Ortigia (L'Ottiggia in dialetto siracusano, Urtiggia in siciliano standard, Ortygia, ??t???a in greco antico) è il toponimo dell'isola che costituisce la parte più antica della città di Siracusa.
Il suo nome deriverebbe dal greco antico ortyx (??t??) che significa "quaglia". La sua estensione non supera 1 km² e la sua popolazione ammonta a 4.269 abitanti (2011).
L'isola fu nota nell'antichità con tre denominazioni che si succedettero a seconda del periodo storico.
Il poeta Nicandro di Colofone fu il primo ad affermare che anticamente l'isola di Ortigia venne appellata con il nome di Homothermon[N 1], termine italianizzato in Omotermon e tradotto letteralmente da Omo-termon come "Eguale bagno" o "Eguali bagni" ad opera di Tommaso Fazello e di Vincenzo Mirabella. L'origine etolica del nome accomuna, in parte, la teoria di Nicandro a quella di Pausania, il quale riconosce che tra i Siracusani e la regione greca ci siano state delle relazioni.
Il nome Ortigia, col quale è nota Siracusa fino dall'epoca greca, deriverebbe da coturnice, diffusa nel Mediterraneo e nell'Asia Minore, o da quaglia (in greco antico: ??t??), diffusa in quello che per i Greci era il mondo conosciuto, più comune e più antica. Nicandro invece afferma che questo nome sia connesso al fatto che gli Etoli - da lui, come da altri - indicati quali fondatori, avendo abbandonato la propria patria per giungere nell'isola mediterranea, decisero di dare alla nuova terra lo stesso nome del luogo etolico. Il termine ??t???a, presente nella lingua greca e tradotto dagli studiosi Henry Liddell e Robert Scott come isola delle quaglie, possedeva originariamente secondo il lessicografo Esichio di Alessandria un ? iniziale, che si sarebbe pronunciato come una sorta di v .
Nonostante l'isola avesse una serie di nomi antichi, posteriormente gli abitanti non persero l'uso di identificarla come Nasos, parola che nel dialetto dorico significa Isola.
Per la variante greca sopra descritta si sono evidenziate due possibili etimologie: l'una indicante una derivazione dal sanscrito e un'altra dall'egizio.
Il termine *???t??, pronunciabile come vòrtux, richiama il termine tedesco per quaglia Wachtel e presenta un'affinità colla parola Vártika, appartenente al sanscrito vedico, la lingua che viene usata nei Veda, tra i più antichi testi sacri dell'India: la radice indoeuropea Vart, Vartukas, da cui visibilmente deriva Vártika, allude alla forma rotonda propria del muoversi a terra della quaglia e fa da sé derivare il verbo latino per girare, vertere. Tuttavia, non è detto che il nesso logico tra quest'animale, identificato anticamente come "emblema del sole", e il vertere latino debba necessariamente stare nel movimento dell'uccello, poiché esso potrebbe risiedere nel fatto che la quaglia fosse implicata nell'annuncio di una particolare fase di un fenomeno ciclico, quale il sorgere del Sole o l'arrivo della primavera; in questo secondo caso risultando uno dei primi uccelli che annunciano la primavera mediante il ritorno sulle coste del mare e l'emissione del loro verso. In questa identificazione si troverebbe come rievocazione dei riti sacri praticati a Delo, isola del mar Egeo che ha parecchie analogie con Siracusa quanto alla storia mitologica. Sempre in visione sacrale, il termine Ortigia sarebbe riconducibile a un soprannome con il quale veniva definita la dea Diana.
Si è anche ipotizzato che il termine greco possa essere una derivazione dall'egiziano p?.??t(??).
Dal latino
Se quindi il nome greco della quaglia potesse alludere al suo movimento, quello latino, coturnix, sembrerebbe poter trarre origine dal verso proprio di questo uccello, anche se non è noto se come allusione onomatopeica imitante il suono *kwok o in seguito a una combinazione tra l'aggettivo katu, che significa penetrante, e il nome rana, grido, entrambi appartenenti alla lingua sanscrita e alludenti, una volta uniti in un unico termine, alle caratteristiche di questo suono.
