cercò di rubare la reliquia del Sacro Cingolo, ma che venne catturato e punito con il taglio delle mani. Una mano allora volò miracolosamente verso la cattedrale, macchiando per sempre i marmi nel punto dove aveva battuto.
La torre campanaria è l'edificio più alto di Prato. La prima torre risale al 1160 e si inserisce nel prospetto simmetrico del fianco meridionale della chiesa.
Al 1211 risale la stesura del contratto, rogato "in claustro Sancti Stefani", con il quale si affidò a Guidetto da Como, maestro marmorario di san Martino a Lucca, l'incarico di portare a compimento i lavori della pieve e tra questi il campanile; la scrittura non lascia dubbi sulla corrispondenza tra G. e il "marmolarius" operante a Prato giacché, dalla lettura, si ricava che questi si riservò di tornare a Lucca per quattro volte all'anno, con il probabile scopo di verificare i progressi ivi compiuti dai suoi collaboratori. Guidetto, attorno al 1220, completò la parte superiore con quattro livelli. Nel Trecento, fu necessario innalzare il campanile di un ulteriore piano dopo la costruzione del transetto. I lavori terminano nel 1356 e da allora la struttura non è più stata modificata ed è la stessa che vediamo anche oggi. La scala interna si compone di 177 gradini. È stato restaurato nel 2010.
Il pulpito esterno, costruito da Michelozzo e decorato da Donatello, fra il 1428 e il 1438. Il pulpito fu creato per l'ostensione pubblica dell'importante reliquia della Sacra Cintola della Madonna, che ancora oggi si mostra per Natale, Pasqua, il 1º maggio, il 15 agosto e, nelle forme più solenni, l'8 settembre, festa della Natività di Maria. Sul capitello in bronzo dorato del pulpito una serie di cornici concentriche in marmo bianco accentuano l'effetto centrifugo del pulpito, il cui parapetto (l'originale è nel vicino Museo) simula un tempietto dentro il quale gruppi di angeli intrecciano vivaci girotondi e balli come la farandòla; l'elegante baldacchino a ombrello corona il pulpito.
L'interno della cattedrale di santo Stefano è a pianta a croce latina e, malgrado i numerosi interventi, presenta un aspetto complessivamente unitario; le tre navate romaniche, del primo Duecento, sono divise da ampie arcate su preziose colonne in serpentino verde con raffinati capitelli, opera di Guidetto da Como. Sopra le arcate le pareti riprendono l'alternanza del colore nelle fasce di alberese e marmo verde. La volta della navata centrale è a botte lunettata ed è stata realizzata nel XVII secolo su progetto di Ferdinando Tacca; coeve sono le barocche cornici interne delle finestre.
Sotto la penultima arcata tra la navata centrale e la navata laterale di sinistra, si innalza l'elegante pulpito rinascimentale in marmo bianco (1469-1473), dall'esile forma a calice, con base arricchita da sfingi, realizzate da Maso di Bartolomeo e da Pasquino da Montepulciano. Il parapetto ha pregevolissimi rilievi di un pittoricismo vibrante, opera di Antonio Rossellino e Mino da Fiesole, con l'Assunta, Storie di Santo Stefano e Storie del Battista. Lo fronteggia, nella navata opposta, un bellissimo candelabro in bronzo di Maso di Bartolomeo, del 1440, in forma di vaso allungato dal quale escono sette carnosi steli vegetali. Il modello di bronzo è adesso esposto a Boston al Museum of Fine Art. Maso realizzò anche il vicino terrazzo interno, in controfacciata, che ha sul fondo una pregevole Assunta di David e Ridolfo del Ghirlandaio.
Di fronte alla Cappella del Sacro Cingolo è un piccolo Crocifisso ligneo di forte espressività, è molto probabilmente l'opera nota di Giovanni Pisano.
Saliti pochi scalini la chiesa antica si dilata nel vasto transetto trecentesco, tradizionalmente attribuito a Giovanni Pisano, che è in ogni caso opera geniale del suo ambito (forse di un allievo di Nicola Pisano). Nel transetto le cinque altissime volte a crociera hanno naturale conclusione nelle altrettante cappelle absidali, divise da alti semipilastri a fasce, con notevoli peducci figurati.
Il presbiterio, nella sua attuale conformazione, è stato realizzato nel 2012 dallo statunitense Robert Morris. Sono sue opere i tre arredi principali: la cattedra vescovile, con seduta in marmo di Carrara e schienale in bronzo, situata sopra la scalinata; l'altare maggiore, situato ad una quota più bassa, sotto l'arco trionfale e costituito da un unico blocco di marmo di Carrara avente la forma di parallelepipedo; l'ambone, interamente in bronzo, caratterizzato da una forma a mantello e da alcune pietre alla base, che vogliono così richiamare il martirio di santo Stefano. Alle spalle del nuovo presbiterio, si trova l'altare maggiore barocco in marmi policromi, sormontato dall'imponente Crocifisso bronzeo di Ferdinando Tacca (1653)
Sulla destra del transetto è il tabernacolo rinascimentale della Madonna dell'Olivo, dei fratelli Da Maiano: la Madonna col Bambino (1480) in terracotta, preziosa nelle forme piene, è opera del celebre Benedetto.
La ricca balaustrata presbiteriale in marmi policromi, secentesca, riutilizza alcune lastre rinascimentali con stemmi e cherubini dell'antico coro, e dà accesso alle cappelle.
Nel transetto sinistro sul portale d'ingresso della Sagrestia è collocato il Monumento funebre a Carlo de' Medici, scultura in marmo di Vincenzo Danti del 1564.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Duomo_di_Prato