L'arco di Tito è un arco trionfale ad un solo fornice (ossia con una sola arcata), posto sulle pendici settentrionali del Palatino, nella parte occidentale del Forodi Roma. Capolavoro dell'arte romana, si tratta del monumento-simbolo dell'epoca flavia, grazie alle sostanziali innovazioni sia in campo architettonico-strutturale, sia in campo artistico-scultoreo.
L'iscrizione sull'attico (lato ovest, verso il Foro) reca la dedica del monumento da parte del Senato all'imperatore Tito(nato nel 41, imperatore dal 79all'81), menzionato come "divus" e dunque posteriore alla sua morte nell'anno 81. Entro il90 doveva essere concluso.
L' arco è stato eretto a memoria della guerra giudaica combattuta da Tito in Galilea. Nel 69, l'anno dei quattro imperatori, Vespasiano rientrò a Roma per reclamare il trono, lasciando Tito in Giudea a porre fine alla rivolta, cosa che Tito fece l’anno successivo: Gerusalemme fu saccheggiata, il Tempio fu distrutto. Nel ricco bottino era compreso il candelabro a sette braccia e le trombe d'argento. Gran parte della popolazione fu uccisa o costretta a fuggire dalla città. Al suo ritorno a Roma nel 71 fu accolto in trionfo.
Nel Medioevo l'arco venne incorporato nella fortezza dei Frangipane ed è rappresentato in numerose stampe coronato da una merlatura in mattoni, fino ai restauri del 1823 di Raffaele Stern e Giuseppe Valadier, ricordati dall'iscrizione di papa Pio VII sul lato ovest (verso il Foro) dell'attico.
A partire dal XVI secolo, sotto il pontificato di Paolo II e di Sisto IV, vennero effettuati i primi restauri all'arco che consistettero nella demolizione di alcuni edifici sul lato sud e nella realizzazione di un contrafforte.
Successivamente l'arco fu inglobato nelle strutture del convento di Santa Francesca Romana (un tempo Santa Maria Nova) e solo nel1812-24 ebbe inizio l'intervento di liberazione vero e proprio già citato.
Ulteriori lavori realizzati nel 1901-02, consistenti nell'abbassamento del livello stradale, ne misero in luce le fondazioni
Un altro arco di Tito, oggi scomparso si trovava nel Circo Massimo.
L'arco di Tito si discosta dagli archi dell'epoca augustea per la mole più compatta e robusta (da confrontare per esempio con l'arco di Susa), con un distacco ormai netto dai modelli dell'architettura ellenistica. Qui compare il primo esempio sicuramente datato nella città di Roma di capitello composito.
L'arco è costruito in opera quadrata di marmo, pentelico fino ai capitelli e lunense nella parte superiore, con uno zoccolo in travertino e un nucleo interno in cementizio. Le fondazioni sono attualmente allo scoperto a causa degli scavi che raggiungono in questa zona il livello augusteo. Le parti dell'elevato oggi in travertino sono dovute al restauro ottocentesco.
Sulle due facciate il fornice è inquadrato da semicolonne con fusti scanalati e capitelli compositi, che sorreggono una trabeazione, con fregio
Il fregio sulla trabeazione, con figure piuttosto tozze e ad altissimo rilievo, rappresenta una scena di sacrificio, raffigurata secondo quello stile più tipicamente romano (scevro cioè da influenze greche), che si ritrova anche nel piccolo fregio sull'altare dell'Ara Pacis. Si tratta di una precoce introduzione di stilemi dell'arte plebea nell'arte romana ufficiale, con elementi irreali e disorganici, quali le figure sproporzionatamente grandi degli animali condotti al sacrificio delsuovetaurilia rispetto agli addetti che li conducono: si può quindi intravedere in questa rappresentazione un interesse predominante verso la componente simbolica della rappresentazione, piuttosto che verso la verosimiglianza generale dell'episodio.
La volta del passaggio conserva una ricca decorazione a cassettoni: al centro è raffigurato in una formella Tito portato in cielo da un'aquila, allusione alla sua apoteosi (divinizzazione dopo la morte). Un piccolo fregio sull'architrave poi raffigura la pompa triumphalis, processione del Trionfo.
I rilievi più interessanti sono i due pannelli che decorano i lati del fornice, che commemorano due fasi del trionfo di Tito dopo la cattura di Gerusalemme del 70, durante la prima guerra giudaica.
Il pannello destro (lato nord) mostra l'imperatore Tito sulla quadriga trionfale, incoronato dalla Vittoria. La quadriga è condotta dalla personificazione della Virtus a piedi, mentre le altre due figure allegoriche a fianco del carro sono forse Roma e il Genio del popolo romano, o il Senato il popolo romano. Sullo sfondo si affollano le teste e i fasci dei littori.
Sul lato sinistro (sud) è raffigurato l'ingresso del corteo nella Porta Triumphalis, che è raffigurata all'estrema destra in prospettiva scorciata. Nella scena si vedono gli inservienti che avanzano coi fercula (portantine per oggetti), recando gli arredi saccheggiati altempio di Gerusalemme (uno dei candelabri a sette braccia, la tavola per il pane di proposizione con i vasi sacri, le trombe d'argento) e le tabelle ansate con iscrizioni esplicative degli oggetti presi e delle città vinte.
Andando oltre i traguardi dell'ellenismo, nei due rilievi si nota una differenziazione del rilievo coerentemente con la collocazione delle figure nello spazio, come se si muovessero in un ambiente libero, invece dei soliti due o tre piani di rappresentazione. Nel fregio della quadriga si va per esempio dalle teste dei cavalli a tutto tondo ai littori e le lance appena sagomate sullo sfondo. Ma soprattutto nella scena della Porta Trionfale il movimentato disporsi delle figure e degli oggetti sopra le teste riesce a dare l'impressione della circolazione dell'atmosfera attorno ad essi, come se assistessimo in diretta all'oscillante movimento della processione.In questi due rilievi, nonostante alcuni convenzionalismi, come la ritmica raffigurazione di profilo dei cavalli, si osservano alcune fondamentali innovazioni stilistiche: intanto un maggiore affollamento delle scene, ma soprattutto la straordinaria spazialità data dalla variazione del rilievo secondo una precisa disposizione delle figure nell'atmosfera e il superamento dell'andamento rettilineo del corteo.
In secondo luogo le figure non si muovono su una linea retta, ma la lettura procede su una grandiosa curva prospettica convessa, ben visibile nel rilievo della processione, dove a sinistra le figure sono viste di tre quarti e di faccia, e all'estrema destra di dorso mentre entrano sotto il fornice illusionisticamente rappresentato della Porta Triumphalis. Lo spettatore ha così la sensazione di essere circondato e quasi sfiorato dal corteo, secondo un tendenza che verrà ulteriormente sviluppata nel "barocco" antoniniano dal III secolo in poi.