Località omonime
Esistevano anche altre località note con questo nome, tra le quali se ne ricordano una in Etolia e un'altra sita presso Efeso nella Ionia, la quale prese poi il nome di Delo (in greco antico: ?????, Dêlos), significante "la Manifesta", o acquisendolo per prima e passandolo all'isola delle Cicladi oppure assumendolo per similitudine con quella già nota coi nomi di Ortigia e di Asteria, in allusione in (questo secondo caso) ad "Astro" e ad Asteria, la dea delle stelle; anch'essa legata alla mitologia aretusea. Delo avrebbe infatti passato il suo nome a tutte le proprie colonie, tra le quali comunque non è possibile annoverare Siracusa, la cui fondazione è storicamente, tradizionalmente e solidamente attribuita ai Corinzi, con la conseguenza che sia improbabile un suo legame politico-fraterno con Delo.
Ortigia è un'isola, posta nella costa orientale della Sicilia.
La sua conformazione geologica è composta da una roccia con fratture naturali, questo tipo di roccia si presta a far filtrare l'acqua naturalmente, questo motivo che spiega perché l'isola sia collegata "idrologicamente" alla terraferma siracusana. L'alimentazione di tale rapporto con l'acqua può essere attribuito ad un falda profonda collocata in corrispondenza di una faglia, attualmente inattiva, ricca d'acqua, la quale è compressa dallo strato impermeabile delle argille quaternarie che si stendono nella bassa valle dell'Anapo e circondano l'isola di Ortigia ed il Plemmirio.
Dalla Porta Marina fino al Castello Maniace (che rappresenta la punta estrema dell'isola), vi è un susseguirsi di sorgenti e fonti naturali che fuoriescono al di sotto o in corrispondenza del livello medio del mare; ne è un esempio la rinomata Fonte Aretusa, uno specchio d'acqua dolce situato in Ortigia e che arriva al contatto con l'acqua salata del mare. La presenza di queste sorgenti è dovuta alla pendenza naturale delle fluenze e dal già citato sistema di fratturazione esistente nelle rocce ortigiane, entrambi sono fattori favorevoli all'insorgere delle acque.
Altri esempi di sorgenti naturali in Ortigia sono dati dalla Fontana degli Schiavi; da uno dei miqwè (bagno ebraico) più suggestivi d'Europa; dalla Vasca della Regina (sorgente naturale posta al di sotto del livello del mare, nel Castello Maniace) e le manifestazioni sorgive, quasi del tutto scomparse di Occhi di Zivillica (o Occhi di Zilica).
Altro aspetto morfologico molto interessante dell'isola di Ortigia, sono i suoi ipogei; i siracusani li hanno scavati nei secoli, già dai tempi greci fino ai tempi bellici della seconda guerra mondiale, quando questi ipogei vennero utilizzati come rifugi antiaerei per la popolazione. Il più importante è quello di Piazza Duomo, recentemente aperto al pubblico, sulle cui pareti si notano anche degli affreschi bizantini. Ortigia ha molti ipogei sotterranei, in alcuni, come in quello del quartiere ebraico, la Giudecca, vi è anche la presenza dell'acqua dolce, con le stesse caratteristiche delle altre polluzioni d'acqua naturale descritte sopra.
La sua costa forma l'entrata naturale di un grande golfo, la cui altra estremità è rappresentata dalla costa del Plemmirio. Si pensa che l'isola, dopo la colonizzazione greca, venne collegata quasi subito alla terraferma utilizzando un terrapieno, ovvero un accumulo di terreno realizzato artificialmente. In seguito il terrapieno venne sostituito da un ponte. La sua costa, in tempi antichi, doveva essere più prolungata, infatti dai vari studi archeologici fatti presso il Porto Piccolo di Siracusa, risulta visibile sott'acqua parte della banchina marmorea che contraddistingueva l'approdo siracusano. La tipologia di costa è rocciosa e frastagliata, nella sua maggior parte, eccetto qualche golfetto di sabbia.
Infine la sua vegetazione (non estesa poiché l'isola è stata densamente popolata ed edificata in passato) è composta dalle piante tipiche del clima mediterraneo; quindi palme e ficus tra tutti, inoltre attira curiosità, e spesso stupore, la presenza della pianta di papiro che cresce spontanea all'interno della Fonte Aretusa. La sua fauna invece conta caratteristiche papere che fanno parte della cultura paesaggistica, basti pensare che la Fonte Aretusa, è stata ribattezzata dai siracusani "fontana delle papere", proprio per le numerose papere che vi si trovano al suo interno. Così come i pesci d'acqua dolce e le tante altre specie che vivino in mare.
