Venne eretta in sobrio stile gotico lentamente a metà del XIII secolo in luogo di una preesistente cappella dedicata al Salvatore, attorno alla quale venne edificato il primo convento domenicano.
Nel 1248 la cappella ed altri locali adiacenti appartenenti ai monaci di San Pietro di Ferentillo, furono concessi ad un gruppo di frati domenicani che da tempo chiedevano di stabilirsi a Spoleto. Il loro insediamento venne accordato dal cardinal Raniero Capocci su pressione degli spoletini e di illustri domenicani, quali il beato Giacomo Bianconi da Bevagna e il frate Pietro da Verona.
Grazie alle donazioni dei cittadini, nel 1248 iniziò la costruzione della nuova chiesa di San Salvatore; i lavori si protrassero fino al 1259, anno a cui risalgono alcune indulgenze concesse da papa Alessandro IV in occasione delle feste di San Domenico, di San Pietro martire e nel giorno della dedicazione. Tra il 1285 e il 1290 la diocesi venne governata dal primo arcivescovo domenicano, Paperone de' Paperoni.
Verso la metà del seicento la chiesa subì importanti trasformazioni in stile barocco: gli affreschi furono coperti da un intonaco che ripeteva le fasce bianche e rosa evidenti all'esterno; venne realizzato un soffitto ligneo molto ornato e furono eretti quattro monumentali altari in stucco addossati alle pareti.
L'edificio rimase tale nei secoli a venire, fino a quando nel 1916 ai domenicani subentrarono i Frati Minori che promossero lavori di ripristino, sul modello di quelli realizzati ad Assisi nel 1926. Nel 1934 il dignitoso ambiente barocco venne modificato dall'intervento lungo e dispendioso dell'architetto Ugo Tarchi che iniziò a ripristinare le antiche caratteristiche gotiche; furono riaperte le monofore e la trifora absidale, le vetrate furono realizzate su disegno di Giacomo Panetti. Vennero rimossi anche l'organo e la cantoria. Il ripristino proseguì nel decennio postbellico: fu demolito il soffitto seicentesco e restaurato quello a capriate; furono rimossi gli altari barocchi, riaperte le antiche finestre gotiche e quella circolare sulla facciata.
All'inizio del secolo scorso vennero piantati nove tigli davanti all'ingresso laterale, tuttora presenti.
L'edificio rimase inalterato per molti anni fino al terremoto umbro-marchigiano del 1997 che danneggiò fortemente il complesso conventuale, tanto da rendere necessari lavori di consolidamento generale e il rifacimento delle coperture fra il 2000 e il 2002.
Nel corso dei lavori di restauro, eseguiti anche in anni recenti (fino al 2005), sono riemersi interessanti affreschi in gran parte del XIV e XV secolo appartenenti ad una importante corrente pittorica dell'Umbria meridionale.
Nel 2006 la ristrutturazione ha interessato anche le luci interne della chiesa: è stato realizzato un progetto illuminotecnico, volto a valorizzare le opere d'arte e a favorire il comfort visivo.
La chiesa ha svolto funzioni parrocchiali dal 1920 al 2003.
Nel 1288 l'edificio conventuale venne ulteriormente completato e acquistò notevole importanza, tanto che nel 1291 vi fu celebrato un Capitolo provinciale. Al suo interno vennero istituiti uno studium in partibus e alcuni anni più tardi uno studium philosophiae.
Fra il 1319 e il 1322 i domenicani di Spoleto, insieme ad altri cittadini umbri, si opposero al governo papale.
Nel febbraio del 1798 i religiosi furono ristretti in una piccola area del convento, il resto venne destinato all'accoglienza delle truppe francesi che avevano costretto l'esercito pontificio alla ritirata; stessa ospitalità fu richiesta alla Rocca e ai conventi di San Simone e San Luca.
Divenne quindi sede dell'Istituto di studi del compartimento del Clitunno, di cui Spoleto era capitale, e comprendeva parte delle facoltà universitarie mediche, legali e teologiche. Durò poco tempo; pur continuando ad essere chiamata "università", in seguito propose prevalentemente studi elementari e tecnici.