L'isola è stata da sempre il cuore della città, lo testimonia il fatto che sin dall'età del bronzo antico fosse abitata, e lo testimoniano anche resti di capanne circolari del XIV secolo a.C. riferibili alla cultura di Thapsos. Furono infatti gli scavi dell'archeologo Paolo Orsi a scoprire, anche nei pressi della Fonte Aretusa, i resti di un abitato siculo vicino alla sorgente naturale, ritrovamento che indica come già in passato l'area, generosa d'acqua, fosse considerata molto importante per prosperare e costruire nei suoi dintorni l'abitato.
Il successivo arrivo dei greci spinse la popolazione sicula a ritirarsi nell'entroterra, come ci narra Tucidide. Ma senza alcun dubbio molti dei siculi rimasero in Ortigia dopo l'avvenuta colonizzazione greca, dato che sono le stesse vicende storiche a narrarci dei contrasti per il comando della città tra gamoroi, discendenti dei primi coloni corinzi, e killichirioi, discendenti appunto dei siculi che in precedenza abitavano Siracusa e Ortigia. La storia prosegue e i siculi Killichirioi vengono sconfitti da Gelone di Gela, chiamato in aiuto dai Gamoroi, diventerà il primo tiranno di Siracusa.
Ortigia in epoca greca fu, soprattutto inizialmente, il centro politico e religioso della città; lo dimostra il fatto che nell'isola venne edificata la via sacra(la quale attualmente ricade nell'asse urbano della via Dione e del secondo tratto della via Roma), ovvero quella via che conteneva importanti templi degli dei, come l'Artemision e l'Athenaion (attuale Duomo di Siracusa). Dagli studi fatti si è potuto constatare che i templi greci erano sempre rivolti a oriente, osservando infatti l'antica linea urbana di Ortigia, si nota come gli edifici sacri fossero stati posti in luce, ne è un esempio il Tempio di Atena, il quale secondo gli studiosi svolgeva una funzione di "faro" per tutti i naviganti che si avvicinavano verso Siracusa dal lato del mare di Ortigia; sopra il tetto del tempio era posta una grande statua di Atena con uno scudo dorato, visibile da molto lontano, ed era esso che fungeva da faro e punto di riferimento per chi navigava in mare in prossimità della città.
In Ortigia venne edificato il palazzo del tiranno, ovvero la sede del potere politico dei tiranni siracusani. Dalle testimonianze pervenuteci dagli storici dell'epoca, si pensa fosse un palazzo imponente, soprattutto a partire dalla tirannia di Dionisio I di Siracusa (detto anche "Dionigi il Vecchio" e "Dionigi il Grande") che evacuò interamente la popolazione di Ortigia per sostituirla con la sua corte, i suoi amici e i suoi mercenari. Dotò l'isola di mura autonome e le lettere di Platone consentono di farsi un'idea della ricchezza di questa dimora; il filosofo ateniese racconta che il palazzo era dotato di ampi giardini e suddiviso in parti che diventavano sempre meno accessibili, difese da alte mura. La parte più intima della dimora di Dionigi, era costituita da una piccola isola, separata dal resto del palazzo da un canale con ponte levatoio, alzato o abbassato dal tiranno stesso, il quale poteva così ritrovarsi completamente al sicuro. (Cicerone, Tusculanae, 5, 59).
Questo palazzo fu successivamente distrutto da Timoleonte, comandante corinzio e uno dei pochi sovrani democratici che la Siracusa greca ebbe. (Plutarco, Vita di Timoleonte, 21) La dimora dei tiranni fu poi ricostruita in forme più sontuose da Agatocle e si pensa che ad esso apparteneva l'edifìcio detto « dei 60 letti », che sarebbe stato il più sontuoso della Sicilia (Diodoro, XVI 85).
Il porto (Porto Grande e Porto Piccolo) ebbe per Ortigia grande importanza; al centro delle grandi battaglie siracusane. L'isola prese parte a molte delle difese cittadine, era anch'essa circondata dalle imponenti mura dionigiane che si estendevano fino al monte Epipoli, nei pressi del Castello Eurialo.
In epoca romana
Durante l'assedio dei romani nel 212. a.C., Ortigia divenne l'ultimo quartiere di Siracusa a cadere in mano di Roma. Durante l'assedio il suo porto fu di fondamentale importanza per le sorti delle battaglie, perché era da lì che Cartagine, alleatasi con Siracusa, le mandava i rifornimenti di cibo, dunque i viveri e le forze necessarie per resistere all'assedio. Infatti con l'aiuto delle navi cartaginesi e con le geniali macchine da guerra di Archimede, i siracusani resistettero ad oltranza all'esercito romano che non poté fare altro che stare al di fuori delle mura aretusee. Dopo la festa di Artemide, approfittando della distrazione delle difese siracusane, assopite dopo i festeggiamenti, e con il tradimento di un cittadino che aprì loro i cancelli, i romani riuscirono ad entrare nella città e a conquistarla quartiere dopo quartiere. La storia ci ha narrato di come Archimede venne ucciso per errore da un soldato romano, il generale dei romani, Marco Claudio Marcello, si dice che rimase egli stesso sconvolto dall'uccisione del celebre matematico e si dice anche che pianse per la sorte della città che i suoi uomini avevano appena conquistato in nome di Roma. Passato il tempo della conquista, il generale nei primi anni del II secolo a.C. diede l'ordine che nessuno andasse ad abitare ad Ortigia, probabilmente perché, dato la sua strategica posizione difensiva, temeva si potesse organizzare una qualche rivolta al suo interno che potesse mettere in pericolo l'ordine nella città da poco tempo sotto il governo romano.
Siracusa divenne sede dei governatori romani di Sicilia, essi risiedevano in quello che un tempo era il palazzo del tiranno, divenuto praetorium (sede dei pretori romani); la sua ubdicazione non è chiara, ma da una scritta ritrovata durante l'apertura della via del Littorio, si è scoperto che un governatore di Sicilia in epoca tardoantica romana, tale Flavio Gelasio Busiride, aveva restaurato il praetorium già palazzo dei tiranni sito in Ortigia.
Ortigia in epoca medievale divenne sempre più centrale, dato che la popolazione siracusana a seguito delle grandi guerre (la fine dell'Impero Romano d'Occidente; la conquista dei franchi e dei vandali) diminuì fino a ridursi per la quasi totalità nell'abitato dell'isola di Ortigia, spopolando i restanti quartieri.
L'isola venne fortificata ulteriormente, affrontò le vicende bizantine di Siracusa, quando la città fu nominata "Capitale dell'Impero dei Romani" (detta anche "Capitale dell'Impero Romano d'Oriente), diventando dunque sede dell'imperatore bizantino, Costante II, e rifiorendo per un breve periodo, non troppo felice perché la città mal sopportò le tasse, eccessive, che l'imperatore aveva dato ai cittadini. Subì dunque l'attacco di Costantinopoli che ridiventò Capitale dell'Impero, dopo che il figlio di Costante II venne a riprendersi la corona imperiale.
Successivamente l'isola dovrà affrontare uno degli assedi più sofferti della storia di Siracusa, ovvero l'assedio arabo dell'878 d.C., il quale ridurrà la popolazione alla fame e la costringerà alla resa dopo mesi e mesi di patimenti. La città sarà spogliata dal titolo di "Capitale della Sicilia" e Ortigia, ormai in quest'epoca quasi del tutto identificata come "unico centro abitato di Siracusa", passerà in mano araba, diventando parte del Regno di Sicilia musulmano.
La testimonianza più evidente e grandiosa dell'epoca medievale in Ortigia è sicuramente il Castello Maniace; inizialmente era un forte costruito dal futuro imperatore e generale bizantino, Giorgio Maniace, poi divenne un castello per volere dell'imperatore svevo-normanno, detto anche "lo stupor mundi", Federico II, che diede all'edificio il nome di "Maniace", in memoria dello storico generale conquistatore di Siracusa in tempo arabo.
La dominazione spagnola rappresentò per Ortigia un momento decisivo e in un certo senso epocale, perché il suo aspetto urbanistico, e quindi anche la sua immagine culturale, cambiò radicalmente volvendo nella maniera che ancor oggi, in epoca contemporanea, essa mostra. Furono infatti gli architetti voluti dai governatori di Castiglia e Aragona a imprimere all'isola la facciata in stile barocco, con palazzi alla catalana e fantasie mescolate tra l'arte siciliana e l'arte spagnola, che in tempi moderni sono stati la lode e il vanto dell'isola, dandole il titolo di "centro del barocco siciliano", paragonabile al barocco della più rinomata, in argomento, Noto.