Diventato di proprietà comunale nel 1862 l'edificio divenne sede del tribunale cittadino, mentre altri locali furono adibiti ad alloggi militari. Dal 1870 in poi ospitò vari istituti scolastici fra cui il Regio Istituto Tecnico; l'ex oratorio della confraternita di San Pietro Martire, usato a lungo come aula scolastica, conserva un grande affresco del XVI secolo attribuito a Lo Spagna rappresentante la Crocefissione con quattro angeli, San Domenico, la Vergine, la Maddalena e i santi Pietro Martire, Giovanni e Vincenzo Ferrer. Nei sotterranei del convento il Sant'Uffizio installò le sue carceri; nelle celle prive di finestre, oggi utilizzate per mostre e installazioni, sono ancora visibili alcuni graffiti, tracce del passaggio dei prigionieri. Dal 1909 e fino al 1925 fu sede del Circolo della gioventù cattolica.
La porzione di fabbricato rimasta ai domenicani fu da loro abbandonata nel 1915; l'anno seguente vi giunsero i frati minori della Provincia Serafica di Santa Chiara che ebbero, tra l'altro, la cura spirituale del Monastero delle Clarisse di Sant'Omobono del Palazzo. I frati restarono fino al 2004, dopo di che il convento venne chiuso. Dal 1997 è sede dell'Istituto Statale d’Arte “Leoncillo Leonardi”.
Sul muro del convento si può vedere il Monumento agli studenti spoletini caduti nella prima guerra mondiale, realizzato nel 1919 dallo scultore Siro Storelli (1890-1966).
Secondo una tradizione locale, uno dei chiodi che trafissero Gesù Cristo sulla croce è conservato sull'altare della Cappella Benedetti di Montevecchio, sulla sinistra dell'altare maggiore. La devozione risale al XV secolo quando Sant'Elena, tornando dalla Terra Santa dove era andata in cerca di reliquie della Passione, gettò nel mare Adriatico un chiodo della Croce per sedare le acque in tempesta. Sarebbe poi stato ritrovato sulla spiaggia e portato a Spoleto da un santo eremita di Monteluco nel 1464. Dopo la sua morte il chiodo finì per incuria tra i ferri vecchi di un fabbro, che presto si accorse di vari segni prodigiosi da esso manifestati; convinto della sua sacralità, lo regalò ai domenicani residenti davanti alla sua fucina. Più tardi, nel 1591, il chiodo manifestò capacità risanatrici, nel liberare da sofferenze fisiche il papa Gregorio XIV, ospite del convento. Divenne così oggetto di grande venerazione. Questa leggenda è riportata in uno scritto del 1644 di Pietro Martire Frosciante, un domenicano di Spoleto, e conservato nella Biblioteca vaticana. Lungo 23 cm., a sezione quadrangolare, con la punta arrotondata, è rimasto nei secoli oggetto di grande devozione a Spoleto, viene esposto il venerdì santo e il 3 maggio in un tabernacolo d'argento e cristallo del 1728.
L'esterno si presenta a fasce sovrapposte di conci bianchi e rosa, effetto simile a quello evidente in altre chiese umbre come la chiesa di Santa Chiara in Assisi e quella di Santa Prassede a Todi.
La semplice facciata a due spioventi appare incompiuta, mancano infatti quei consueti ornamenti del rosone e del portale. Sul fianco destro dell'edificio si apre un secondo portale molto più elegante e rifinito, "somigliante a quello della chiesa di San Nicolò, ma di meno squisito lavoro". È caratterizzato da motivi tipicamente gotici, a sei rincassi a fasci di colonnine sovrastate da piccoli capitelli; nella lunetta, affrescata dal perugino Perino Cesarei, si scorge l'immagine del Cristo benedicente, un affresco firmato e datato 1591, piuttosto malandato; l'ultimo restauro risale al 1966. Presso il transetto sporgente si alza la massiccia torre campanaria coronata da una loggia cinquecentesca.
L'interno segue lo schema di molte altre chiese domenicane e francescane: una lunga unica navata incrociata da un ampio transetto e conclusa da una tribuna fiancheggiata da cappelle. Le pareti sono decorate con numerosi affreschi di carattere religioso, molti dei quali di autori incerti, databili fra il XIII e il XVI secolo.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Domenico