Un cambio architettonico con tocco spagnolo che in Ortigia, più che altrove, restò quasi intatto, rendendo bene l'idea della situazione socio-politica di quegli anni. Ortigia infatti, rappresentando in quel periodo l'unico centro abitato di Siracusa, era il fulcro degli scambi commerciali con gli spagnoli; nelle sue vie, e quindi nei suoi palazzi, si scrisse la storia di quell'epoca complessa.
Ortigia fu anche la sede della Camera Reginale; un organo governativo proveniente dalla Spagna ma instaurato sul territorio, che dava alla sua sede una sorta di titolo giuridico di "Stato dentro lo Stato", fu istituita da Federico III d'Aragona come dono alla sua consorte, Eleonora d'Angiò. Da allora la Camera passò di regina in regina tra le regnanti castigliane e aragonesi, venne infine abolita da Carlo V nel 1536.
La situazione però divenne critica quando la Spagna divenne un impero, e la Sicilia ne fece parte a pieno, divenendo, nei progetti degli imperatori spagnoli, l'avamposto da difendere nelle guerre contro i turchi, gli austriaci e gli altri nemici della corona. In particolare l'imperatore Carlo V, trasformò l'isola di Ortigia in una delle roccaforti più fortificate d'Europa; muri e ponti levatoi vennero costruiti. Nell'isola si vi poteva accedere da una sola grande porta, la Porta Ligny, di ricca lavorazione architettonica, tale porta venne buttata giù, come tutte le altre storiche fortificazioni di epoca spagnola, all'indomani dell'Unità d'Italia. Va inoltre ricordato che con l'editto del 1492, per ordine della corona spagnola, tutti gli ebrei vennero cacciati dall'Europa, ed anche la numerosa comunità ebraica siracusana subì questo decreto; essa infatti che nella sua maggior parte risiedeva nel quartiere ortigiano della Giudecca, dovette lasciarlo e quel quartiere, che era un punto vivace di commercio per Ortigia, ne risentì pesantemente.
Divenuta piazza d'armi, il nuovo ruolo militare datole dalla Spagna, danneggiò gravemente i rapporti sociali e culturali di Ortigia, poiché venne distaccata dal resto d'Italia, così come la stessa sorte toccò alla Sicilia, dato che il peso militare mal si adattava al prosperare sereno e illuministico di un popolo.
Il '600, '700 e '800 furono epoche molto difficili per l'isola di Ortigia, la quale sosteneva il titolo dell'intera "Città di Siracusa" all'interno delle sue mura. Divenuta una fortezza militare subì gli attacchi degli austriaci, la difesa delle coste dai turchi, i vari passaggi di potere fino a giungere al trattato di Utrecht con il quale la Spagna dichiarava davanti all'Europa di rinunciare alla Sicilia, che passava così nelle mani dell'Austria con la casa regnante degli Asburgo. In seguito arrivarono i Savoia dal Piemonte ma la loro monarchia in Sicilia durò pochissimo dato che né la Spagna, né l'Austria avevano intenzione di rinunciare all'isola più grande del Mediterraneo.
Dopo varie contese Siracusa, dunque Ortigia, insieme alla Sicilia tornò ai Borbone e venne unificata al Regno di Napoli. Altre rivolte contro le monarchie si accesero in più parti d'Europa; Ortigia vi partecipò. Altri anni passarono e con l'avvento della missione di Garibaldi e dei garibaldini (tra i quali anche molti siracusani) si diede l'avvio all'Unità d'Italia che sarà ottenuta nel 1861. I Savoia stavolta scenderanno in Sicilia da monarchi dell'isola divenuta italiana.
Da sottolineare nella storia d'Ortigia anche il terremoto del Val di Noto del 1693, il quale fece gravissimi danni e provocò migliaia di morti in gran parte della Sicilia. Ortigia pur avendone subito la potenza distruttiva non venne totalmente rasa al suolo, come invece accadde per altri centri come Avola o Noto, interamente ricostruiti. Ad Ortigia molti palazzi resistettero e la ricostruzione avvenne nell'attuale stile barocco che oggi si vede.
Dopo il progressivo abbandono del centro storico avvenuto tra gli anni settanta e ottanta del Novecento e il conseguente aumento di criminalità e degrado, l'isola è stata oggetto di una serie di progetti di riqualificazione urbana tra cui quello Urban che ha previsto l'apertura di numerose strutture ricettive nonché l'apertura del Museo del mare gestito dal consorzio Syrakosia ricavato all'interno della ex Chiesa dell'Aracoeli, in via Gaetano Zummo e di altri musei importanti siti nell'isola.
È stato inoltre costruito il "terzo" ponte di accesso all'isola, opera fondamentale soprattutto per ragioni di viabilità e sicurezza.
È da menzionare anche l'organizzazione di una parte del G8 dell'Italia, ovvero quello riguardante l'ambiente e intitolato G8 Ambiente, che nel 2009 si è svolto all'interno del Castello Maniace. Per l'importante occasione, poiché l'isola avrebbe ospitato un grande numero di figure rilevanti, tra le quali anche i ministri ambientali e i rappresentanti delle organizzazioni internazionali per l'ambiente, Ortigia ottenne dalla città dei fondi per la ristrutturazione, lavoro che le fece bene perché le diede un aspetto moderno restaurato e al tempo stesso rispettoso del suo originale disegno architettonico. Inoltre l'isola fu al centro di programmi ristorativi e ricreativi oltre che culturali, ponendo in luce il suo carattere attrattivo.
Ortigia ha un legame con l'isola greca del mare Egeo, Delos (Delo in lingua italiana). Entrambe le isole nell'antichità si chiamavano Ortigia.
L'Ortigia greca mutò il suo nome in "Delos", parola che deriva dal termine greco "deloo" cioè "colei che mostra" "isola luminosa", poiché su quell'isola la leggenda racconta che nacque il dio del sole, Apollo e la dea della caccia, Artemide (identificabile con la dea Diana). Secondo la mitologia greca, Latona, per sfuggire all'ira di Era, la moglie tradita di Zeus, cercò un rifugio dove partorire i figli avuti dal sovrano degli dei e lo individuò su un'isoletta che vagava tra le onde del mare Egeo, Ortigia appunto. Qui diede alla luce i gemelli Apollo e Artemide e per ringraziare l'isola brulla di averla accolta, le diede il dono della prosperità, trasformando il terreno arido di quell'isola in una terra piena di luce, fissandola con dei pilastri nel fondo marino e fermando così il suo vagabondare per il Mediterraneo. In cambio volle da essa il permesso di edificare lì il santuario del dio Apollo; per questo motivo nel corso dei secoli, quell'isola rimase sacra ai greci e a chi predicava il culto del dio del sole. Pindaro e altri poeti hanno successivamente narrato di questo legame tra le due Ortigia, mettendo in risalto i punti che esse avevano in comune; Pindaro la definisce "degna sorella di Delos" e dedica all'Ortigia siciliana dei versi; Antonio Mezzanotte, professore di lettere greche, li traduce nel libro "Le odi di Pindaro", scrivendo al riguardo nel terzo tomo:
«... è sorella di Delo, perché Delo una delle Cicladi, dove nacque Diana, chiamavasi ancora Ortigia, essendo come l'Ortigia di Sicilia abbondante di quaglie dette Ortighes dai Greci; per questa denominazione le due Isole sono sorelle.»
L'Ortigia siciliana aveva come sua dea protettrice Artemide, detta anche Diana. Questo perché fu ella a trasformare la ninfa Aretusa (simbolo dell'intera città e amata dal dio Alfeo, figlio del dio Oceano, al quale voleva sfuggire) nella rinomata fonte che ancor oggi scorre dentro le rocce di Ortigia fino in prossimità del mare. Ed inoltre ad Ortigia, sorge il Tempio di Apollo dorico più antico della Sicilia, a testimonianza che qui il culto del dio sole era presente e importante. Queste similitudini dunque spinsero i poeti a comporre versi sulle due isole che inizialmente portavano lo stesso nome. Ma non si sa però quale delle due abbia per prima preso il nome di "Ortigia" dato che il culto di Apollo a Delos è presente nel VI secolo a.C. e la fondazione di Siracusa si fa risalire già un secolo prima, nel VII secolo a.C., e non è stato precisato quando e come l'isola di Ortigia prese il nome che ancor oggi porta. Vi è dunque un certo mistero che rende ancor più affascinante le origini dell'isolotto siciliano che dimostra di avere radici che si perdono nel tempo e si fondono con quelle della mitologia greca.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Isola_di_Ortigia